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30/07/2025
16/07/2025 PIASTRA
''Cerco rifugio nelle canzoni che scrivo, parlando di cose che mi turbano per esorcizzarle...''
Come questo suono, quello di Piastra, che nella nebbia costruisce visioni. In questo nuovo EP, “Nuvole Animali Inesistenti”, il cantautore romano cammina sul confine fragile tra sogno e concretezza, tessendo paesaggi emotivi che mutano e si dissolvono, come le nuvole del titolo. Tra chitarre acustiche e sintetizzatori, suoni elettronici e racconti di un corpo attraversato dal tempo, Piastra invita chi ascolta a rallentare e ad abitare l’incertezza. Ci avviciniamo in punta di piedi dentro un suono solido e dentro forme che celebrano la bella tradizione ancora contemporanea.
“Nuvole animali inesistenti” è un titolo che sembra già un'immagine. Cosa rappresenta per te questa combinazione di parole, così sospesa tra sogno e visione? ''Quando ho cominciato a scrivere i brani del disco, ho sentito lo stesso impulso verso la musica, scritta e suonata in un certo modo che avevo negli anni dell’infanzia, ovvero quello dell’approccio giocoso cercando di costruire suoni, accordi e parole in modo da creare un piccolo mondo fino a quel momento inesistente. La ricerca del titolo del disco quindi è sempre stata indirizzata a qualcosa che avesse a che fare con i giochi della mia infanzia, fino a quando rileggendo i testi l’ho trovato lì tra tante parole (il titolo è un verso dell’ultimo brano del disco “Persi e a capo”)''.
Il disco si muove tra luce e ombra, tra presenze e assenze. È più un’esplorazione del passato o una fuga in avanti? ''Diciamo che è più un modo di esorcizzare alcuni malesseri o fastidi della mente che sono sempre presenti, quindi ha sicuramente un duplice obiettivo: quello di sistemare un po’ di cose del passato in modo da districarsi un po’ meglio attraverso il futuro. Fondamentalmente sono prossimo alla mezza età e credo che tutto questo sia solo frutto della classica “crisi”, solo un po’ anticipata''.
Il linguaggio che usi è poetico, simbolico, rarefatto. Come nasce questo stile? È più un’urgenza interiore o un gioco consapevole con l’invisibile? ''Di sicuro la seconda: un gioco. Come ti dicevo per me, negli anni dell’infanzia, la musica e la scrittura erano veramente un gioco. Erano un’alternativa ai mattoncini, alle macchinine o qualsiasi altro giocattolo. Ricordo che giocavo a scrivere minuscoli racconti, piccole canzoni e “suonavo” un’enorme chitarra acustica che non sapevo suonare o una tastiera spenta. Quindi quell’approccio mi è rimasto e la parte giocosa si è tramutata nella volontà di voler trovare soluzioni e parole che non siano quasi mai didascaliche e di “cronaca”. Di fatto, la maggior parte delle cose che si raccontano sono situazioni e storie banali, nel senso che accadono continuamente un po’ a tutti e quasi sempre con le stesse dinamiche. Quindi secondo me, cercare una chiave di scrittura che faccia leva su un immaginario, un simbolismo o un’associazione di idee apparentemente lontane tra loro, concede alla canzone un valore che va oltre la didascalia del fatto che si vuole narrare''.
In “Se si pensa” c’è un’insofferenza verso il quotidiano che molti possono sentire propria. Quanto la musica può essere rifugio e quanto specchio? ''E se fosse entrambe le cose? Almeno per quello che mi riguarda su di me funziona un po’ così: cerco rifugio nelle canzoni che scrivo, parlando di cose che mi turbano per esorcizzarle (come ti dicevo poco fa), ma allo stesso tempo mi sto anche rifugiando in quella canzone per evitare che quel turbamento torni a farmi visita in maniera fastidiosa. Poi lo farà sicuramente, ma il fatto di averne cantato, di averlo anche per un attimo ingabbiato in un nuovo mondo mi da l’impressione di essere più al sicuro. Solo che per fare tutto questo, inevitabilmente devi guardarti molto dentro, quindi ecco lo specchio che dicevi tu. Per me sono due concetti che vanno di pari passo''.
“Il tuffo” e “Le intermittenze” sembrano affrontare il rapporto con desideri e ricordi come se fossero entità vive. Che ruolo ha, per te, la memoria nella scrittura? ''In realtà ne “Le intermittenze” l’entità viva che parla non è nemmeno un ricordo, ma una coscienza, quindi come vedi vado anche oltre il ricordo! A parte gli scherzi, ha un ruolo molto importante la memoria, ma il fatto che i ricordi e i desideri ti diano l’idea di essere entità presenti si lega sempre al discorso di una ricerca di scrittura che consegni a questi ricordi un loro spazio immaginario dove continuare a vivere, a volte anche in modo meno nostalgico o malinconico''.