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05/06/2025   DIRLINGER
  ''Il lavoro del cantautore, che si fa piccolo per scavare dentro le grandi piccole storie quotidiane...''

Ho come la sensazione, forse esagerata e fuori luogo, che lo spettro di Neil Young imperi sovrano su tutto questo lavoro, che non poteva avere un titolo diverso probabilmente: “cOntastorie”. Andrea Sandroni, in arte Dirlinger ci regala un disco d’esordio dal piglio decisamente anacronistico, nei suoni spesso acidi ma anche nella liquida soluzione dei contorni lasciati roots e “grezzi” al primo impatto… un disco in italiano con ampie ispirazioni che di sicuro significano anche ascolti di qualità e un background decisamente poco affine al santo pop di questa bella Italia. Si guardi anche il video ufficiale del singolo “Mafalda”…

Il pop dai sapori roots americani. Da dove nasce Dirlinger? ''Nasce dall’amore per il lirismo cantautorale italiano e le sonorità indie-folk e americana. È un difficile equilibrio perché i due mondi possono sembrare a un primo sguardo inconciliabili ma non è proprio così''.

E poi questo moniker… che radice ha? ''I Dirlinger sono degli gnomi del folklore del lago di Carezza, vicino a Bolzano. Sono zone che amo e in cui mi sento bene. Quando ho letto la storia di questi gnomi picconatori delle montagne circostanti stavo pensando a un nome d’arte dietro il quale nascondermi e mi è sembrato una bella metafora per descrivere il lavoro del cantautore: qualcuno che si fa piccolo per scavare dentro le grandi piccole storie quotidiane''.

Perché tanto passato dentro le pieghe di questo esordio? ''La nostalgia è un qualcosa che ho dentro, è una sorta di predisposizione: la musica con cui ho scelto di crescere (specialmente il cantautorato italiano della vecchia scuola) ha aiutato nel rivestire le prime cose di questo manto vintage che si è riversato nelle produzioni dell’album''.

Anche nel video che troviamo in rete: un giradischi e televisori di qualche generazione fa. Il futuro per te che peso e che forma ha? ''Credo che il futuro abbia la forma di qualcosa del passato a cui stiamo mettendo mano. Prende peso nel momento in cui ci rendiamo conto che lo stiamo formando ora sulla base di ciò da cui proveniamo, ovvero il passato. Non rendersi conto di questo pone il futuro nell’ignoto, perché non lavoriamo per “domarlo”. Ma poi ci presenterà il conto''.

Mi colpisce l’ultimo brano. Mi colpisce il mix e i suoni di batteria. Qui sembra venir fuori De Gregori ma anche Neil Young. In generale che tipo di produzione hai ricercato? ''Per tutto l’album ho avuto in mente che volevo fare un album registrando come se ci fosse una band a suonare. Le ispirazioni erano tra i cantautori degli anni Settanta. Mentre registravo però mi sono aperto a forme cantautorali che sulla linea temporale stanno a metà strada tra la vecchia scuola e quella dell’età dell’oro dell’indie, che è stata l’altra mia grande balia. Ad esempio, le sequenze ritmiche elettroniche sulla batteria durante l’assolo di “Oggi come ieri” le ho fatte perché in quel periodo mi stavo tuffando nel mondo di Riccardo Sinigallia, e quello che succede all’inizio del suo brano “Cadere” (dove la drum machine è sincronizzata col suo cantato) mi affascinava molto. Così, l’ho cercata di riprendere a modo mio, in quel contesto permeato di folk, vintage e nostalgia''.