recensioni dischi
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RED HOT CHILI PEPPERS  "Freaky styley"
   (1985 )

Con il ritorno di Hillel Slovak nei ranghi dei Red Hot Chili Peppers, la musica del gruppo ritrova tutte le sue connotazioni. Il funk si espande a dismisura, grazie anche alla produzione di George Clinton, scompaiono tutte le forzature del disco d’esordio, in favore di un funk rock leggero, demenziale e spudorato, vero marchio di fabbrica della band e nicchia crossover rimasta quasi totalmente nell’ombra. “Freaky Styley” non è un disco in cui cercare soli di chitarra o melodie agrodolci, bensì un’ininterrotta trance ritmica, in cui il basso è protagonista, i fiati abbondano e la filosofia freak di due decenni prima aleggia pesantemente su tutte le tracce. L’incipit è strepitoso: “Jungle Man” è un baccanale animalesco, ritmi tribali ed atmosfera sulfurea. Una della canzoni meno definibili di tutta la carriera del gruppo, primitiva e fulminante come poche altre. Quasi totalmente diversa è invece “Hollywood (Africa)”; un funk algido, un ritmo instancabile ed un rap ammiccante vanno a confluire in una brano dalle vedute molto aperte, ibrido e sublimale. Con “American Ghost Dance”, Kiedis raggiunge forse il suo apice, capace com’è di costruire le trame del brano con il suo funk sensuale, unito ad un’innata dose di ironia nei timbri vocali. La sezione ritmica è tra le più pungenti e ben amalgamate di sempre. Il basso granitico di Flea e la chitarra singhiozzante di Slovak lavorano in antitesi supportati da ritmi ben scanditi. “If You Want Me to Stay” accentua la molteplicità vocale di Kiedis, i fiati si uniscono alla ritmica blanda ed ai coretti soul. “Never Mind”, “Battleship” e “Sex Rap” sono i momenti più punk-funk, con una dose di sincerità enormemente maggiore rispetto al lavoro precedente. “Brothers Cup”, col suo tema immediato ed il funk schizoide, e “Catholic School Girls Rule”, così incredibilmente sincera, immediata ed adolescenziale, sono tra i momenti più autentici e divertenti della storia dei Red Hot Chili Peppers. Tuttavia, ciò che trasforma il disco da buono a ottimo sono “Freaky Styley” e soprattutto “Yertle The Turtle”, che suonano come lo zenit del funk rock puro. Quest’ultima è un trip acido che si sviluppa tra motivetti demenziali, fiati, sezione ritmica protagonista e la solita dose di divertimento. La title track invece pare istituzionalizzare il genere, la prova del nove per Flea, impegnato in una delle linee di basso più coinvolgenti della sua carriera. Nel suo mutare, il brano assume le caratteristiche di un vero e proprio inno all’immaturità, all’adolescenza, alla sensualità più pura. La struttura è molto originale, con il basso in primo piano e le voci in lontananza. Nella sua totalità “Freaky Styley” è il manifesto puro del primo funk rock del gruppo. Uno dei dischi più unici del panorama del Crossover e non solo. È un lavoro che si allontana dal semplice rock per dar vita ad una musica totalmente inedita, estranea ad ogni sorta di definizione. Qui troviamo funk, punk, rap, pochissimo rock e tantissimo ritmo. Ogni brano è impeccabile, divertente e ben amalgamato. Può sembrare poco immediato, ma è solo una questione di tempo. Il primo vero capolavoro dei Red Hot Chili Peppers. (Fabio Busi)