HERZOG / MUCHE / NILLESEN  "Anasýnthesi"
   (2025 )

Un trombone, un contrabbasso e un rullante. Cosa sarà, jazz? No. È una “ricomposizione” che parte da elementi base, come numeri primi, come materiale grezzo da lavorare. E quello che ascoltiamo è il cantiere, la lavorazione in corso.

Al trombone c'è Matthias Muche, al contrabbasso Constantin Herzog e al rullante Etienne Nillesen. Tutti e tre suonano il proprio strumento in maniera non convenzionale.

Il trombonista è quello più spesso riconoscibile, ma oltre a eseguire note lunghe distinguibili, dilata il suono, lavora sul timbro per modificarlo gradualmente. Il contrabbassista usa l'archetto, indugiando sulle note più acute, e trascendendole. Niente walking bass, solo un continuum di corda strofinata.

E il rullante? Questo è il più curioso. Nei trentatré minuti che costituiscono l'unica traccia di “Anasýnthesi”, uscito per Thanatosis, non sentirete mai un battito, una rullata o un colpo secco. Nillesen esplora le possibilità date dalla risonanza dello strumento, ottenendo anche delle impreviste note intonate e dei sibili prolungati.

I suoi esperimenti sono ben descritti nella recensione del suo album solista “En” uscito nel 2024, redatta dal collega Samuele Conficoni (https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=11187). Con Herzog e Muche, il trio genera un flusso sonoro uniforme, che cambia di minuto in minuto senza arrestarsi mai. E prestarci attenzione dà l'idea che il tempo rallenti, si fermi.

Il titolo dato all'album, o meglio, al processo in corso, proviene dal greco e significa appunto “ricomposizione”, cioè la fase successiva a una distruzione. I suoni, come detriti nella lava, colano generando un fiume di magma arancione, caldo e vibrante ma senza una forma distinta, che fluisce non si sa dove, in attesa di generare nuove forme solide. (Gilberto Ongaro)