recensioni dischi
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AEROSTATION  "Rethink"
   (2025 )

Tastiere, basso e batteria, per un power trio hard-progressive. Gli Aerostation sono tecnicamente un supergruppo, cioè un gruppo i cui componenti fanno già parte di altri celebri gruppi, e si uniscono per un progetto parallelo.

Il tastierista e cantante è Alex Carpani, compositore che ha militato nel duo Gemini, collaborato con nientemeno che Aldo Tagliapietra e ha anche una carriera solista. Il bassista è Jacopo Rossi, attivo negli Antropophagus, nei Dark Lunacy e altri ancora, quindi soprattutto nel metal. Infine il batterista Gigi Cavalli Cocchi ha suonato a fianco di Ligabue nella fase iniziale della sua carriera, ha suonato con i CSI e nel 2001 è cofondatore dei Mangala Vallis.

Fondati nel 2018, gli Aerostation sono tornati col nuovo disco, “Rethink”, che contiene undici canzoni dove il sound della tastiera e del basso riescono spesso a simulare la chitarra elettrica, che in realtà non c'è. La potenza accompagna melodie cantate spesso su note lunghe che lasciano apprezzare le armonizzazioni, come avviene in “Soulshine”.

Ci sono dei riff “killer” come quello accennato dall'introduzione di “Dive” e che poi esplode in “A distant cry”, una sequenza di note minacciose che si fa ricordare. Come i progger richiedono, c'è molta fantasia nella parte aspetto armonico, optando per progressioni armoniche e sonorità che spesso si usano nello space rock, nelle atmosfere galattiche. Infatti, per certi aspetti il sound ricorda quello di Mått Mūn.

Jacopo Rossi si fa notare più volte nella sua perizia al basso. Forse quello che manca, in questa scaletta di canzoni, è un calo della dinamica. Tutto è forte, tutto è sparato anche quando la composizione non è vicina all'apice, al momento “catartico” diciamo, e questo un po' appiattisce l'esito. Ma potrebbe essere una questione di produzione.

Fa eccezione “Messiah”, la canzone che chiude l'album, che inizia con una lunga ambientazione basata su un solo suono nel silenzio. Qui la dinamica c'è: c'è il piano, il medio, il forte e il fortissimo, infatti risulta il brano migliore dell'album, accanto al riff killer di “A distant cry”.

“Rethink” resta comunque un lavoro più che apprezzabile, vista la mole di prodotti piatti nel mainstream in tutti gli aspetti (composizione, testi, interpretazione, arrangiamenti...). L'album degli Aerostation ci fa porre quesiti importanti e nel farlo ci intrattiene con melodie non scontate, forza e virtuosismo mai fine a sé stesso. (Gilberto Ongaro)