BERTRAND GAUGUET & JEAN-LUC PETIT "Radiesthésie"
(2025 )
Bertrand Gauguet ai sassofoni baritono e contralto, e Jean-Luc Petit al clarinetto contrabbasso e al sassofono sopranino, realizzano una sessione di improvvisazione radicale, non gerarchica, che si ascolta nei cinque brani che compongono “Radiesthésie”, uscito per Unrec.
Sono dei dialoghi aperti, in cui i musicisti suonano due dei loro quattro strumenti, di brano in brano cambiati per sentire che suono ottengono. L'approccio è del tutto sperimentale e l'attenzione tutta rivolta al timbro. Non c'è costruzione melodica né armonica.
“Le Pendule de Thot” dura 13 minuti, “L'effet ideomoteur” 6, “L'Antenne de Lecher” 15, “L'effet Barnum” 10 e “Sonusmancie” 14. Ma all'interno delle tracce lunghe, spesso ci sono anche diversi momenti di fasi suonate pianissimo, se non di totale silenzio.
Siamo oltre la costruzione musicale: è pura comunicazione sonora, come se i due strumentisti si fossero trasformati in balene, per lanciarsi dei segnali lunghi e continui tra di loro; e come in ogni conversazione (sana!), ogni tanto c'è bisogno anche di una pausa per ripensare a ciò che si è detto, e cosa dire dopo (questo sarebbe da spiegare a certe persone petulanti, che viene da chiederti: “Ma come si spegne...”).
Gauguet e Petit sfruttano tutte le potenzialità dei loro strumenti, spesso e volentieri anche i rumori, i soffi, i “ringhi” che si possono ottenere con movimenti non convenzionali delle labbra, eccetera. Tutto converge a creare un'atmosfera di reciproco ascolto, e noi siamo semplicemente i testimoni dei risultati di questo esercizio di improvvisazione “linguistica”, per quanto non tutti i musicologi concordino sul fatto che la musica sia un “linguaggio”, sebbene ne condivida diversi aspetti.
Traducendo il titolo dell'album, la radioestesia è la pseudoscienza dei rabdomanti, quelli che con un ramo a Y dicono di essere in grado di trovare l'acqua o altri oggetti nascosti. Sarà certamente pseudoscienza e ci sarà una spiegazione, ma una volta un'amica naturopata mi ha puntato un bastone che oscillava per controllare se “i miei liquidi” fossero in ordine, e a quanto pare lo erano; poi l'ha puntato sulla mia compagna e il bastone si è bloccato all'altezza del collo. Allora lei gli dice: “Tu hai mal di gola, vero?”. Ed era vero, non glielo avevamo detto prima... Ancora ci chiediamo come abbia fatto.
La scelta di usare “Radiesthésie” come titolo dell'album dev'essere ironica; infatti, il quarto titolo “Effet Barnum” indica l'effetto Barnum (o Forer), quello per cui un individuo, ascoltando una descrizione vaga e generica ma che pensa sia a lui riferita, ci si identifica ritenendola precisa e accurata. Il riferimento è a chi segue l'oroscopo. Io ad esempio sono del leone, quindi per forza sono coraggioso e indomabile. Azzeccato proprio oh...
Anyway, questi titoli, accostati agli esperimenti sonori, sembrano indicare il loro significato. Ad esempio, appunto in “Effet Barnum”, ad un certo punto i due musicisti emettono degli acuti distorti che sembrano due segnali nell'etere, come fossero il sonoro di una comunicazione telecinetica. Tutti i titoli fanno riferimento a questo campo: l'effetto ideomotorio è il risultato di un'azione autogenerata inconsapevolmente, il pendolo di Thot è usato in rabdomanzia e l'antenna di Lecher serve a misurare i campi energetici (e costa 350€ se volete armonizzare le vostre zone di blocco. Cosa siano non lo so).
Dall'ironia comunque Gauguet e Petit ottengono un esperimento sonoro avanguardista, che per un'ora crea la sensazione che sia tutto vero. Gli strumenti sono tramutati in emettitori e ricevitori di segnali, per dirla con i Kraftwerk: “I'm the Antenna, catching vibration, you're the transmitter, give information”. (Gilberto Ongaro)