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09/02/2024   MASSIMILIANO MARTELLI
  ''Vuotare piuttosto che riempire il proprio ego, in questa corsa e rincorsa al benessere più materiale...''

Crescere, emancipazione, e poi la consapevolezza. Il suono acustico di una chitarra sa bene come fare gli onori di casa dentro un disco fermo e deciso nella sua scrittura. E si parte dal titolo per capire che siamo di fronte ad una penna affilata, di allegorie e di sensibilità: “Quanto pesa la felicità” è il nuovo progetto di Massimiliano Martelli. Come sempre ci avviciniamo per una chiacchierata ricca di spunti.

Il suono acustico si mescola al futuro di un brano come “Crescere”. In che tempo vive questo disco secondo te? ''Sicuramente questo mio nuovo disco contiene spazi e momenti dove vuole dare e darsi uno sguardo al futuro. Però mantiene radici e riferimenti ben saldi in questo nostro presente, che è un tempo difficile, che ci rende spesso distratti, anche maldisposti verso gli altri se non addirittura incattiviti. È un tempo dove ci stiamo abituando ad un ascolto sempre più veloce e superficiale, sia nello scambio di relazioni interpersonali, sia musicalmente parlando. Siamo sempre meno pazienti e spesso vittime di quell’ansia “da metronomo” che ci fa vedere il tempo come un dittatore, con le sue lancette che ci sembrano correre oltremisura… Ecco perché, come ho già detto in altre occasioni, vorrei che questo mio disco vivesse in un tempo “di pace” e non solo come auspicio riferendomi alla drammaticità dello scenario internazionale, ma proprio nel senso di cercare, ciascuno di noi, di allungare il proprio tempo piuttosto che accorciarlo, come invece siamo condizionati a fare tra ritmi frenetici e necessità del quotidiano. In un tempo dove si abbia tempo di tornare ad ascoltare il proprio corpo che respira, il cuore che batte. Vuotare piuttosto che riempire il proprio ego, in questa corsa e rincorsa al benessere più materiale della realizzazione personale che la società stessa spesso ci vuole vendere o trasmettere come idea di felicità''.

Che poi parlando proprio di “Crescere” come anche a “Mezze verità e acqua tonica", anche guardando il video, sembrano distaccarsi molto dal resto del disco. Qui penso più ad una certa “new wave” se mi passi il termine… o sbaglio? ''Beh, sì… Effettivamente ascoltando quei brani non sbagli quando dici di trovare dei richiami a certe sonorità “new wave”… Questo io lo prendo come un complimento se possa in qualche modo associarmi nel mio piccolo ad altri grandi artisti italiani che con successo si sono accostati alla new wave, vedi Franco Battiato, i Matia Bazar, gli stessi Litfiba tanto per citare i primi che mi vengono in mente… Per quanto mi riguarda volevo fortemente che questo disco fosse caratterizzato da sonorità e soluzioni musicali diverse rispetto ai miei precedenti lavori. Abiti nuovi da cucire addosso ai miei testi, sulle mie parole, e che dessero maggiore risalto al loro significato, ai concetti che volevo esprimere. Il tutto però cercando sempre di mantenere riconoscibile nell’ascolto del disco, in ogni sua canzone, la mia impronta artistica d’autore, la mia cifra stilistica distintiva''.

Per il resto la produzione, sin da subito, si gioca la carta della chitarra acustica… che ruolo ha questo strumento nella tua composizione? ''La chitarra è una compagna di vecchia data nella mia vita, già dall’adolescenza quando da autodidatta ho cominciato a strimpellarla in alcune realtà giovanili del quartiere romano dove all’epoca abitavo, a Cinecittà, anche e soprattutto per vincere la mia tanta timidezza… Pur non essendo io uno di quelli cultori o maniaci di questo strumento, decisamente con la chitarra mi trovo più a mio agio nella composizione rispetto al pianoforte e non solo per una mera questione di praticità… Nel senso che, trovandomi spesso fuori casa, la chitarra è più comoda e facile da trasportare e dunque è quella che ho più a portata di mano se e quando “arriva l’ispirazione” per una canzone… Della chitarra acustica mi piace poi moltissimo l’atmosfera che questa riesce a conferire con la sua presenza a certi passaggi, momenti e situazioni, non solo musicali. Con il produttore Maurizio Mariani, negli arrangiamenti del disco nuovo, abbiamo fatto in modo che la chitarra acustica ricoprisse un ruolo forte, e questo è riscontrabile, come hai detto tu, già nell’ascolto della canzone di apertura, “Starò bene”, così come nella terza, “Due catene”, che sono i brani dove sicuramente il suono della chitarra acustica trova spazio in modo più eclatante con fraseggi e riff ostinati che accompagnano, se non tutta, buona parte dell’esecuzione''.

Che bel titolo poi… ha una sua ragione di vista, biografica? ''Ciascuno di noi porta dentro di sé sia luce sia tenebre, il suo angelo e il suo demone, e ogni giorno deve per prima cosa trovare per tutto questo il giusto equilibrio e compromesso per star bene e cercare al tempo stesso di vivere in armonia con gli altri e l’ambiente esterno. Sulla base di questo, “Quanto pesa la felicità” è, prima ancora che il titolo del mio disco, una riflessione, una considerazione che ho fatto con me stesso più e più volte nel corso dei miei anni, soprattutto durante la mia precedente e lunga attività lavorativa come assistente domiciliare e operatore sociosanitario, venendo a contatto con persone fragili in contesti difficili delle periferie della mia città, Roma, dove spesso ci si trova quasi sacrificati in una continua lotta alle emergenze quotidiane che risucchia ogni fonte di energia e forma di distrazione come fosse un buco nero. Ma qui, per quanto complessa, difficile e disperata fosse ognuna di queste situazioni che ho conosciuto, la percezione, della “felicità” non era poi così diversa da quella di chi si trova e vive in situazioni e contesti più agiati o fortunati: e cioè che la “felicità” si misura con istanti, frammenti, momenti di vita e non è fatta di giorni, mesi o anni. Ecco il perché del titolo. Ciascuno di noi ha sostenuto e sostiene sulle proprie spalle un “peso” per cercare di avvicinarsi ad uno stato di benessere e di serenità per sé e i propri cari. Il costo della felicità''.

E tornando al brano già citato: perché accosti le mezze verità all’acqua tonica? ''L’idea del titolo mi è venuta pensando che tutti sicuramente almeno una volta nella vita abbiamo detto una bugia, piccola o grande che sia, una mezza verità per venire fuori o liberarsi da una situazione antipatica, sgradita, più o meno complicata. Per esperienza diretta ho conosciuto più di una persona che posso definire quasi un maestro delle bugie e delle mezze verità, un ottimo artigiano sia nel confezionarle sia nell’arte di utilizzarle a proprio piacimento in tante occasioni più o meno importanti. Alcuni addirittura dei bugiardi “seriali”. Ed ecco spiegato il perché del primo “ingrediente” del titolo, le mezze verità appunto… Ho pensato poi a un modo più originale per poterle somministrare da persona a persona e mi è sembrata carina l’idea di accostare a queste mezze verità dell’acqua tonica (ed ecco il secondo “ingrediente”) e infine mescolare il tutto come in un long drink, una sorta di “gin & tonic”. Con la differenza che, mentre il gin viene aggiunto per contrastare l’amaro dell’acqua tonica, qui le mezze verità possono sì in un primo momento addolcirne il gusto ma poi rischiano di renderlo decisamente più amaro… E intendo proprio questo significato quando scrivo nella canzone dapprima “come bere da un bicchiere mezze verità e acqua tonica” e poi “e nelle vene già mischiare mezze verità e acqua tonica”.