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03/10/2023   ALESSANDRO CORVAGLIA
  ''A cantare sono bravi in migliaia, a trasmettere emozioni molti meno...''

foto: Francesco Renne

Abbiamo il piacere di ri-ospitare Alessandro Corvaglia (http://www.musicmap.it/interviste/new.asp?id=661), vocalist e musicista di prim’ordine nel panorama progressive contemporaneo, fra i più apprezzati in ambito nazionale e non solo, membro originale della Maschera di Cera fin dall’esordio con l’omonimo album (2002), nonché frontman di uno dei più rappresentativi gruppi italiani dei primi Settanta, i Delirium, per tacere poi delle sue numerose collaborazioni con formazioni di matrice progressive (Hostsonaten, Mr. Punch. Aurora Lunare, Doracor ed altri). Un curriculum artistico di tutto rispetto che nel 2021 è stato arricchito dall’uscita del suo primo album solista, ''Out of the Gate'', che registra la prestigiosa presenza del chitarrista Gordon Giltrap. Rimandando il lettore alla citata intervista e ai riferimenti in coda per ulteriori approfondimenti, puntiamo ora i fari sul presente e sul prossimo futuro del nostro gradito ospite, facendo il punto della situazione.

Ciao Alessandro e bentornato nel cyberspazio di Music Map. Partirei dalla tua più recente esperienza musicale, le date in UK e il concerto canadese con la Maschera di Cera deliziate dalla presenza sul palco dello storico flautista dei Delirium che ben conosci, Martin Frederick Grice. Ti dico che, anche in prospettiva di questo nostro incontro, ho resistito alla tentazione di ricercare i resoconti e i commenti per interpellare direttamente “la fonte” (o più precisamente una di esse) senza informazioni pregresse, potenzialmente condizionanti. Cosa puoi raccontarci su queste importanti tappe della “Maschera”? ''Innanzitutto un caro saluto ai lettori di Music Map, che so sempre attenti con affetto agli eventi che tengono questo fondamentale Genere vivo e attivo a dispetto dei virus del mainstream e della settorializzazione delle proposte musicali, su cui mi astengo dall’aprire ciò che diverrebbe una facile invettiva. UK e Canada hanno rappresentato l’apice di un tour celebrativo nato quasi per scherzo e sviluppatosi in modo assolutamente insospettato! Soprattutto le date inglesi – a cui io, con ogni probabilità più del compagno inglese che hai menzionato, tenevo in modo profondo, dato l’amore che ho per quel Paese – hanno costituito un successo memorabile, con un seguito e un entusiasmo che da Londra a Southampton ha corollato ogni minuto delle nostre performance. Il che, per un gruppo che canta in italiano e non ha nel suo organico un vero e proprio chitarrista elettrico (figura decisamente rilevante in molte formazioni rock), era tutt’altro che prevedibile. Ma posso senz’altro dire che li abbiamo conquistati e riprova di ciò sono state tutte le numerose testimonianze che invocano tutt’oggi un nostro ritorno... che a questo punto rientra in pieno diritto nei nostri piani futuri. Quanto al Canada, terra nuova per me ma non per i miei compagni di viaggio, è stato un tuffo in una dimensione estasiante, parallela a quella provata molti anni fa (ormai) in USA. Gente fantastica, che dà al tuo lavoro un senso e un significato come ormai raramente si riscontra in giro (soprattutto in Italia, ahimé), capace di un’organizzazione impeccabile sotto ogni punto di vista, affettuosa e conoscitrice del tuo materiale''.

Molto banalmente, pur apprezzando, insieme al talento, la cura dei suoni e dei particolari, resto dell’avviso che in concerto sia assai più importante la capacità di stabilire una comunicazione emotiva efficace con il pubblico, il condividere una sorta di “sentire all’unisono” che spesso assume un che di “magico”, rispetto all’inseguire una perfezione tecnica fine a sé stessa, perfezione consentita da una strumentazione sempre più sofisticata (e digitalizzata). Il palco “vuol vederti in faccia”, mettendo a nudo pregi e difetti, scoprendo quindi le dimensioni più autentiche del musicista. Che ne pensi? ''Chi mi conosce da anni e anni, potrei dire sin da quando tornai su di un palco con un tributo ai Genesis nel 1999, sa che per me quello che hai citato è l’oggetto assolutamente principale delle mie performances, in studio ma soprattutto nella dimensione live. Sono solito spesso dire che “a cantare sono bravi in migliaia; a trasmettere emozioni, molti meno!”, senza con ciò inserirmi automaticamente nella seconda categoria, dove semmai a ricondurmi è e può solo essere il pubblico. E’ il feedback più importante, riscontrato anche in contesti assai esigenti (proprio quelli relativi ai tributi, dove chi ti è davanti spesso conosce ciò che stai facendo meglio di te). E se viene raggiunto nei live, dove si è in gioco senza appelli né chances di correzione (“AutoTune, vai a farti una girata, vai!!”, detto alla livornese!), è davvero un grande successo. Per quanto mi riguarda, non c’è ovviamente nessuno studio alla fonte né alcuna strategia particolare; vi è solo il tentare di far provare al pubblico quello che sto provando io... che in quei momenti sono in uno stato considerevole di “trance”''.

Restando sempre… sopra il palco, mi-ti pongo una questione più operativa. Mi riferisco all’annoso problema degli spazi di esibizione-espressione per i gruppi rock e prog in particolare, in Italia rispetto agli altri paesi europei e nordamericani. In base alla tua esperienza, quali principali criticità e/o opportunità intravedi a riguardo? Penso anche ai lodevoli festival progressive che a mio avviso meriterebbero ben più risonanza e visibilità mediatica di quanto attualmente dispongono, ma siamo alle solite (dolenti) note, nihil novum sub solem…. (e lamentarsi non serve se non a “farsi il sangue amaro”)... ''Questa risposta meriterebbe un capitolo di un libro, ma in realtà aggiungerei ben poco alle tonnellate di parole che sono già state scritte o dette. L’aspetto particolare che ho notato tuttavia negli ultimi tempi (e la pandemia vi avrà, sì, concorso ma in realtà il fenomeno era già presente) è che gli italiani sono diventati un “pubblico di intenti”, spesso disattesi, a differenza di Paesi (soprattutto USA e UK) dove la gente va nei locali, ascolta le più varie proposte (magari perché habitué di quel o di quell’altro locale), ha una sana curiosità di base che viene al tempo stesso stimolata e ripagata da ciò che incontra. Ci possono essere, ovviamente, vari motivi dietro alle rinunce – e se, francamente, dietro a queste ci sta economizzare per la corsa all’ultimo modello di smartphone, beh.... - ma di fatto questo provoca, per logica anche economica, il rarefarsi della proposta. E alla fine certi locali storici annaspano, molti festival chiudono i battenti ed è solo grazie a solide realtà quali Veruno, Trasimeno Prog o il Prog Festival di Genova che ci si può davvero dissetare di grande musica''.

Nel 2021 usciva ''Out of The Gate''. A distanza di un paio d’anni, quali considerazioni fare su un evento che senza dubbio ha segnato un passaggio importante nel tuo percorso artistico? Vista la qualità dell’opera (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=8687), mi verrebbe da pronunciare il classico repetita iuvant e dunque attendere il “secondo capitolo”, ma so bene che non è facile tenere i piedi in più staffe, ovvero conciliare gli impegni del progetto solista con quelli dei gruppi dove militi o collabori. Conoscendoti, però, scommetto che questa sorta di salutare “multitasking musicale” (a differenza di quello cognitivo, così tanto sbandierato da una società liquido-contemporanea centrata sulla virtualizzazione della vita: niente di più equivoco e sbagliato circa i modi di funzionamento dell’attenzione, ma questo è un altro discorso…), non può che stimolarti a fare sempre meglio senza rinunciare a ciò che ti appassiona. Mi sono spinto troppo con l’interpretazione personale della tua esperienza? ''Assolutamente no, hai colto benissimo un aspetto della mia natura, a cui aggiungo solo che il mio “multitasking” è sempre e comunque frutto di una selezione, perché in virtù di quanto risposto alla domanda n. 2 io devo essere sempre convinto nel profondo di “sentire” ciò che andrò a fare. Se non mi sento credibile io, non posso pensare di esserlo per altri. Penso che la mia esperienza nei panni di Fish (con i Mr. Punch) sia stata la maggiore testimonianza di ciò, dato che per me calarmi nei panni del Gigante (in molti sensi) scozzese è stato semplicemente dare voce ad una parte profonda di me. Va comunque tenuto presente che molto del mio tempo è occupato dal lavoro “materiale”, fonte di sostentamento, e dai soliti aspetti di vita quotidiana che non si possono tralasciare, per cui a volte mi trovo a giocare a Tetris con gli impegni di vario genere. Ma, com’era prevedibile, uscito “Out of the Gate”, non poteva non partire la scintilla per il suo fratello minore. Che infatti sta vedendo nascere, ancorché un po’ a singhiozzo, tutti i brani che lo comporranno''.

Estate, tempo di sogni e di notti insonni, per scomodare il capolavoro di Shakespeare (A Midsummer Night's Dream, 1595): quale/i (in)confessabile/i sogno/i possiamo intravedere nel tuo “cofanetto musicale”? ''”Sogni... è tutto quello che c’è”, parafrasando un Lp che mi conquistò decenni fa (Raf)… fuori dal senso stretto, come è già capitato mi lascio cogliere dalle realtà inaspettate e spesso mi accorgo che sono traduzioni di sogni fatti, soprattutto da post-adolescente quando i passi nella musica si facevano più solidi e certi Artisti erano la fonte di innumerevoli emozioni a cui mancava giusto la conoscenza “in 3D”. L’esperienza dei due concerti con Steve Rothery ne sono forse l’immagine più evidente, senza dimenticare tutti i Grandi con cui mi sono ritrovato nello stesso contesto (Prog Exhibition, NEARFest, ProgDay e tanti altri), Aldo Tagliapietra ultimo solo cronologicamente. A parte i sogni vissuti... beh, uno sarebbe senz’altro condividere una serata, in “breve ospitata”, a fianco di Gordon Giltrap, ovviamente nel suo Paese, non facile dato il suo repertorio prettamente strumentale. Ed un altro che ho sempre covato è una “comparsata” con Steve Hackett (mi sto fissando coi chitarristi, evidentemente...)''.

Che mosse dobbiamo aspettarci prossimamente dal frontman di Maschera di Cera e Delirium? Fra l’altro “so” che sarai presente con un ruolo di primo piano nel nuovo disco in programmazione della progband Aurora Lunare che ben conosci e a cui sei sempre stato legato. Non aggiungo altro per non scoprire troppo le carte e poi (ehm ehm ehm) sono parte in causa dunque… stop e a te la parola... ''Senza appunto rivelare misteri o rovinare sorprese, l’immediato prevede appunto questa presenza in qualcosa che mi è difficile spiegare a parole, dove un enorme (direi basilare) coinvolgimento emotivo-affettivo va di pari passo col partecipare ad una produzione davvero imperdibile, per contenuto e risultato. Lascio al futuro il compito di dispiegarne il valore e spero in una eco che sia degna della qualità di questo disco. Quanto al resto, i Delirium stanno affrontando le registrazioni del nuovo disco, in cui vi sarà quello che dal canto mio definisco “una grande sorpresa”, qualcosa di nato in maniera istintiva che per me costituisce un vero e proprio debutto, non avendolo mai fatto prima! Con Maschera di Cera affronteremo il 2024 sicuramente con un proseguo dei concerti, ma potremmo anche non limitarci all’attività live... per ora non azzardo oltre! E infine, last but not least, ciò che ho precedentemente accennato riguardo al seguito di “Out of the Gate”!''.

Bene Alessandro. Nel ringraziarti, rinnovo la consuetudine di lasciare il microfono all’ospite per rivolgersi direttamente ai nostri cyber-lettori... ''Come ho detto all’inizio, il pregio di questa Musica è stato di aver creato un affetto e una dedizione immortali. Molta musica ha conosciuto stagioni effimere e forma di meteora (e a mio avviso, giustamente!), ma il Progressive è amato anche laddove la vita di molti artisti non è andata oltre un LP. Credo sia un profondo valore intrinseco di un genere che, costituito da mille e mille felici contaminazioni, è immune dal poter stancare, sapere di muffa, perdere ogni grammo di potenziale e continuo fascino e richiamo e quindi designato ad avere una sorta di Vita Eterna. Cosa che non accadrebbe se il pubblico che lo segue da decenni non fosse dotato della giusta recettività e non la trasmettesse alle generazioni a seguire. E di questo noi, che continuiamo imperterriti, da ogni latitudine, a tradurlo in suoni e note lo ringraziamo di vero cuore! Grazie a tutti, davvero, per il vostro continuo affetto!''.
(MauroProg)

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