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18/11/2025
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''Potrebbe esserci una rinascita, o comunque una trasformazione. D’altronde, a me piace continuare a cambiare…''

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''Facciamo dischi sapendo che potrebbero perdersi nel rumore, ma è proprio questo che ci spinge a creare...''

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18/11/2025   LOSTE
  ''Potrebbe esserci una rinascita, o comunque una trasformazione. D’altronde, a me piace continuare a cambiare…''

E' socialmente utile un disco che sa di college americani, sa di punk, di feste e dissoluzioni adolescenziali. Sa di tutto quel che ispirano certi ingredienti che devono esserci e che voglio ritrovare se qualcuno mi presenta un disco con l’effige del punk. E lui, Stefano Morandini detto LOSTE, di punk se ne intende e non poco vista la sua biografia che non possiamo ignorare e tantomeno tener lontana dalle aspettative. Dai PornoRiviste ai Collettivo01. Serve altro? “Postumi” è un disco punk che personalmente però sento più pop e l’avrei voluto decisamente più irriverente. Invece risolve spesso in accomodanti soluzioni melodiche, tanto rock compatto ai bordi e arrangiamenti gustosi. Mi manca la ruggine, le melodie spigolose… mi mancano le unghie sporche e i veri “postumi” del dopo concerto. Ma che sia un bel disco non possiamo evitarlo di sottolineare… sia chiaro eh!!! Però occhio puristi del genere: occhio a tener a bada le aspettative…

C’è una tensione costante tra il bisogno di gridare e quello di restare in silenzio. Come si trova l’equilibrio tra la rabbia e la vulnerabilità in un disco come questo? ''Con la musica. La musica è ed è stato proprio il collante tra queste due esigenze''.

“Postumi” è un titolo che sembra chiudere un ciclo. Cosa immagini possa nascere dopo? C’è già un’idea di “rinascita” dietro questo disco? ''In realtà in questi giorni, sembra incredibile, ma ho riniziato a scrivere per un eventualissimo secondo disco. E sì, potrebbe esserci una rinascita, o comunque una trasformazione. D’altronde, a me piace continuare a cambiare…''.

Eppure ci sono momenti di tenerezza dentro questo lungo ascolto… sono pause, parentesi, momenti di fiato corto? ''Ah sì? E dov’è la tenerezza? Scherzi a parte, sì. Ci sono accenni anche a dei momenti sereni del periodo raccontato. Pochi, un po’ distorti, ma sereni. Come ad esempio la citazione al gatto che mi recuperava in strada quando ero ubriaco…''.

La reinterpretazione di “Figlio di un cane” di Ligabue è una scelta sorprendente. Perché proprio quella canzone? ''In realtà io fin da molto piccolo ho sempre ascoltato Ligabue, così come i Litfiba (di cui sono super fan), Timoria, insomma quella scena rock italiana anni novanta. Poi mi sono spostato sul punk, ma credo che certe tematiche e denunce sociali venissero affrontate anche meglio da quelle band rispetto alle scene successive. Durante i miei Postumi avevo voglia di tornare a riscoprire anche le mie origini musicali e mi misi a ri-ascoltare un po’ tutte le discografie di questi artisti, finché un po’ per caso anche, sono incappato in questa canzone di Ligabue che mi ero TOTALMENTE DIMENTICATO. E ho detto: “ma cavolo, peccato, perché in realtà questa canzone è molto punk ed è molto da Loste!”. Rifacciamola e speriamo che il Liga non si offenda! E se si offenderà pace, la rifarò lo stesso!''.

L’uso di strumenti originali degli anni ’80 dà al disco un sapore nostalgico ma allo stesso tempo modernissimo. Era un omaggio o una ricerca di autenticità sonora? ''No, fa parte di scelte ben ponderate dal mio produttore Antonio Aki Chindamo che ha voluto accentuare i contrasti del disco non solo con “generi” musicali diversi, ma fondendo appunto suoni vintage con suoni nuovi''.