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30/07/2025
20/07/2025 MARIO GIAMMETTI
''L’atmosfera bizzarra, quella ritmica strana... insomma i Genesis!''
INTERVISTA DI MAURO PROG
Mettiamola così. Se prima di un concerto(ne) Prog (a voi la scelta del gruppo) qualche sondaggista ignaro del contesto, microfono in mano, chiedesse: “alzi la mano chi non conosce i Genesis”… susciterebbe fragorose risate e qualche fischio qua e là. “Ma questo ci prende in giro?”, verrebbe da pensare, scrivente compreso. Ed è ovvio in quanto questo nome altisonante di richiamo biblico che identifica la band rimanda al Sancta Sanctorurum del progressive rock in compagnia dei “soliti noti” (Yes, EL&P, King Crimson, Pink Floyd, VDGG, Gentle Giant, Jethro Tull).
Ebbene: scommetto che se venisse fatto lo stesso sondaggio all’interno dei fan Genesis italiani e non solo su chi è Mario Giammetti, la reazione sarebbe analoga. L’associazione Mario Giammetti-Genesis nella comunità genesisiana è ormai immediata, familiare, scontata. E non potrebbe non essere così visti i fatti: chi andiamo a intervistare è il Direttore della storica fanzine italiana Dusk, autore di una caterva di (eccellenti) libri sul gruppo di cui stiamo parlando (http://www.dusk.it/mariogiammetti/index.htm) e, udite udite, pure musicista del gruppo prog Algebra (http://www.dusk.it/algebra/) con diverse produzioni all’attivo (http://www.dusk.it/algebra/discografia.htm). Dopo ripetuti contatti legati alla rivista sopra citata (a cui sono abbonato da anni), ai nostri libri e dischi pubblicati, ho il piacere di ospitarlo sul nostro sito.
Ciao Mario e benvenuto su Music Map. Se sei d’accordo eviterei di ripercorrere le tappe di una carriera che comprende oltre mezzo secolo, almeno per tre motivi: a) richiederebbe uno spazio enciclopedico; b) diamo per scontato che chi legge ne conosce le principali tappe, ma soprattutto che c) per ogni approfondimento riguardante i Genesis può fare riferimento (anche) ai tuoi libri (ben 15! - autentiche miniere) scritti, interventi, e soprattutto alla rivista che dirigi (http://www.dusk.it/). Focalizzerei piuttosto alcuni aspetti, almeno per me, meno noti o scontati di un mondo che conosci come le tue tasche partendo da due snodi autobiografici, diversi ma presumo ugualmente determinanti per la tua professione giornalistica e di critico musicale, in particolare di massimo esperto dei Genesis, ovvero A) come origina la tua “folgorazione” per questa mitica band e B) come hai maturato l’idea di una rivista (Dusk) che è riuscita non solo a conquistare i fans ma perfino gli apprezzamenti dichiarati della band (nessuno escluso)… mica facile eh! ''Il mio primissimo incontro con i Genesis risale al luglio 1973, quando ero in vacanza a Silvi Marina (TE) e un ragazzo più grande di me mi fece ascoltare dal juke box del lido ''Watcher Of The Skies'' (avrei scoperto anni dopo che si trattava di una versione diversa, priva dell’introduzione e della conclusione strumentale). Mi colpì l’atmosfera bizzarra, quella ritmica strana che in seguito avrei riconosciuto come tipicamente inglese. Ma poi non ci pensai più: ero appena un adolescente e in quell’epoca seguivo soprattutto i cantautori italiani, anche se già apprezzavo prog band come Orme, PFM e New Trolls e naturalmente i grandi classici del periodo (Beatles, Stones, Pink Floyd, Zeppelin, Deep Purple). Trascorsi alcuni anni, mia sorella ebbe in regalo dal suo ragazzo dell’epoca una cassetta di ''And Then There Were Three'', che era appena uscito: il contenuto mi colpì immediatamente e, da quel momento, cercai di approfondire la conoscenza dei Genesis.
La fanzine nacque per puro caso. Nel febbraio 1991 mi ricoverai per alcuni giorni in un ospedale abruzzese per accertamenti sanitari e, durante le lunghe attese, tra un libro, una copia del Melody Maker e ripetuti ascolti sul walkman, mi venne questa folle idea, in realtà stimolata anche dal fatto che l’estate precedente avevo incontrato Anthony Phillips a Londra e gli avevo fatto un’intervista di un’ora. All’epoca collaboravo già da tre anni a Ciao 2001, che però riservò al primo chitarrista dei Genesis soltanto due pagine (un lusso, comunque). Pensai che fosse un peccato che nessun altro potesse leggere tutte le cose che mi aveva raccontato un personaggio di quel livello: non dimentichiamo che Internet sarebbe arrivata un lustro dopo, quindi di tante cose e informazioni, a quell’epoca, nessuno aveva contezza. Oltretutto, in quegli anni di fanzine ne esistevano tante, per il prog c’era l’ottima Paperlate, ma nessuna era dedicata esclusivamente ai Genesis, e io ritenevo (avendo già scritto nel 1988 il mio primo libro su di loro, ''Genesis Story'', edito da Gammalibri, a cui ne sarebbero seguiti tantissimi altri) che, per il valore dei loro dischi, sia in gruppo che da soli, lo meritassero ampiamente. Quindi realizzai, nel marzo 1991, un numero zero fotocopiato che pubblicizzai proprio su Ciao 2001 e mandai a casa di chiunque ne facesse richiesta in cambio semplicemente di un francobollo (allora funzionava così…). Ovviamente mai avrei pensato di poterne parlare ancora dopo quasi 35 anni, ma per me rimane una grande passione, alimentata dall’entusiasmo dei nostri lettori e dei nostri fantastici collaboratori, e che come correttamente dici è riconosciuta dagli stessi membri della band e dai rispettivi management. Credo che il motivo sia, oltre all’ammirevole costanza, dalla qualità sempre crescente a livello sia di grafica (68 pagine, stampa tipografica tutta a colori) che di contenuti, con interviste, recensioni e approfondimenti continui''.
Restando su Dusk, suppongo che non sia affatto facile portare avanti una rivista dedicata a uno specifico settore di un filone musicale non certo di massa, così come mantenere un equilibrio fra le molteplici anime dei Genesis fans, anime che non di rado si trasformano in fazioni (da “toscanaccio” le comprendo bene… eh eh eh). Un traguardo che hai saputo raggiungere seguendo la stella polare di una passione che riguarda TUTTO il gruppo (e, aggiungo, così, dovrebbe essere), non un singolo periodo e/o, peggio, la presunta “purezza” di una delle sue line-up a discapito di altre. Compito difficile quanto imprescindibile ma per fortuna la passione progressiva fa gettare il cuore oltre l’ostacolo… dico bene? ''È vero, anche tra i fan dei Genesis ci sono divisioni, le più ovvie sono quelle tra gabrieliani e collinsiani, con i primi in netta maggioranza specie in Italia. Fatti salvi gli intoccabili gusti personali, e senza negare che ci sono delle differenze tra le due fasi (io stesso prediligo la prima), gli integralismi non sono mai una cosa buona, poiché si corre il rischio di generalizzare e, di conseguenza, di non valutare le cose per quello che realmente sono e, soprattutto, di non collocarle nel giusto contesto temporale. Che con le partenze di Gabriel prima e di Hackett poi si siano perdute alcune caratteristiche dei Genesis tanto amate è verissimo, ma probabilmente sarebbe stato lo stesso anche se fossero rimasti, poiché (escludendo le ultime due reunion, che personalmente trovo inutili e anzi dannose per la loro reputazione) i Genesis hanno sempre dimostrato grande coraggio e voglia di esplorare nuovi lidi. Fin quando è stato possibile farlo in gruppo, per quanto progressivamente più ridotto numericamente, è stato un viaggio di folgorante bellezza, pur con ovvie differenze e con alcuni momenti meno brillanti. Ma, dapprima in parallelo, poi in via esclusiva, ci sono state anche tante carriere solistiche straordinarie, quante nemmeno i Beatles possono vantare. È quindi soprattutto grazie ai membri dei Genesis, insieme o separati, se Dusk esiste ancora: se non ci fosse niente di nuovo, come avremmo fatto a riempire 110 numeri? Tu che sei un fedelissimo di Dusk hai giustamente colto il nostro desiderio di dare spazio a tutti i membri della band e a tutti i loro periodi. Il patrimonio musicale lasciato da questi musicisti è incalcolabile e voglio ancora sperare che ciascuno di loro, nei rispettivi limiti (penso ad esempio alle condizioni di salute di Phil Collins), possa ancora farci sognare a lungo''.
Prima di entrare nel vivo della band non posso non chiederti qualcosa del Mario Giammetti musicista e del suo gruppo Algebra… ''Ti ringrazio per la domanda. Siamo un gruppo estremamente pigro che si prende lunghe pause, a causa dei vari impegni di tutti noi, ma anche perché (come tu mi insegni) la musica di area più o meno prog ha pochissime possibilità di essere portata dal vivo, tanto più dove viviamo noi (Benevento). Abbiamo esordito nel lontano 1983 con un 45 giri, seguito dall’album ''Storia di un iceberg'' nel 1994, poi dal concept ''JL'' nel 2009, registrato dalla formazione attuale (io a chitarra, basso e voce, Rino Pastore e Roberto Polcino alle tastiere, mia sorella Maria Giammetti al sax e Franco Ciani alla batteria) e con ospiti del calibro di Steve e John Hackett, Aldo Tagliapietra, Lino Vairetti, Graziano Romani e il compianto Goran Kuzminac. Nel 2019, infine, abbiamo pubblicato la doppia compilation ''Deconstructing Classics'', che raccoglie le tante nostre cover sparse in diversi album tributo e registrazioni inedite, tra cui demo e versioni live. In più, una sola nuova incisione, una cover de ''La cura'' di Franco Battiato dove abbiamo avuto l’onore di ospitare sia Steve Hackett (autore di un formidabile assolo di chitarra) che Anthony Phillips (12 corde e clavicembalo). Per questo brano abbiamo realizzato anche un video (https://www.youtube.com/watch?v=T8DXTXNLagw)''.
Puoi raccontarci quale aneddoto, curiosità o aspetto del carattere dei nostri “mostri sacri” del Prog che ti ha(nno) personalmente colpito? A tua libera scelta su chi, come, dove e quando (…per dirla con l’omonimo brano PFM, 1972). ''Vorrei cominciare affermando che tutti i membri dei Genesis sono brave persone. Questo può sembrare banale, e sicuramente è molto poco rock’n’roll, ma per quanto mi riguarda è un aspetto estremamente positivo che rende tutti loro amabili, forse anche un po' noiosi, ma in definitiva molto umani. In tanti anni ho avuto modo di conoscerli un po' tutti, anche se ovviamente a vari livelli.
Di Anthony Phillips e Steve Hackett mi onoro di essere un buon amico. Sono due persone splendide e con alcuni tratti in comune, ma fondamentalmente differenti. Strano a dirsi, considerando che lasciò i Genesis essenzialmente perché terrorizzato dall’idea di suonare in pubblico, ma è Anthony il più divertente di tutti: pieno di humour inglese, ma anche estremamente sensibile (basta leggere i testi di alcune sue canzoni per comprenderlo). Le cene con Ant sono il momento ludico per eccellenza di qualunque vacanza londinese! Steve è più un sognatore, totalmente immerso nella sua musica, ma anche persona gentile e sensibile, la cui personalità è peraltro oggi legata a doppio filo con quella della moglie Jo, sua ombra con cui condivide la giornata 24 ore su 24. E Steve è molto generoso nelle interviste.
Ho avuto purtroppo pochi contatti con Peter Gabriel, l’unico che non ho mai avuto il piacere di intervistare faccia a faccia (anche se ci sono andato molto vicino in un roundtable per una mezza dozzina di giornalisti, a Roma nel 2003, quando era seduto proprio di fronte a me): quando ti guarda con quegli occhi azzurri per rispondere alla tua domanda, ti fa comunque sentire in qualche modo speciale, essendo un artista che emana un carisma enorme. Ma visto da vicino è altrettanto evidente che, a dispetto della sua grande teatralità sul palco, di persona si comporta in maniera estremamente umile e timida, e tale atteggiamento appare sincero, non costruito.
Tony Banks e Mike Rutherford rappresentano ovviamente la memoria storica dei Genesis, ma pur avendo in comune chiaramente lo stesso percorso di studi alla Charterhouse hanno sviluppato le rispettive personalità in maniera abbastanza diversa. Parlando di memoria, non c’è paragone tra i due, con Tony reattivo e sempre pieno di dettagli nelle interviste, Mike molto più distratto e con ricordi il più delle volte precari e confusi. Mike è però anche quello che, spesso, ha dimostrato di essere determinante in certi passaggi della storia dei Genesis, ha un importante senso dell’organizzazione e della programmazione e anche un carattere che, talvolta, può apparire un po' aspro (vedi la risposta secca alla mia domanda, nella conferenza stampa a Londra del 2006 in cui veniva annunciata la reunion, se avessero in programma di suonare brani da ''Calling All Stations''), ma nel complesso è sempre stato gentile e disponibile. Lo stesso vale anche per Tony, anche se si rimasi un po' male quando, alla mia richiesta di inviarmi un saluto filmato per un importante anniversario di Dusk qualche anno fa, mi rispose che non aveva videocamere (ma dubito non avesse uno smartphone!). Ma come ti dicevo, nelle interviste, lunghe e piene di preziosi dettagli, non si è mai risparmiato.
Resta Phil Collins, il più pignolo, il più famoso, il più elusivo negli ultimi anni, ma anche, per certi versi, il più generoso, come mi ha dimostrato nelle occasioni in cui l’ho intervistato. La prima volta fu a Perugia (per Umbria Jazz) nel 1996: all’epoca era una grande star, ma quando varcò l’ingresso del backstage, mentre frotte di giornalisti e fotografi si avventavano verso di lui, il roadie con cui mi ero raccordato per l’intervista gli sussurrò qualcosa all’orecchio indicandomi. Allora Phil con un gesto imperioso della mano fece cenno a tutti di fermarsi e di fare silenzio e si dedicò completamente a me prima che a ogni altro. Per soli cinque minuti, d’accordo, ma fu fantastico.
La seconda volta fu a Milano nel 2004, nella prima data del suo First Final Farewell tour, dove mi concesse una bellissima intervista faccia a faccia e non solo mi dedicò tutta la sua attenzione, ma quando mi strinse la mano per congedarsi mi disse testualmente: “scusa se ti ho fatto aspettare”.
Nel 2010 lo incontrai di nuovo a Milano, dove si trovava per la promozione di ''Going Back'', prima in un roundtable, poi per un altro approfondimento a quattr’occhi di una ventina di minuti, e pure lì fu molto generoso e attento.
La mia ultima intervista con lui fu una telefonica del 2016: digitò personalmente il mio numero dalla sua casa di New York, senza nemmeno nascondere il suo, con un’umiltà sconosciuta a tante mezze calzette, italiane e non, che nella mia attività giornalistica per riviste come Ciao 2001, Rockstar, Jam e Classic Rock, ho avuto modo di intercettare passando per boriosi uffici stampa e persino falsi nomi negli alberghi! Del resto, già nel marzo 1996, quando fu annunciata la sua uscita dai Genesis, Phil si prese la briga di inviarmi personalmente via fax una lettera scritta a mano dove, con grande umiltà, diceva che “lo spirito dei Genesis è salvo nelle mani di Tony e Mike”. Insomma, a dispetto del suo status di rockstar, Phil si è dimostrato una persona molto alla mano. Le disavventure fisiche e sentimentali degli ultimi anni lo hanno, purtroppo, inevitabilmente cambiato''.
Un aspetto che mi ha sempre incuriosito ma sui cui non ho trovato granché (mia lacuna, intendiamoci) è quello dei loro rapporti artistici (incontri, collaborazioni, eventuali copresenze sul palco o in studio ecc,) con altre band storiche del Prog internazionale (italiano?)… ''Per quanto riguarda l’Italia, non ho contezza di alcuna collaborazione, a parte un paio di jam session fatte a Rimini da Phil, Steve e Peter con alcuni membri degli Osanna, che divisero il palco con loro in alcune date del tour del 1972. In quei primi anni, capitava spesso che i Genesis condividessero delle date con altre band loro contemporanee, ma di norma ciascuno faceva il proprio set e la propria vita, persino durante i famosi tour con Van Der Graaf e Lindisfarne, in cui tutti i musicisti viaggiavano nello stesso bus. Qualche anno fa ho intervistato Richard Sinclair, il quale mi ha detto che, quando suonavano entrambi a uno stesso concerto, i Caravan non ascoltavano i Genesis e i Genesis non ascoltavano i Caravan, se non in maniera distratta. In linea di massima mi pare che, al di là delle dichiarazioni di facciata in cui si sprecano i complimenti, ciascuno segua la propria strada. Farei un’eccezione per i King Crimson, venerati come divinità dai Genesis del 1969, ma per il resto c’era solo rispetto, niente di più. Tra l’altro Bill Bruford, quando lo intervistai, mi disse con poca diplomazia che considerava i Genesis nettamente inferiori sia ai King Crimson che agli Yes, e che accettò di suonare con loro nel tour del 1976 solo perché per lui era un lavoro. E si sente, devo dire: tecnicamente ineccepibile, ma stilisticamente lontano anni luce dallo spirito Genesis''.
Sappiamo che ''Calling All Stations'' (1997) sancisce la fine di un ciclo. Ultimo album di inediti (se non ricordo male) è stato accolto in modo a dir poco tiepido dalla critica ma soprattutto dai fan, fattori che hanno influito non poco sulle decisioni che Banks e Rutherford prenderanno di lì a poco. Eppure non esito a dire che lo apprezzo moltissimo, tanto che quando lo inserisco nel lettore fatico tuttora a toglierlo. Ero nelle prime file del PalaEur di Roma a pochi metri dal nuovo cantante… che mi ha convinto fin da subito (concerto bellissimo, fra l’altro). Eh già, Ray Wilson, eccellente vocalist e compositore, persona squisita, coi piedi per terra. L’ho incontrato in alcuni suoi concerti toscani (Versilia, Pisa), ho tutta la sua discografia sia come solista che con i gruppi di cui ha fatto parte (Cut, Guaranteed pure, Stiltskin); insomma cerco di non perdermi un colpo anche se Ray è parecchio che non viene in Italia (dico bene?). E scommetto che quanto detto non solo non ti sorprende ma sfonda la classica porta aperta… ''È un piacere trovare un estimatore di Ray Wilson in Italia, una merce oltremodo rara. Il nostro è un Paese tendenzialmente nostalgico e questo si palesa anche con i Genesis: era Gabriel intoccabile, era Collins commerciale, Wilson semplicemente indegno di essere considerato uno dei Genesis. Pensa che una volta a un concerto mi si è avvicinata una persona che, presentandosi, ha detto: “io sono stato abbonato a Dusk, ma poi ho smesso, perché non riuscivo a tollerare lo spazio dedicato a Ray Wilson”. Sicuramente Ray ha pagato l’inesperienza e non avrà il talento smisurato degli altri, ma ha scritto belle canzoni e se poi vogliamo metterlo in discussione come cantante, allora vale tutto. Purtroppo si è trovato al posto giusto ma nel momento sbagliato e se ''Calling All Stations'' ha sicuramente delle pecche a livello di produzione, era comunque un nuovo inizio, bisognava soltanto dar tempo alla nuova versione dei Genesis di crescere insieme. Non è stato fatto per decisione di Banks e Rutherford (e del management, secondo me). Una scelta rispettabile che comunque ha penalizzato proprio la persona che aveva meno colpe, essendo peraltro arrivata a giochi fatti (le basi del disco erano già state registrate quasi tutte e ha dovuto solo cantarci su)''.
Sognare non costa nulla e dunque svelo il mio sogno genesisiano: una reunion ufficiale (e non solo per il noto documentario) con Nic Collins, Mike Rutherford, Tony Banks, Steve Hackett, Peter Gabriel, e “papà Phil” a comporre, arrangiare e per quanto può (gli auguriamo “il mondo”!) cantare-suonare, con tanto di disco di inediti (basta remake e ristampe, che ti dirò non riescono quasi mai ad entusiasmarmi) e tour... Farneticazioni oniriche di un indomito fan o potrebbe valere il classico “mai dire mai” (nella vita come nella musica)? ''Temo che il tuo sogno sia destinato a restare tale e, in effetti, non fatico a considerarlo davvero un’utopia, specie per quel che riguarda Gabriel, che ha sempre fatto capire chiaramente di non essere disponibile a rivivere il passato. Personalmente, mi sarei accontentato di qualunque versione e combinazione: con Ray, con Phil, con nessuno dei due… Avrei voluto soprattutto rivedere Tony e Mike, unici membri fondatori sempre presenti, rimettersi a scrivere, perché hanno fatto delle cose straordinarie insieme. Invece, hanno tirato i remi in barca, dal punto di vista compositivo, a soli 48 anni, cioè oltre un quarto di secolo fa, durante il quale hanno preferito dare spazio ai rispettivi lavori individuali. Il fatto di essersi ritirati così preso lo considero, insieme ai tour all’insegna della nostalgia e del guadagno facile, il peccato più grave della carriera dei Genesis, altrimenti sempre a invidiabili livelli di eccellenza''.
Bene Mario, nel salutarti come sempre lascio a te “la penna” per rivolgerti direttamente ai nostri cybernauti, genesisiani e non... ''Sono io che ringrazio voi di Music Map per l'attenzione riservatami, e mi complimento per il servizio svolto per la diffusione della buona musica, senza paletti che non hanno ragione di esistere. Buona navigazione a tutti i vostri lettori e buona estate!''.