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03/11/2015   GERA BERTOLONE
  'All'estero la musica tradizionale italiana è accolta con molto interesse...'

Ciao Gera, intanto partiamo con le presentazioni: vuoi raccontarci chi è Gera Bertolone? ''Ciao. Gera Bertolone è una ragazza nata in un paesino medievale nel bel mezzo della Sicilia, Mussomeli, e che ha avuto, sin da piccolissima, una vera vocazione per la musica e per le tradizioni popolari''. Come e quando è iniziato il tuo rapporto con la musica? ''Fin da quand’ero piccolissima guardavo affascinata la banda musicale che accompagnava le processioni. Era più di una semplice attrazione, sentivo qualcosa di viscerale. All’età di 7 anni ho cominciato a studiare solfeggio e clarinetto ed a suonare nelle bande musicali del mio paese. All’epoca trovai una persona che dava corsi gratuitamente con l’obiettivo di accrescere il numero dei membri che formavano la sua banda musicale, e mi iscrissi senza neanche chiedere il permesso ai miei genitori. Il clarinetto era uno degli strumenti più utili e ricercati in quel momento nella banda e, di conseguenza, ho imparato a suonarlo. Ho portato avanti quest’attività per una ventina d’anni, fino a quando ho intrapreso gli studi di Musicologia e Etnomusicologia all’Università di Palermo''. Sei cantante, clarinettista ed etnomusicologa: come vivi questi tre modi differenti di interagire con la musica? ''Dipende dai contesti. Sapere suonare uno strumento e leggere gli spartiti è importantissimo perché aiuta a capire sostanzialmente le forme musicali e ad entrare in sintonia con gli altri musicisti più facilmente. In poche parole, si parla la stessa lingua e si hanno dei riferimenti inconfutabili. Quando il mio ruolo è solamente quello di cantare, essere anche una musicista mi permette di comprendere esattamente come gli altri stanno sviluppando il discorso musicale e soprattutto le strutture dei brani. Questioni tecniche ma di fondamentale importanza. L’etnomusicologia è un’altra cosa. Avendo appreso i metodi della ricerca, ed avendo studiato le tradizioni musicali del mondo dal punto di vista musicologico, antropologico e psicologico, riesco a navigare in un mare abbastanza ampio ed a fare certe differenze. Ho avuto modo di accedere agli archivi più importanti della musica popolare siciliana che mi hanno permesso di approfondire e scoprire i vari repertori della Sicilia tradizionale''. Com’è nata la tua passione per la musica tradizionale siciliana e con che tipo di criteri hai selezionato i brani che hai inserito poi nel tuo disco d’esordio, “La Sicilienne”? ''A dir la verità non lo so. Di quello che ricordo di tutta la mia vita sono sempre stata interessata alla musica tradizionale. Fino all’adolescenza, però, non avendo computer e internet, conoscevo solamente le tradizioni del mio paese e quelle dei paesi limitrofi. Si potevano trovare delle audiocassette di musica in dialetto siciliano ma non era quello che cercavo e che mi interessava. Ho iniziato a scoprire e ad approfondire il repertorio di tutta la Sicilia negli anni dell’università in cui ho fatto parte del Laboratorio di Etnomusicologia “Aglaia” del Dipartimento di Musicologia e nel quale ho cominciato veramente a studiare l’interpretazione e la vocalità nella musica popolare siciliana''. La musica popolare è sempre ricca di tradizioni, e dato che hai scelto di occuparti proprio di questo genere musicale ci incuriosisce conoscere il rapporto che hai con le tradizioni in generale: sei legata alle vecchie usanze ed ai riti della tua regione oppure sei più affascinata dalla loro storia che non dalla loro pratica? ''Sono legata alle vecchie usanze per il significato che hanno all’interno delle comunità. I riti scandiscono e ordinano il tempo comunitario, creano legami, sono occasioni uniche di ricongiungimento sociale ed alimentano lo spirito identitario che, nel bene e nel male, ci da’ un punto di riferimento e di partenza per la nostra evoluzione individuale. Ho sempre praticato i riti tradizionali della mia comunità perché facevo parte della banda musicale, che è uno degli attori principali in tutte le feste tradizionali. Ho, persino, rimesso in piedi una tradizione natalizia, La Novena di Natale, che si era spenta da quasi vent’anni. Oggi, però, vivendo da parecchi anni all’estero, non riesco più ad essere presente ed a partecipare a tutti i riti più significativi e, anche quando ne avrei l’occasione, preferisco rimanere in disparte ad ammirare e a cercare di captarne il senso con occhi diversi''. C’è una tradizione che ti affascina più delle altre? ''Di quelle siciliane, la Settimana Santa di Mussomeli, il mio paese natìo. I canti polifonici, chiamati Lamenti, le processioni, le trombe, i tamburi e tutto l’universo sonoro e teatrale di questo rito mi fanno ancora oggi vibrare intensamente. Credo sia dovuto al fatto che in quell’universo ci sono cresciuta, e la sensazione che si prova è quella di sentire la voce del proprio padre che ti chiama''. Di cosa parla il primo singolo del tuo album, “La Sicilienne (Oh Nici, Oh Nici)”, e come mai hai pensato di presentarti al pubblico proprio con questo brano? ''Il brano è un pianto, una lamentazione di una madre che ha perduto la figlia Nici. È una romanza ritrovata a Caronia (ME) negli anni ‘70 da Elsa Guggino, una delle maggiori ricercatrici delle tradizioni popolari siciliane ed una delle fondatrici del Folkstudio. È un brano di una grande potenza espressiva dal punto di vista musicale, e il tema che tratta è universale e senza tempo: la madre che soffre per la perdita di un figlio, che non porta costumi e che solamente il lutto avvolge la sua aura. Un tema che, anche se doloroso e pesante, può toccare ognuno di noi senza limiti culturali e generazionali. La melodia, che ricorda molto lo stile musicale del fado portoghese, comunica un messaggio chiaro ed ha uno stile unico che non ho ritrovato in nessun altro brano. Prima delle registrazioni del disco, abbiamo eseguito il brano in diversi luoghi e ne abbiamo registrata una versione. Abbiamo avuto, così, una richiesta per utilizzare questa canzone per la colonna sonora di un film (un progetto ancora in corso) e, dopo qualche tempo, abbiamo deciso di registrare l’album ''La Sicilienne''. Sembra quasi che l’album sia stato dedicato a questo brano!''. Di questo singolo esiste anche un video molto commovente e suggestivo: vuoi raccontarci qualche aneddoto di quando e come è stato girato? ''Abbiamo girato il video a fine Agosto, in una torrida giornata che le pietre bruciavano. Il luogo era il Castello Manfredonico di Mussomeli, dove mi trovavo in vacanza. Abbiamo scelto il castello di Mussomeli principalmente perché è un luogo che, in un certo modo, mi rappresenta, ma anche perché è molto suggestivo ed offre differenti ambienti. Mi piaceva l’idea di quella pietra calda, arida, che si trova molto nel teatro antico, in contrasto col calore organico della sofferenza di una donna. Volevo dare l’idea di questa donna chiusa nel castello del suo dolore dal quale riesce ad uscire ed esprimere al mondo esterno il suo dolore. Durante le riprese il castello era aperto alle visite, e ci siamo ritrovati diverse volte con un “pubblico” che ascoltava e guardava divertito. Abbiamo scelto i luoghi delle riprese dopo aver fatto un breve sopralluogo e con la creatività di tutti, e siamo arrivati alla fine della giornata con del bel materiale. Non senza qualche problemino tecnico per via del caldo… La simpaticissima equipe che ha realizzato il clip, Angelo Carciola, Stefano Laudani e Riccardo Nicolosi, ha afferrato esattamente l’anima della canzone e, secondo me, il risultato nel susseguirsi delle immagini e del loro ritmo è stato una sorta di osmosi''. Il tuo pubblico non è solo quello siciliano: come viene accolta la tua musica all’estero e in quali posti ti sei trovata particolarmente a tuo agio per la qualità del pubblico e la capacità di comprendere il tipo di musica che proponi? ''All’estero questa musica è accolta con molto interesse, anzi, il pubblico cresce e ci segue sempre di più. Amano la nostra musica così come l’abbiamo elaborata, se ne sono innamorati e non la immaginano suonata diversamente, con altri arrangiamenti e strumenti. Durante i concerti abbiamo sempre dovuto fare molti bis, tris… perché la gente non voleva partire. Fino ad oggi, ho venduto molti più dischi in Francia che in Italia. Ora siamo in trattative anche per partecipare a festival più importanti''. Per i promoter di eventi culturali legati alla musica popolare interessati ad organizzare un tuo concerto, ma anche per appassionati che vogliono ascoltarti ed acquistare il tuo disco, come è possibile contattarti? ''In Italia collaboriamo con l’agenzia Artlovers Promotion sia per l’organizzazione dei concerti sia per l’ufficio stampa. Gli interessati possono scrivere a Doriana Tozzi (dooris@artlover.com). Per informazioni o altro, il mio indirizzo email è: contact@sonoramanagement.com. Il disco è in vendita sul mio sito http://www.sonoramanagement.com/boutique/ o sulle varie piattaforme: AUDIOGLOBE (http://bit.ly/1LmxH44), ITUNES (http://apple.co/1KlZWOx), GOOGLE PLAY (http://bit.ly/1PvkISB), AMAZON (http://amzn.to/1X6Kb7b). È disponibile anche alla Feltrinelli''.