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13/06/2023   ROSSANA DE PACE
  ''Ho vissuto ogni concerto come fosse l’ultimo, non sono una che si risparmia molto live...''

Ciao Rossana. Il tuo cammino artistico è colmo di esperienze sui palchi. Ci racconti quale sono state le date più importanti che, in qualche modo, ti hanno dato una svolta? ''Se dovessi pensare alla svolta vera mi viene in mente il 10 settembre 2016, la prima volta che ho portato le mie canzoni a Torino al Reset Festival. Vivevo a Pescara, studiavo in conservatorio e non esistevano locali dove suonare canzoni inedite. Quell’anno il Reset fu al Cap10100. Suonai seduta su un palchetto piccolo, chitarra classica e voce. Non ero abituata ad un ascolto attento da parte di tante persone, mi sembrò un sogno. Ho goduto di ogni parola perché sentivo una connessione fortissima con quel pubblico. E’ stato il giorno in cui ho sentito il richiamo verso Torino e in cui ho deciso che finito gli studi in Abruzzo mi ci sarei trasferita. Torinese infatti è stata la mia gavetta che mi ha portato tanta fortuna. Da lì in poi ho vissuto ogni concerto come fosse l’ultimo, non sono una che si risparmia molto live''.

“Terra Madre” è il singolo scelto per l’anteprima del nuovo e.p.. Un titolo che sembra come un inno affettivo verso le tue origini tarantine: un ribadire che, nonostante si frequentino altre città, il cuore è legato sempre là, è cosi? ''Sì, io e la mia terra abbiamo una relazione aperta. Il mio corpo irrequieto orbita in altre città per la smania di scoprire e stupirsi, ma il mio cuore è a casa e si sente forte a poter partire perché sa che tornando, lei si farà sempre trovare. Avere altre amanti caotiche come Torino e Milano mi ha fatto apprezzare la semplicità di vivere al sud e aiutato a spogliarmi dei desideri superflui. Ho scoperto che mi basta “molto meno di così” per stare bene. Chissà che la mia prossima tappa non mi porti alle origini, sto valutando''.

Il 9 giugno è uscito l’e.p. “Fermati mondo”. Cosa vuoi evidenziare nelle altre 4 canzoni che lo compongono: principalmente un invito a rallentare o, ancor meglio, a sostare per recuperare sane riflessioni di vita per ognuno di noi per ri-organizzare le priorità che contano? ''Per usare una parola direi “Sostenibilità”, intendendo qualcosa che si sostiene, che dura nel tempo. “Fermati mondo” rientra nella sostenibilità sociale, inizia proprio con la consapevolezza che il progresso ci ha messo in testa dei desideri “da aggiungere alla lista della cose da buttare”, si chiede “è davvero giusta la direzione in cui stiamo andando?” e che io personalmente “voglio scendere!”. Poi ci sono “Sì nel cuore, no nella vita” e “La porta di casa” per la sostenibilità relazionale\emozionale, entrambe un invito a scegliere consapevolmente chi fare entrare nelle nostre vite. La prima ammettendo che non basta l’amore per condividere un’esistenza in cui due individualità possano sentirsi realizzate se i progetti di vita non combaciano, la seconda invitando a fare una selezione delle porte che si aprono o si chiudono, guardando dallo spioncino prima di abbassare la maniglia. Infine “Siamo ospiti”, sostenibilità in toto, anche ambientale. E’ un confronto diretto tra la l’atteggiamento dell’essere umano e quello della natura, dove l’uomo perde a mani basse il premio dell’armonia del tutto. E’ il dito puntato sull’essere umano che si sente padrone del mondo e non parte di esso, che gioca a segnare i confini di quello che è suo senza capire che distruggendo la terra, alla fine, quello che possiede non conterà più''.

Hai vissuto esperienze a Pescara, Torino e Milano. Hai constatato panorami e umori diversi oppure in ogni città vige, comunque, rispetto ed apertura nei confronti dell’arte? ''Ogni città ha le sue dinamiche. Pescara non aveva un luogo che raccogliesse la scena musicale locale per questo nel 2017 lo creammo con alcuni amici del conservatorio mettendo su “Suonacele”, un open mic per cantautori. Andò benissimo, grazie a noi altri locali iniziarono a fare lo stesso, durò fino alla pandemia; lo portai con me anche a Torino e Milano, lasciandolo in gestione nelle città che abbandonavo a chi ne condivideva lo spirito. Per un periodo fu attivo su tutte e tre le città contemporaneamente. Nonostante fossero molto diverse, tutte avevano l’esigenza di avere un luogo di ritrovo, che accogliesse i nuovi arrivati in città, che mischiasse chi aveva più esperienza con chi aveva troppi pochi pezzi per tenere una sua serata intera, ma voleva farsi conoscere. Pescara ne aveva bisogno perché non aveva nessun altro spazio oltre a quello, Torino perché era pieno di jam dove nessuno portava le sue canzoni e Milano perché nella miriade di eventi enormi, necessitava di una dimensione intima dove ascoltarsi sul serio. Dove ho vissuto più positivamente la sensibilità artistica è però Torino, una dimensione giusta per poter fare rete sincera, sostenersi a vicenda, conoscersi tutti e trovare più progetti underground fuori dagli schemi. Forse una bolla, però musicalmente interessante per i miei gusti, che snobba il mainstream, al contrario di Milano che forse ragiona un po’ al contrario''.

Mi incuriosisce il concerto che hai fatto nel 2021 a Marina di Camerota in una grotta paleolitica sul mare. Con chi condividevi il palco e quali emozioni ti porti dietro di quell’insolito Live? ''Indimenticabile! Una residenza artistica di due settimane dove 8 progetti accoppiati dovevano scrivere una canzone seguiti da Kruger e Eugenio Cesareo. Io ho lavorato con le Api Randagie, un duo formato dal cantautore Mattia Bonetti e dall’acrodancer Davide Bonetti con cui abbiamo scritto una suite pazza (approvata da Kruger, ovviamente) dove abbiamo mischiato i nostri ruoli. Davide oltre ad aver performato arrampicandosi sulla grotta, ha cantato e costruito un’istallazione di sedie durante il concerto mentre io usavo la voce come strumento, quasi da rumorista e insieme a Mattia suonavo un sacco di percussioni in base al genere musicale che cambiava ogni otto battute. Condividevamo la passione per la world music, così abbiamo messo qualsiasi tradizione in scena. Il tema del pezzo era la “Frantummaglia” e noi l’abbiamo resa decisamente: “Un po’ di tutto, niente di vero”. Ad un certo punto ho pure suonato il clarinetto''.

Come definiresti la tua musica, oppure sei contraria alle classificazioni? Quali sono i Big che senti ti abbiano dato l’input ispirativo per intraprendere la tua carriera? ''Mi piacerebbe si superasse questa domanda, spero che la contaminazione prenda talmente il sopravvento da confondere le carte e chiederci solo se ci piace e basta quello che stiamo ascoltando. Mi piacerebbe anche pensare di essere libera di scrivere un disco musicalmente “incoerente” dal punto di vista del genere. Sicuramente i miei ascolti sono disparati, se dovessi pensare a chi porto nascosta nella voce direi Mina, l’ho studiata molto, per la teatralità e peso delle parole; adoro Silvia Perez Cruz per le dinamiche e la prorompenza vocale, come qualsiasi cantante di fado o canto popolare mediterraneo. E’ proprio quell’impostazione vocale che viene dalla pancia che mi piace, potente, sprezzante. La mia prima canzone invece l’ho voluta scrivere spinta da un verso del primo disco di Renzo Rubino “sento la tua mano fredda squillare, sotto le coperte d’autunno”, un’immagine così chiara e poetica che mi fece venire voglia di mettere in musica i versi che già scrivevo da un po’''.

Nonostante tu abbia cominciato a comporre molto presto, perché sei arrivata al debutto di questo e.p. soltanto ora? La scelta di concentrarti più sui concerti era, all’epoca, più congeniale per te perché, forse, volevi attendere l’occasione giusta per incontrare un bravo produttore come Giuliano Dottori che ha prodotto “Fermati mondo”? Infine, che date hai prossimamente? ''Mi sono sempre preservata dalla fretta. Ho sempre seguito la mia pancia, non sono brava a disobbedirmi. Semplicemente non sentivo l’esigenza di tirare fuori un prodotto a caso, non avevo una visione, avevo bisogno di schiarirmi le idee, aspettavo il momento giusto a livello emotivo, di preparazione personale e aspettavo anche l’occasione in cui avrei avuto qualcosa di davvero rilevante da comunicare. In più a me piace suonare, lo studio l’ho sempre visto avverso invece questa esperienza mi ha insegnato molto. Sono contenta di aver aspettato ed è magico che il bando di finanziamento di Puglia Sounds sia arrivato proprio quando mi sentivo pronta a fare il passo, non è un caso. Abbiamo fatto la release a Torino il giorno dell’uscita al Magazzino sul Po. Era doveroso fare la prima nella città che mi ha fatto iniziare. La prossima data sarà lo showcase dell’EP al Medimex allo SpazioPorto di Taranto il 15 giugno. Poi il giorno dopo sarò all’Arci Rubik di Guagnano, Lecce. Il 22 giugno al Gonzo Festival a Cupramontana (AN) e il 29 giugno data in full band a Milano a Mare Culturale Urbano, la prima milanese dopo l’uscita dell’ep. Sarà una bella festa''. (Max Casali)