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04/06/2024   ANGELO IANNELLI
  ''La società non ci vuole in uno spazio sospeso del “margine”, che è considerato un luogo eversivo...''

Un disco saldamente ancorato a quel cliché anni ’80 e ’90 di adolescenze in rivoluzioni in un tempo che piano piano si avvicinava ai primi vagiti digitali. Un tempo, quello, dentro cui le mode radiofoniche attingevano a piene mani dagli stili che arrivavano dall’estero, dal mondo inglese in special modo. Angelo Iannelli sembra cavalcare tutto questo nel nuovo disco dal titolo “Vicini Margini”, una canzone d’autore ariosa e molto contemplativa, di provincia, di città notturne. Un disco che parla di transizioni o di limiti, di cambiamenti che stanno arrivando… di borderline…

Mi incuriosisce questo titolo. Bandiera di un certo modo di usare le parole? ''Credo che il titolo sia esemplificativo dell’intero lavoro fatto sull’album, hai detto bene. Con l’aggettivo “vicini” intendo dire proprio che i miei personaggi si trovano “appena fuori” i confini della vita e della società, dove si sta bene proprio perché sospesi, a un passo dalla felicità, a un passo dalla vita. Una vita felice che possono spiare con la coda dell’occhio, senza viverla; probabilmente è proprio a una “prossimità della felicità” che si tende, chissà, come dico in una canzone dell’album. Le parole sono fondamentali nelle mie canzoni, credo che sia importante leggerle a completamento dell’ascolto, perché richiedo all’ascoltatore uno sforzo nell’interpretazione. I testi di questo album, infatti, viaggiano tra due livelli interpretativi: uno più emotivo, diretto e terreno, diciamo così, l’altro metaforico-sinestetico, allegorico, basato sulle suggestioni e sull’apparente assenza di nessi logici''.


Sono da oltrepassare questi margini secondo te? Oppure la società di oggi ci vuole tutti dentro? ''La società, probabilmente, ci vuole o dentro o fuori, non ci vuole in questo spazio sospeso del “margine”, che è considerato, a torto, un luogo eversivo, pericoloso per sé e per gli altri. A tal proposito mi viene in mente una poesia di Montale che spiegavo in una classe l’altro giorno, ''Meriggiare pallido e assorto'', a voi l’interpretazione: ''E andando nel sole che abbaglia, 
sentire con triste meraviglia
 com'è tutta la vita e il suo travaglio 
in questo seguitare una muraglia 
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia''.


Tanto tempo passato nel suono di questo disco… una scelta precisa o una semplice naturalezza? ''Devo ammettere che attribuisco grande importanza al suono, al missaggio, alla realizzazione tecnica dei brani. Credo che l’atmosfera di una canzone passi anche per le scelte stilistiche relative al suono: non dimentichiamo che la musica è un’arte uditiva, per cui le scelte sonore sono fondamentali. Durante la realizzazione dell’album ho speso molto tempo a scegliere i suoni con i miei produttori, ma anche ad equalizzarli nel modo che ritenevo artisticamente portatore di significato: ricordiamoci sempre che nell’arte la forma è contenuto. Per fare un esempio, voglio sempre che ci sia una dinamica nel suono dei miei brani, le ipercompressioni che appiattiscono tutto non fanno per me, ho bisogno di intensità e questa intensità è data anche dai suoni che improvvisamente salgono e poi riscendono, non solo quelli prodotti dalla voce, ma anche quelli che escono fuori dagli strumenti. Forse è per questo che amo moltissimo il rock degli anni Settanta e dei primi Ottanta, così potente e soprattutto pieno di dinamica, e non sopporto, invece, il bedroom rock o teen rock dei primi Duemila, con cui è cresciuta la mia generazione e che io definisco iporock, perché mi arriva un po’ piatto e freddo. Lo stesso discorso, per quanto mi riguarda, vale anche per l’ipopop di quegli anni...''.

Il cinema non è un luogo a te sconosciuto, anzi. Posso chiederti perché dunque non c’è un video ufficiale per questo disco? ''Perché stavolta, per il momento, ho preferito dare totale autosufficienza ai brani dell’album senza l’ausilio di un video che avrebbe aggiunto o rimosso dei significati''.

La macchina da scrivere in copertina: un disco da leggere o ancora da scrivere? ''Entrambe le cose: sicuramente da leggere ma pure ancora da scrivere, sempre ancora da scrivere. Chissà, poi, se uscirà fuori anche un libro…''.