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09/12/2025
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''Se Peter Gabriel ci chiamasse, ci immagineremmo come una piccola cellula timbrica dentro il suo universo sonoro...''

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09/12/2025   FILIPPO MACCHIARELLI & MICHELANGELO BRANDIMARTE
  ''Se Peter Gabriel ci chiamasse, ci immagineremmo come una piccola cellula timbrica dentro il suo universo sonoro...''

Partiamo dal mito: quanto c’è di Peter Gabriel nella vostra musica? È una presenza “spirituale” in studio o una vera e propria guida estetica? ''La musica di Peter Gabriel rappresenta una radice profonda del nostro percorso artistico. Pur essendo fondamentalmente due jazzisti, siamo cresciuti a pane e progressive rock! La ricerca estetica e la dimensione spirituale sono due elementi centrali nell’arte di Gabriel, aspetti che ci hanno sempre affascinato: dai richiami junghiani dei suoi testi alle tematiche sociali, fino alla continua sperimentazione sonora e visiva. Non volevamo realizzare un semplice omaggio, ma immergerci nella sua musica e riproporla da una prospettiva nuova, con un organico strumentale inusuale: due bassi elettrici''.

Quando lavoravate a ''Mozo'', c’è stato un momento in cui avete pensato: “Ok, questo vibe è super-Gabriel, lasciamolo così” oppure cercavate volutamente di allontanarvene? ''L’idea di utilizzare due bassi e l’elettronica ci ha portati fin da subito a prendere le distanze dal sound originale dei brani di Gabriel, per arrivare a una visione molto più personale. Lavorare con due strumenti solitamente impiegati in ruoli di accompagnamento ci ha permesso di sperimentare un approccio più orchestrale, anche grazie all’integrazione di pedali analogici molto variegati''.

Se poteste far ascoltare ''Mozo'' a Peter Gabriel seduti a un tavolo con lui, quale brano gli fareste sentire per primo e perché? ''Senza dubbio ''Family Snapshot''. È stato il primo brano che abbiamo registrato, quello che ci ha realmente aperto le porte alle possibilità timbriche e sonore che potevamo esplorare. All’inizio non avevamo idea di quale sarebbe stato il risultato di una collaborazione così inusuale, anche perché due bassi elettrici non sono strumenti semplici da orchestrare insieme. Questo pezzo, più di tutti, ha definito la direzione sonora dell’intero disco''.

A livello di produzione e arrangiamento, Gabriel è famoso per l’attenzione maniacale ai dettagli. Vi siete ritrovati a seguire un po’ quella filosofia, o il vostro approccio è stato più spontaneo e istintivo? ''Avendo a disposizione lo studio di Michelangelo, il mitico Studio Brandimarte, abbiamo affrontato ogni brano in modo molto istintivo. In pratica non c’era nulla di realmente preparato o scritto, se non alcune idee di base: tutto il resto è nato in modo spontaneo e improvvisato direttamente in studio. Partivamo dall’intelaiatura dei pezzi, dalle parti strumentali e dalla linea vocale; una volta definita la struttura, ci siamo dedicati a scolpire suoni e colori specifici per ciascun brano, sperimentando con l’elettronica o con qualsiasi intuizione ci venisse in mente. Successivamente ci siamo dedicati ad una cura al dettaglio di ogni sfumatura timbrica di ogni brano, con un approccio molto meticoloso''.

Nei vostri ascolti personali, qual è il disco di Peter Gabriel che ha lasciato il segno più forte e come pensate che abbia influenzato alcune scelte di ''Mozo''? ''Sicuramente l’album ''Security'', per aver tracciato la strada della world music nel suo mix tra innovazione tecnologica e sonorità legate alla musica africana. A questo si aggiunge l’album ''New Blood'', con i suoi straordinari arrangiamenti orchestrali. In modo forse inconscio, da un lato la visione orchestrale e l’approccio agli arrangiamenti, e dall’altro l’uso dell’elettronica, hanno contribuito a delineare la nostra idea del disco''.

Se Peter Gabriel vi chiamasse domani per una collaborazione, che ruolo vi immaginereste nel suo mondo musicale e che tipo di brano vi piacerebbe costruire insieme? ''Se Peter Gabriel ci chiamasse, ci immagineremmo come una piccola cellula timbrica dentro il suo universo sonoro, capace di ampliare e sporcare i confini del suo linguaggio. Porteremmo l’idea dei due bassi come un unico strumento orchestrale, generatore di ambienti, pulsazioni e profondità narrative. Lavoreremmo su quel confine fragile tra acustico ed elettronico, dove il suono si trasforma in tempo reale: due bassi filtrati e intrecciati con elettronica analogica, come un organismo vivo in continua evoluzione. Il brano ideale avrebbe l’architettura emotiva di ''Family Snapshot'': un crescendo lento, dall’intimità del dettaglio alla deflagrazione emotiva. Un viaggio psicologico in cui fragilità, inquietudine e umanità si fondono, tra parola, vibrazione e ombra, per raccontare ancora una volta le crepe e le luci dell’essere umano''.