PUCE MOMENT  "Sans soleil"
   (2025 )

Cercando informazioni sui Puce Moment, scopro che questo nome è anche il titolo di un cortometraggio (6 minuti) di Kenneth Anger, del 1949. Mostra una donna giocare coi propri abiti, poi con una boccetta di profumo; si addormenta su un divano che si muove da solo e infine guida quattro cani giù per delle scale. Il corto è pieno di simbolismi.

Carica di simbolismo è anche la scelta musicale del duo Puce Moment. L'ambient etereo che creano prende spunto dal gagaku, antichissima forma musicale cinese risalente addirittura al quinto secolo d.C., ed era la musica suonata presso la corte imperiale (e tuttora si esegue).

Quello che il duo propone è un'esperienza immersiva, apprezzabile soprattutto in cuffia, ma anche con un buon impianto, l'importante è lasciarsi portare via dai suoni statici, centrali in tracce come “Kangen”: un flusso grave che dà l'illusione quasi di essere consistente, solido (vale anche per il brano di chiusura, “Taiko”).

I bordoni di fondo, così immutabili nello scorrere del brano, sono intervallati da rumori elettronici bianchi e percussioni: è una lotta tra caos e ordine, che prevale sempre e comunque, anche quando i disturbi diventano distorsioni elettriche come quelle di “Shô”, il quarto pezzo.

Anzi, distorsioni come quella aiutano a rafforzare la crescente sonorità che porta alla catarsi, a un'estasi. I fiati in “Bugaku” contribuiscono a raggiungere un sound che ricorda i Dead Can Dance nel disco “The Serpent's Egg”, senza la voce.

I battiti elettronici scandiscono con più decisione i dieci minuti di “Batu”. La sensazione generale è quella di ascoltare la musica di un rituale. Infatti, con i Puce Moment l'attività musicale va abbinata alla performance visiva, fatta di movimenti coreografici e di una particolare disposizione degli oggetti in scena, come i tre amplificatori centrali messi a mo' di totem, a volte coperti da lenzuola, e i sintetizzatori poggiati a terra, come se il generare gli impulsi sonori fosse un omaggio all'amplificatore stesso.

È chiaro che qui, occupandoci del solo aspetto musicale, non siamo a conoscenza di cosa venga fatto corrispondere visivamente a questi brani. Ma io ho ovviato facendo scorrere il cortometraggio “Puce Moment” con il muto, ascoltatndo “Hashiri Mai”, e vi consiglio di farlo.

“Sans Soleil”, uscito per Parenthèses Records, è un'esperienza affascinante, da provare senza remore, lasciandosi anche spaventare. (Gilberto Ongaro)