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04/10/2022   CULTURE CLUB
  4 ottobre 1982, 40 anni fa l'album d'esordio della storica band

Quando uscì l'album, la gente si stava ancora chiedendo cosa cavolo stesse capitando. Perchè ok, il 4 ottobre del 1982 in Inghilterra non è che travestiti o simili fossero poi anomali: dai tempi di David Bowie ai primi episodi di New Romantic (Adam Ant, avete presente), rossetti e robe simili erano non all'ordine del giorno ma quasi. Ma solo 11 giorni prima, il 23 settembre, a "Top Of The Pops", la bibbia della musica britannica, un po' per caso un po' per fortuna erano apparsi quattro baldi giovanotti. O meglio, tre e mezzo. Si chiamavano Culture Club ed erano più o meno una specie di esperimento di laboratorio: un ebreo moro, un biondo anglicano se ce n'era uno, un colored caraibico, e un irlandese... o UNA, irlandese? Ecco. Boy George aveva talmente sconvolto la piazza che si sarebbe parlato di lui se anche solo fosse apparso in tv a spiegare che forse il giorno dopo sarebbe piovuto, altro che presentare un brano, "Do you really want to hurt me?", che forse avrebbe avuto fortuna a prescindere. O forse no.

"Kissing to be clever", il loro primo album, uscì il 4 ottobre del 1982, ed era in linea con un certo genere che andava all'epoca, ovvero mischiare ritmiche pseudogiamaicane con sonorità più rock, e già dalla copertina si spiegava come, ecco, c'era anche tanta voglia di giocare sul personaggio. Che era uomo e si vestiva da donna, o forse il contrario, ma comunque aveva una gran voce, e come terzo singolo un qualcosa che sarebbe diventato un classico, tutto qua. Sia chiaro: il successivo "Colour by numbers" avrebbe spaccato le classifiche ben più di questo, con ogni brano o quasi a diventare roba da alta classifica. E in "Kissing to be clever" manco era presente "Time", singolo da classifica uscito qualche mese dopo. Ma già dall'iniziale "White boy" erano chiare tante piccole cose: divertimento, volume alto, caciara carnevalesca ma anche e soprattutto una capacità di suonare che fece subito capire che non erano, solo, un fenomeno da baraccone.

Poi è chiaro, la storia di Boy George e dei Culture Club è stata quella che lui stesso ha definito una specie di soap opera vivente: amori interni, droga, discese ardite, risalite, assurdità varie e varie riunioni, tanto che ancora nel 2022 i Culture Club esistono ancora, quasi immutati rispetto agli originali (solo il batterista, Jon Moss, da qualche anno ha lasciato perché ha litigato con George nostro: passerà, come sempre da quasi mezzo secolo). E tutto partì da un singolo che pareva un reggae annacquato ma tanto annacquato - era il loro terzo 45 giri - e da questo album. (Enrico Faggiano)