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30/12/2022   RAGING SONS
  ''Essere sé stessi e non lasciare che le persone ti dicano cosa fare. Alla fine, così, tutto sarà giusto...''

I Raging Sons sono una band Irlandese, di Limerick, che ha pubblicato da poco, anche in Italia, il debut-album “20:20”, che consigliamo caldamente di ascoltare. Per saperne di più li abbiamo incontrati e ci hanno risposto così.

Potreste dire al pubblico Italiano quando vi siete formati e quali sono le vostre precedenti esperienze? ''La nostra attuale formazione si formò nel 2016, sebbene alcuni membri della band suonavano già insieme dal 2012. La maggior parte delle esperienze sono state fatte dalle nostre parti, a Limerick. Abbiamo supportato grandi gruppi Irlandesi come The Script, The Stunning, The Riptide, Movement, tanto per citarne alcuni, e suonato, altresi, con il nostro spettacolo girando tutto il paese, incluso uno show al famoso teatro Olympia a Dublino. Abbiamo fatto parte anche di numerosi festival in Irlanda. Il nostro più grande successo è stato scrivere e registrare il nostro debut-album “20:20”''.

Circa la vostra musica, sembra di percepire echi di The Killers, Muse, U2. Sono questi i vostri principali nomi di riferimento? ''Tutte le band che citi hanno una grande influenza nel nostro sound e penso che ogni membro della band porti la loro personale influenza in campo. Tutti noi amiamo la chitarra che guidi la musica, ma ci sono altri elementi formativi per il suono dei Raging Sons, suggeriti da Kasabian, The Doors, Oasis''.

Diteci quante difficoltà avete incontrato nel registrare un album cosi interessante? ''Registrammo gran parte del disco nelle difficoltà del Covid con tutti gli ostacoli delle restrizioni che furono adottate in Irlanda, che crearono problematiche per ritrovarci tutti quanti in studio. Alcune registrazioni furono fatte in isolamento ma ce l’abbiamo fatta e, una volta che le restrizioni furono tolte, siamo stati in grado di dare le rifiniture all’album''.

Avete, in particolare, alcuni aneddoti da segnalare durante la registrazione? ''Come dicevo prima, fu difficile ritrovarci tutti di persona, quindi verso la fine del tempo in studio, in realtà registrammo alcuni pezzi che non riuscimmo a fare insieme. In particolare, “Square one” fu scritta (da Fint) ed ascoltata dal resto della band solo la notte prima della nostra ultima seduta in studio. Fu registrata il giorno seguente e si è poi rivelata una delle nostre tracce preferite''.

Invece, una delle nostre preferite è “How High”. Non sappiamo se siete d’accordo ma crediamo che abbia la forza trainante di un potenziale singolo. Cosa ne pensate? ''E’ un brano che incorpora vibrazioni Brit-pop anni ’90. Fu scritta, probabilmente, prima delle altre canzoni e già sentivo che si distingueva. Tratta di essere positivi, di essere sé stessi e non lasciare che le persone ti dicano cosa fare. Alla fine, così, tutto sarà giusto''.

Quali fini vi proponete di raggiungere con la musica? ''Mi piace l’idea di connettere la gente con la musica a modo loro. Ciò che le tracce significano per me, potrebbero significare qualcosa di totalmente differente per qualcun altro e ciò è “cool”. Preferirei che la gente sentisse ciò che vogliono sentire piuttosto che dire a me la sensazione che prova. Vorremmo semplicemente che le persone si divertano con la nostra musica, che ci venissero a vedere sul palco: è li che diamo il meglio di noi''.

Ci sarà la possibilità di vedervi sui palchi Italiani? Che messaggio ci tenete a lasciare ai fans nostrani? ''Siamo orgogliosi dei nostri live, amiamo suonare dal vivo e vorremmo che anche i nostri fans avvertissero le stesse sensazioni. Attualmente, stiamo promozionando l’album e presto ri-organizzeremo concerti, quindi non resta che seguirci sul Social per avere tutte le novità che ci riguardano''. (Max Casali)