recensioni dischi
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KRAFTWERK  "Electric cafe"
   (1986 )

Il giochino stava cominciando a stancare, e soprattutto Karl e Wolfgang cominciavano ad averne i sintetizzatori pieni. Perché gli altri si erano dedicati più al ciclismo che non alla musica (con anche incidenti, vedi quello capitato a Ralf), perché anni a star fermi ci si annoia, perché nei famosi Kling Klang Studios si racconta non ci fosse nemmeno il telefono, e l’irreperibilità dei soggetti fece perder loro occasioni per collaborazioni multimiliardarie. Ma, oltre a questo, c’era anche un mondo che stava cambiando, e il boom dell’elettronica aveva reso i Kraftwerk un gruppo quasi demodè, nel panorama mondiale. Per cui, quando finalmente uscì “Electric cafe”, certe tracce sembravano quasi anonime: oddio, è vero che “Musique non stop” riportava il tutto ad una robotica non commerciale che poteva piacere al pubblico storico, ma il resto stonava. “The telephone call”, contentino dato a Karl Bartos che per la prima volta ebbe possibilità di dare la voce ad una canzone, poteva essere senza problemi uno scarto dei New Order, come anche “Sex Object”: roba minore, che dimostrava una certa stanca globale. E forse anche un po’ di fronda interna, dato che Karl e Wolfgang quasi remarono contro la scalata del disco in classifica, per poter evitare la promozione e lasciare i fratellini elettronici. Non ci si fece tanto caso, ma prima di un altro inedito a nome Kraftwerk si sarebbero dovuti aspettare quasi 20 anni. Senza nemmeno una parvenza di scioglimento del gruppo. (Enrico Faggiano)