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30/07/2025   RESPIRO ACUSTICO
  ''Tutti gli artisti, in un modo o nell’altro, hanno 'sbagliato' qualcosa. Ma spesso è proprio in quegli errori che nasce la bellezza...''

Il titolo “Vagoni Vuoti” evoca un’immagine forte e malinconica: qual è il primo “vagone vuoto” che vi ricordate nella vostra vita, personale o musicale? Pietro: ''Ma forse il primo vagone vuoto è proprio il sogno, che spesso viene riempito dalla perseveranza, dalla costanza e dall’esperienza. Il titolo ad impatto sembra malinconico, è vero, ma in verità i vagoni vuoti si possono riempire e spesso nel vuoto si trova lo spazio per sentirsi appagati. Poi un pentagramma è sempre vuoto e si può riempire di note musicali per creare melodie da assaporare nel tempo e nello spazio''.

Nei vostri testi si avverte un’urgenza emotiva, ma anche una scrittura essenziale: quanto è difficile, oggi, dire cose profonde con parole semplici? Pietro: ''⁠Sì, è vero, è proprio un’urgenza emotiva, perché spesso scrivere una canzone è quasi un’esigenza per me e per noi. Mi piacerebbe dire che è molto difficile, in fondo è proprio la semplicità che oggi è complicata. Però i nostri testi nascono da una storia che abbraccia il passato, osservando il presente e sperando nel futuro''.

Il vostro nome richiama un suono biologico, imperfetto, reale. Oggi che tutto è spesso levigato e digitale, quanto conta per voi lasciare spazio all’“errore” e all’imperfezione nella musica? Renato: ''Per noi, lasciare un segno è fondamentale. Anche perché ci troviamo a cavallo tra due mondi: da un lato la logica, dall’altro il digitale — anzi, quel digitale che ormai è diventato “tradizionale” — e l’intelligenza artificiale che avanza sempre di più. Ecco perché per noi è importante lasciare un segno, soprattutto con le imperfezioni. Perché, diciamocelo, l’arte è fatta proprio di imperfezioni. Scultori, poeti, scrittori… tutti, in un modo o nell’altro, hanno “sbagliato” qualcosa. Ma spesso è proprio in quegli errori che nasce la bellezza. Pensa ai vecchi dischi in vinile: quante stonature, quante piccole imperfezioni. Eppure, anche quelle erano arte. Forse è proprio lì, in quell’apparente disordine, che si nasconde la vera perfezione. Oggi, con tutta questa ossessione per la perfezione, non sappiamo nemmeno più cosa sia davvero perfetto''.

Dopo tanti anni di attività, sentite di essere ancora gli stessi “Respiro Acustico” degli inizi, o è cambiato anche il vostro modo di intendere la musica insieme? Renato: ''Noi, in fondo, siamo sempre quelli di una volta. L’anima del progetto è rimasta la stessa: un respiro acustico, autentico. È vero, la musica oggi è cambiata. E anche noi abbiamo preso strade diverse, fatto le nostre scelte, maturato nuove prospettive. Forse proprio per questo oggi viviamo la musica con più amore — per la musica stessa e per noi. Prima, com’è normale, c’era anche la voglia di “arrivare”, di farsi un nome, di emergere. Oggi invece lo facciamo per il piacere di farlo, per divertirci. Poi, se da tutto questo nasce qualcosa, ben venga — anche perché, diciamolo, ce lo meritiamo. Ma se non succede, si va avanti lo stesso. E va bene così''.