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26/09/2025   LE ROSE E IL DESERTO
  ''Non c’è nulla di più bello e di più forte e coraggioso che mostrare le proprie fragilità...''

“Il tuo nome”, con il featuring prestigioso di Gnut, è il nuovo brano firmato da Luca Cassano, in arte Le Rose E Il Deserto. Una canzone molto intensa che parla di perdita e di lutto, ma senza mai perdere speranza, a dispetto della nostalgia naturale che a volte ci avvolge. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.

C’è un capodanno evocato nel testo, un momento sospeso: perché hai scelto proprio questa immagine per raccontare la mancanza? ''Attenzione: il capodanno è un momento sospeso, sì, ma anche un momento di ripartenza, un nuovo inizio, se vogliamo pensarla in termini positivi. In realtà il verso a cui fai riferimento viene fuori dal primo capodanno dopo la morte di mia mamma ed è stato un momento molto difficile per me, molto forte: ero a una festa, in mezzo a tanta gente felice che girava per la stanza con le stelline accese ed io improvvisamente mi sono come spento, il mio pensiero mi ha portato in un attimo da un’altra parte. Ho avuto bisogno di uscire in strada, camminare da solo, rimettere a posto i pensieri e il respiro. Questo episodio, queste immagini, sono rimaste sotto pelle per qualche mese, finché il testo de “Il tuo nome” non è venuto fuori''.

In un brano così personale, quanto spazio resta all’immaginazione e all’interpretazione dell’ascoltatore? ''Spero tanto. Sì, “Il tuo nome” è un brano molto personale, che affronta il tema del lutto e lo fa partendo dalla mia personale elaborazione della perdita di mia mamma. Però, purtroppo (o per fortuna) il lutto, la perdita, sono temi universali: la speranza è che parlando di me, io possa parlare a tutti quelli che, come me, hanno fatto fatica ad andare avanti, ad accettare di dover smettere di essere figli. Che poi, se ci pensi (e questa è sempre una caratteristica della mia scrittura) il tema centrale della canzone è molto nascosto dietro immagini apparentemente “innocue”: soltanto quel “Avere il coraggio di sentirmi ancora figlio anche se di nessuno” denuncia la questione''.

Il lavoro in studio al Marte Recording di Milano ha avuto un ruolo importante: quali ricordi porti di quelle sessioni? ''Sono stati giorni molto intensi: creativi e faticosi allo stesso tempo. Abbiamo passato tre intere giornate a registrare la batteria con Giosuè Consiglio, il flicorno con Raffaele Kohler e poi le mie voci e i cori di Alessandro Sicardi (Gnut ha registrato la sua voce a Napoli, mentre basso e chitarra ci piacevano già nella versione pre-produzione registrata nell’home studio di Alessandro). Con Alessandro Sicardi (con cui ho co-prodotto tutte le canzoni del disco di cui “Il tuo nome” fa parte) avevamo deciso di lasciare un “ampio” margine di libertà a Giosuè e Raffaele, dandogli delle linee guida, ma senza imbrigliarli in partiture troppo rigide. Questo ovviamente ha implicato che per ogni parte fosse necessario fare varie prove, tornare indietro, ripensare, ma questa è stata la modalità con cui io e Alessandro abbiamo portato avanti più o meno l’intera produzione del disco''.

Nella tua musica convivono delicatezza e forza: quanto conta per te mantenere questa dualità? ''Non è nulla di ricercato. Con gli anni ho imparato che non c’è nulla di più bello e di più forte e coraggioso che mostrare le proprie fragilità. La mia scrittura nasce proprio dal punto di contatto fra la ferita e la voglia di non nasconderla, il desiderio di descriverla e scriverla. Allo stesso tempo mi sono accorto che mi basta essere attento a quello che mi succede dentro, in contatto con le mie emozioni, per scrivere. La scrittura è diventata un po’ il termometro del mio livello di attenzione e presenza a me stesso: quando sono distratto, semplicemente non scrivo''.

Dalle tue raccolte poetiche ai dischi, sembra esserci una continuità di linguaggio: è così? ''In grossa parte sì: la penna, l’anima, il gusto, sono gli stessi. La scrittura poetica però mi lascia molta più libertà: non devo pensare alla metrica, alle rime, ai ritornelli, alla “semplicità” necessaria a trasmettere un messaggio attraverso un ascolto (anche, purtroppo, distratto). Quando scrivo poesie sono libero di concentrarmi sulle immagini, sul ritmo dei versi, sul suono delle parole. Negli anni ho scoperto che è proprio nella poesia, più che nella forma canzone, che la mia scrittura trova il suo sfogo più spontaneo''.

Dopo questo singolo, quali passi ti immagini per il prosieguo del progetto? ''Nel breve ci sarà l’uscita del disco da cui “Il tuo nome” è estratto (23 ottobre) e l’uscita di una raccolta di poesie intitolata “Nodo antico” per la collana Porto sepolto di peQuod (prima settimana di novembre). Per il resto: ci si vede in giro per ascoltare dal vivo le canzoni''.