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TENEDLE  "Demetra"
   (2023 )

Uao, fermi. Qui si vola alto sul serio. Uscito per Sussurround, “Demetra” di Tenedle è un album che crea una precisa atmosfera sonora, e dà un preciso mood, davvero degno di nota. Andiamo con ordine, partiamo dalla musica in sé.

Le programmazioni elettroniche presentano suoni che riecheggiano un po' il Battiato degli anni 1988-1995, un po' Era, il progetto ambient – new age di Eric Lévi, soprattutto ascolando il brano strumentale d'apertura “Eden”. Questa consistenza sintetica incontra in più momenti la tromba flugelhorn di Bert Lochs; e le melodie cantate, Tenedle se le gode senza fretta alcuna. Spesso, la sua voce da sophisti-pop è accompagnata dalle voci femminili di Maartje Teussink, Gina Graham e Sirena Riley, a volte sostituita da loro.

Poi i testi. Scritto in inglese (Tenedle è fiorentino ma vive in Olanda), le parole sono introspettive, profonde. Nel comunicato stampa, l'artista ci ha voluto rivelare che, durante la creazione dell'album, che già aveva una direzione spirituale, ha subito un momento tragico che ha inevitabilmente influenzato la scrittura, ma preferisco non diffonderlo, per rispetto suo, e per non condizionarvi sul giudizio. Anche perché, onestamente, prima ho ascoltato il disco, e solo dopo ho letto le informazioni. Quindi, quel che sto scrivendo qui, ha valenza anche senza sapere la vicenda personale di Tenedle.

Dopo l'introduttivo “Eden”, abbiamo un brano di ben 9 minuti dedicato a “Mother Earth”. “The beast” invece riflette sul proprio ruolo nel mondo, in quanto essere umano, e l'esito della riflessione è onesto ma non edificante: “Can't create, destruction is my only skill. Restless, yes that's how I feel (…) Useless, yes that's how I feel”. Ci si sente irrequieti ed inutili, a questo livello di meditazione.

Il brano “The gift”, sorretto da un basso dritto e cantato un po' à la Bowie (se ascoltate il pezzo credo si capisca cosa intendo), ha vibrazioni più positive, e apre uno spiraglio di speranza. “My soul is a gift (…) my body is a mess”. L'anima è un dono, dentro questo corpo scassato e pieno di magagne. Il disco procede in questa direzione synth pop, senza mai suonare nettamente “anni '80”, tranne nel caso di “Same old song”, che parte con l'intenzione di “Chanson egocentrique”. Il ritornello ha una graziosa armonizzazione corale che si fa ricordare.

Da segnalare “Sister power”, dove un arpeggiatore cristallino accompagna il primo ingresso della tromba. In “Eagle”, la voce di Tenedle è perseguitata da una seconda voce pitchata, vagamente inquietante. La chitarra elettrica pulita e la tromba riscaldano “End of summer”, un toccante 6/8.

L'ispirazione iniziale viene dalla mitologia greca, in particolare da Demetra, citata nel titolo dell'LP; la cultura antica contiene in sé già ogni cosa che parla eternamente dell'umanità, per cui ogni volta che si va a riscoprirla, sembrano racconti scritti ieri. Ed ecco perché, anche nel caso di Tenedle, lo spunto è stato fruttuoso, e tende a posizionare anche il proprio album in questa zona senza tempo. (Gilberto Ongaro)