recensioni dischi
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ANA KRAVANJA & ELISABETH HARNIK  "Vrtinci minljivosti (Vortices of impermanence)"
   (2023 )

Ana Kravanja e Elisabeth Harnik giocano insieme a scoprire quanti più possibili suoni si possono ottenere dai propri strumenti: la prima violinista e violista, che usa anche voce, percussioni e oggetti, la seconda il pianoforte, altri oggetti e... sassi? (C'è scritto “Ringing stones” nei credits).

Kravanja è slovena, Harnik austriaca, e hanno registrato in Slovenia l'album “Vrtinci minljivosti (Vortices of impermanence)”, dove gli strumenti sono anche suonati, ma soprattutto strofinati, tirati, percossi in maniera non convenzionale. L'esito timbrico è variegatissimo, come nelle prime due tracce, “Zavito v skrivnost / Veiled in mistery” e “Okostja krhkosti / Skeletons of fragility”. Per ascoltare questo tipo di lavori, bisogna ricordarsi sempre della lezione di John Cage, e amare il suono. Non concentrarsi sulla nota, o sul ritmo. Focalizzare il colore del suono, la sua malleabilità, la sua consistenza acustica.

Così, possiamo apprezzare i brani centrali (dal terzo al settimo), tutti concentrati sull'elemento rumoristico: ascoltiamo delle scatoline, del legno frenetico, in brani come “Prebivalci z druge strani / Dwellers of the other side”. Oppure un mare solido in “Nauportus”... ah, ecco cosa si intendeva con “ringing stones”: sono queste zaffate di pietruscole, come quelle nel bastone della pioggia, ma molto più forti.

Dopodiché, le ultime due tracce tornano a riproporre pianoforte ed archi in maniera principale. Efficace “Lêti! / Fly!”, dove la pianista suona delle scatenate formule ritmiche seguendo l'istinto, mentre Kravanja percuote un corpo elastico che ricorda percussioni congolesi, come quelle dei Konono No 1. Ed infine “Semena renisce / Seeds of truth” vede Ana insistere con forza su dei trilli, mentre Elisabeth resta al pianoforte. Entrambe iniziano e finiscono il disco ai loro strumenti, mentre sfogano al centro la creatività elettroacustica.

Musica per orecchie aperte! (Gilberto Ongaro)