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11/12/2025
11/12/2025 FATTORE RURALE
''Non abbiamo avuto bisogno di decidere, la vita ha deciso per noi...''
Il titolo dell’album, “Emilia Cowboy”, suggerisce un dualismo affascinante: il country-folk americano, che è una vostra radice, si incontra con la “verità distorta delle campagne piacentine”. Come avete bilanciato queste due anime, e in che modo l'Emilia diventa il selvaggio West per le storie che raccontate? ''Viviamo in una terra di confine, nella parte più ad ovest dell'Emilia, tra fiumi che portano lacrime e i grandi spazi desolati. Terre divorate lentamente dal progresso selvaggio e da sogni infranti. L'Emilia è come il vecchio west; non abbiamo avuto bisogno di decidere, la vita ha deciso per noi''.
Al centro di “Emilia Cowboy” c'è il tema dell’eterno ritorno e il motto “Morte Amore Desolazione”. In che modo questa filosofia, che suggerisce la ripetizione infinita di ogni momento, ha influenzato la scrittura dei brani e la visione generale dell'esistenza che permea il disco? ''Influenza le nostre vite, non solo la nostra musica. Viviamo fino all'ultimo respiro con la consapevolezza che ogni momento lo rivivremo in eterno, gioie e dolori. Questo ci da la consapevolezza che ogni istante è prezioso''.
L'album esplora il dualismo tra bene e male, cercando un punto in cui i due sentimenti si fondono per accettare la complessità della natura umana. Qual è il rischio maggiore, secondo voi, nel voler nascondere o negare questa dualità, e in quali brani della tracklist (come “La stagione del veleno” o “Codardo”) questo scontro interiore è più evidente? ''Il rischio maggiore è quello di non vivere, pensando di non essere in gabbia e di sentirti libero, ma in realtà sei in una voliera... Una gabbia più grande. Nessun brano specifico porta il peso dello scontro ma lo fa tutto l'album''.
Avete dichiarato che volete "entrare dentro le persone, senza lasciare spazio alle menzogne". Ascoltando la vostra musica, che ha influenze da artisti come Johnny Cash e Bruce Springsteen, si percepisce un forte senso di autenticità. Ritenete che il rock folk e la vostra interpretazione cruda siano il veicolo più efficace per custodire le "urla" e le debolezze dell’essere umano? ''Non lo so’... Forse no... Credo però che le nostre canzoni aiutino a guardarsi dentro''.
Avete due singoli estratti che sono anche titoli di brani: “Revolver” e “Codardo”. Se doveste accoppiare queste due canzoni – la forza di un'arma contro la fragilità di un sentimento – quali sono i due aspetti della condizione umana che raccontano insieme? ''Amore e consapevolezza''.
Dopo aver lavorato su dischi come “Lividi” e “Raccolgo la notte”, cosa rappresenta "Emilia Cowboy" in termini di evoluzione per i Fattore Rurale, sia a livello di produzione artistica (Marco Costa) che di arrangiamenti (Riccardo Polledri)? C’è stata una ricerca sonora specifica o questo è l'album in cui vi siete sentiti più liberi di essere semplicemente voi stessi? ''Volevo ringraziarti, perché sono state domande non banali e stimolanti, grazie davvero. Questo album è molto importante perché ci riporta all'origine di quello che siamo. Siamo persone semplici che scrivono canzoni, niente di più e niente di meno. EMILIA COWBOY è un album di cuore, scritto con il sangue''.