Sono presenti 1440 interviste.
22/11/2025
22/11/2025 CALGOLLA
''Un invito ad abbracciare il cambiamento, non ad averne paura...
''Iter'', l’ultimo concept album di Calgolla, è un viaggio sonoro intenso e stratificato all’interno delle contraddizioni della condizione umana contemporanea. Con un linguaggio musicale che combina alt rock, post-rock, post-punk, spoken word e incursioni nella performance art, il gruppo costruisce un’opera complessa che sfugge a ogni definizione semplice.
Nove tracce che attraversano lingue, stili e stati d’animo diversi, come tappe di un percorso iniziatico che riflette la precarietà della vita moderna. Un album che si rifiuta di offrire risposte, ma invita all’immersione, all'abbandono e alla trasformazione attraverso l’ascolto.
Abbiamo incontrato Calgolla e con lui siamo scesi nell’abisso di ''Iter''.
Il nome “Iter” – che in latino significa “viaggio” – racchiude l’anima concettuale dell’album. Qual è il vostro personale rapporto con questo concetto di viaggio, sia fisico che interiore? ''Beh, la vita é un viaggio, di per sé, che non si conclude mai secondo noi, ed é possibile dividere questo viaggio in tante piccole tappe. Il disco contiene in qualche modo una di queste tappe, ovvero cosa significa andare a vivere all'estero, dalle prime sensazioni fino al lento adattarsi alla nuova realtá, e in questo spostarsi e cambiare prospettiva (sia esteriormente, sia interiormente) sta il senso del nostro "Iter". È come un invito ad abbracciare il cambiamento, non ad averne paura, ed allo stesso tempo provare ad accettare anche tutto ciò che non cambia, anche ciò che non ci piace''.
Quanto c’è di autobiografico in “Iter”? O è più una visione collettiva della condizione umana? ''Tutto. In fondo si può raccontare solo ciò che si conosce. Anche quando i testi sembrano astratti o impersonali, in realtà nascono da uno sguardo preciso sul mondo, modellato dal nostro vissuto. Oggi si privilegia sempre di più la narrativa a scapito della poesia, e le strutture lineari dominano anche nei social network — penso al tipico reel costruito come una micro-storia, con il testo in sovraimpressione che ribadisce ciò che viene detto. Uno degli obiettivi di questo progetto è invece restituire alla realtà una forma poetica: un linguaggio simbolico e metaforico che invita ciascuno a generare il proprio significato. Non che la narrativa ne sia incapace, ma quella contemporanea tende spesso a essere polarizzata…''.
Il vostro sound fonde alt-rock, post-rock, spoken word e persino performance art. Come nasce una traccia di Calgolla, da dove partite? ''Il progetto é nato come progetto solista (bedroom producer si direbbe oggi) da alcune bozze musicali da me (Emanuele) accumulate negli anni, su garage band. A queste bozze venivano poi aggiunti dei testi scritti su dei libricini sparsi, poi diventate poesie pubblicate (Spore, edito da Coazinzola Press). Questo workflow é stato la base fondante del progetto, che si é ripetuta anche per Iter. A differenza del primo album, peró, ai musicisti coinvolti é stato chiesto di entrare anche in studio (il primo disco era stato registrato tutto da Emanuele) e di aggiungere il proprio tocco alle composizioni. Per il prossimo disco prevediamo un coinvolgimento totale della band, anche in fase di composizione. Sia i generi musicali sia i diversi linguaggi che vengono miscelati riflettono il percorso di Calgolla, che vuole essere pensato come contenitore che si adatta al contenuto e non come un format non modificabile''.
Cosa ha influenzato di più la palette sonora di “Iter”? Ci sono ascolti, artisti o esperienze che vi hanno guidato? ''Questo sicuramente, e se il primo disco é stato piú influenzato dagli ascolti italiani di quel periodo (C.S.I., Battiato, Massimo Volume, Il teatro degli Orrori, Marlene Kuntz, Iosonouncane) dentro il nuovo disco c'è un'atmosfera un po' piú internazionale (Slint, Mogwai, Slint, Blonde Readhead, Squid, black midi, Goodspeed You! Black Emperor, Uzeda, Protomartyr): a proposito, gli Uzeda sono italianissimi anche se non sembra. Siamo poco influenzati da ascolti mainstream, ma ci piacciono le perle nascoste. In ogni caso, pur sapendo che la nostra palette sonora é fortemente influenzata da un´estetica demodé al giorno d´oggi, abbiamo tentato di costruire una nostra identitá sonora e di non fermarci al "revival anni 90". Inoltre, per noi ogni disco é come una nuova avventura e proviamo a non ripeterci da un disco all'altro''.
Il disco è fortemente visivo e cinematografico. Avete mai pensato a una versione live con visual, installazioni o performance? ''Lo facciamo già: i nostri live sono spesso accompagnati da visual, installazioni e talvolta performance. Con il collettivo Viaticus abbiamo portato in varie città europee una performance multimediale: su proiezioni video improvvisavamo una soundtrack dal vivo, interagendo con un performer che recitava e utilizzava il corpo come linguaggio''.