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23/12/2025
DON JIO
''Arrivare a trovare dentro di te la forza per affrontare la tua debolezza...''

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''Custodire il mio vissuto con maggiore delicatezza, e concedermi il tempo necessario per ascoltarlo e comprenderne il significato...''

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23/12/2025   DON JIO
  ''Arrivare a trovare dentro di te la forza per affrontare la tua debolezza...''

ll tema centrale dell'album è la Way Out (via d’uscita), intesa come ricerca di libertà e autenticità. Il brano, omonimo, è dedicato in particolare alle persone queer che si sentono diverse in piccole città. Quanto è stato difficile per lei trovare questa via d'uscita e quanto è importante che la sua musica diventi un rifugio o un incoraggiamento per la sua community? ''Ci tenevo, con questa canzone, a schierarmi dalla parte delle persone che, per qualche loro caratteristica personale, non comune nel luogo in cui vivono, fanno fatica ad essere sereni. Secondo me la serenità è molto importante: abbiamo tutti dei problemi passeggeri da risolvere, delle cose più grandi di noi, dei problemi familiari, economici, di ricerca di lavoro, di problemi pratici, e dobbiamo affrontarli. Però che le altre persone ti facciano sentire inadeguato, non abbiano l’empatia di volerti fare stare a tuo agio, che qualcuno si permetta di renderti difficile la vita per qualche tua caratteristica fisica, una tua diversità, una cosa di cui non hai nessuna colpa, io non lo accetto. Oggi si parla di bullismo; venti, trent’anni fa le offese erano più banali, in ogni caso c’era un’avversione che non era assolutamente tutelata, una difficoltà. Ovviamente parliamo anche delle categorie omosessuali: la storia ci insegna quanto siano state combattute e criticate, oggi giorno molto meno. Io vivo a Berlino: l’orientamento sessuale è l’ultimo dei problemi, come ti chiami, che orientamento sessuale hai, non importa niente a nessuno, è molto liberante vivere in una società così moderna e variegata. In Italia le cose sono ancora diverse. Quindi sì, volevo dedicare questo brano dando speranza all’ascoltatore queer, o a un diverso, facendogli capire che in realtà uscendo dalla piccola città o da quel contesto limitante, magari pure in una grande città ma in un paese dalle visioni limitate, non deve essere per forza un piccolo paese. Volevo far capire che andandosene per cercare il luogo dove essere te stesso, per non dover vivere una bugia, è possibile. Infatti, nel video Don Jio trova il coraggio o l’esigenza di prendere questo treno per andarsene, e appena monta sul treno la sua vita si trasforma a colori da bianco e nero. Volevo dare speranza e quindi comprensione: a volte basta non sentirsi da soli nel proprio problema, quindi ho voluto cantarlo ufficialmente in una canzone per poter arrivare a tutti. Nella canzone suggerisco anche comunque di avere pazienza, che non è semplicemente un luogo il paradiso in terra; è prendere decisioni e capire un proprio percorso da seguire, e in qualche modo arrivare a trovare dentro di te la forza per affrontare la tua debolezza''.

Molte canzoni nascono da episodi di vita molto intimi e dolorosi, come la crisi di coppia, ''Truth'', o la tragica perdita dei suoi gatti e dell'appartamento nell'incendio, ''Treasure Down the Ocean''. Come gestisce il processo di trasformare un dolore così crudo in un'opera d'arte? E in che modo la musica l'ha aiutata, in quei momenti, a sanare le ferite? ''Qui posso dire qualcosa di inaspettato. Quando mi sono successe delle cose veramente brutte, come quella dell’incendio e della perdita dei gatti, in realtà mi sono tenuto lontano dal pianoforte. Ricordo che c’è stato un altro episodio traumatico di cui ancora preferisco non parlare, in cui ho preso il microfono e l’ho inscatolato, perché avendo provato a cantare, suonare, qualsiasi cosa anche non mia, l’emozione era troppo forte: stavo male, ero troppo sensibile. Quindi non posso dire che la mia musica mi abbia aiutato nei momenti difficili. Sottolineo ''la mia musica'': creare, suonare, cantare era troppo commovente, era troppo doloroso. In realtà non cercavo uno sfogo, cercavo di assorbire queste lacrime, non cercavo di sfogarlo ulteriormente, quindi sono stato lontano dalla musica in quei momenti. C’è stata però una tipologia di musica che mi ha aiutato, che è la musica… devo capire che genere è… comunque sto parlando di autori, di cantanti come Snatam Kaur, ecco leggo che si definisce musica devozionale, musica spirituale. Praticamente sono dei mantra ripetuti, delle melodie lente, rilassanti, che hanno veramente aiutato, mi hanno curato. Un’altra autrice, artista, si chiama Deva Premal: mi sono fatto curare dalla musica. C’era stato qualcuno che mi aveva consigliato di ascoltare Tina Turner, che aveva avuto dei momenti molto difficili nella sua vita e negli ultimi anni anche lei si era dedicata a questo genere di musica, per curare lo spirito. Tina ha collaborato con artisti di tutto il mondo, ci sono delle musiche bellissime. Quindi voglio solo dire che sì, con la musica mi sono curato, ma non con la mia, perché era troppo forte l’emozione che mi dava. Quando mi sono calmato, dai miei forti periodi di crisi, ho dedicato i testi a delle mie canzoni che già erano mezze scritte e quindi, ovviamente modificando anche la musica, ho trasformato l’energia già sanata del mio dolore in qualcosa di artistico che ovviamente aveva una forza emotiva fortissima''.

In ''Who We Are'' racconta di essersi svegliato apposta per registrare una melodia sognata, per paura di dimenticarla. Potrebbe descriverci quel momento e come è stato ricreare fedelmente quel suono nel brano finale? La sua musica nasce spesso da impulsi così spontanei, dal nulla? ''Annuncio ufficiale: mi è successo di nuovo tre giorni fa. Stavo facendo un pisolino pomeridiano ed ero in una specie di cortile interno di un palazzo e c’era un ragazzo, una ragazza, si parlava di qualcosa che comunque ricordo, e a un certo punto ho sentito una canzone. E ho detto: “che bella questa canzone” e mi sono avvicinato al mio telefonino nel sogno per vedere questa canzone di chi era e ricordo che era su Spotify, era di un artista, quindi non era mia. Nei miei sogni c’è spesso una lucidità, certo non sai qual è il confine con la realtà. Guardando il telefonino nel sogno ho detto: “ah ok, interessante questo artista”. Dopo di che continuava il sogno, c’era ancora questa canzone che non spariva, e me la godevo, e dicevo quanto mi piaceva. A un certo punto mi sono svegliato e mi sono reso conto che di nuovo mi ero sognato una canzone che non esisteva! Era mia! Me la stavo inventando! Ho preso il telefonino e l’ho registrata: strofa, ritornello, e mi sono subito messo al pianoforte per cominciare a buttar giù gli accordi, per essere fedele al sogno. E quindi ho un paio di registrazioni di spunto, che appena ci sarà l’occasione svilupperò e diventerà una canzone bomba. È la terza o quarta volta che mi succede ed è bellissimo perché veramente è un dono da un’altra dimensione. Chissà quante cose non riusciamo a spiegarci, ma esistono. Avendo vissuto delle situazioni estreme nella mia vita, credo di poter aver aperto altri canali percettivi, un altro senso... Comunque sì, questa è una di quelle situazioni che descrivono un po’ il mio mondo immaginario, in cui vivo la maggior parte delle mie giornate. In ''Who We Are'' era successa la stessa cosa: ho anche la registrazione di quel momento sul desktop, l’ho trovata negli archivi. E per fortuna sono riuscito a registrarla, perché ormai abbiamo sempre il telefonino anche sotto il cuscino quando dormiamo, perché se non la registri dopo un quarto d’ora te la sei dimenticata. Già Vasco Rossi in “Una canzone per te” diceva: “Ma le canzoni son come i fiori, Nascon da sole sono come i sogni. E a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono, e non si ricordano più”. Quindi io e Vasco stiamo parlando della stessa cosa. Non so se l’ho mai detto nelle varie interviste che sono cresciuto ascoltando Vasco Rossi, Vasco e Madonna. Scusate l’associazione bizzarra ma è la verità. Io sono proprio cresciuto così :)''.

L'album mostra un equilibrio tra raggiamenti minimali di pianoforte e archi, come in ''All I Wanna Do'', e brani più dinamici e funky, ''Breathless''. Come ha trovato l'armonia tra questi due mondi sonori e quali strumenti o generi ritiene che definiscano la vera firma di Don Jio nel suo prosetto solista? ''C’è da dire che tutte le mie canzoni partono dal pianoforte quando le scrivo, quindi in realtà potrebbero essere tutte in versione pianovoce, con aggiunta di archi per portarla su un altro livello. È un po’ quello che faccio da sempre in realtà, perché mi sono sempre cimentato a interpretare a modo mio le canzoni di chiunque: non dico neanche i miei cantanti preferiti, che è ovvio, ma mi piacciono alcune canzoni di chiunque. Mi sono sempre messo su internet, scaricati gli accordi per chitarra in un minuto, stampato la pagina e seduto al pianoforte: è uno dei mie passatempi preferiti. Ho un mio metodo per suonare il pianoforte guardando il semplice accordo di chitarra, e sentire come viene, non sempre rende, ma a volte per me il risultato con la mia voce è magico. Quello è proprio il mio modo di esibirmi e di intrattenere, piano e voce. Allo stesso modo tutte le mie canzoni nascono da questa combinazione. Certe volte ho semplicemente, senza un piano preciso, continuato ad aggiungere ritmiche o melodie di altri strumenti, intrecci. Dopo aver creato lo scheletro di una canzone, quindi melodie della voce e accordi e giri di pianoforte, da lì può succedere di tutto. Mi sento come un pittore con una tela bianca davanti, magari un pittore astratto, e quindi veramente la canzone può prendere qualsiasi direzione. Può essere anche che dopo tre giorni aggiungo dei violini per dare una profondità o qualche magia e dopodiché tolgo qualche altro suono che avevo messo il giorno prima. Arrivo a un certo punto in cui dico: “ok, la canzone è così, è lei, questa è la sua identità”. È come quando si provano vari outfit per uscire, magari per un avvenimento importante, e si decide: “ok oggi mi sento così, oggi mi vesto così, oggi sono a mio agio così”. Lo stesso mi capita con la canzone: ok, la canzone è così. Certe volte è successo che mi fermavo ai violini, agli archi e al pianoforte, oppure tornavo agli archi e al pianoforte, siccome mi piace quella dimensione elegante, spesso sono rimasto lì. Mi piacerebbe, tra le tante cose che voglio fare, creare un piccolo live con un pianoforte e un arco, anche due archi volendo, anche due pianoforti e due archi, e io. Quindi sì, dovendo scegliere la mia essenza è quella, però tutte le mie canzoni cominciano così''.

Dopo l'esperienza con i Lunatiq Phase, questo è il suo primo album completamente solista, dove ogni suono, ogni scelta, ogni idea è sua. Cosa ha significato a livello personale e artistico questo passaggio alla totale autonomia e come ha influenzato la profondità e l'intimità dei testi? ''Sono soddisfatto di me stesso perché era un obiettivo più grande di me: mettermi virtualmente nella testa di ogni musicista, avere ogni punto di vista e costruire tutta questa orchestrazione semplicemente per accompagnare me stesso. Quindi ho creato tutto questo palcoscenico per recitare il mio monologo. Era nato dall’esigenza, perché verso la fine io e Dariush dei Lunatiq Phase eravamo ancora una band ma eravamo cresciuti diversamente, quindi ci piaceva fare cose diverse. All’epoca come oggi non mi piaceva assolutamente fare la musica che non volevo, dovevo riconoscermi totalmente nelle cose che faccio. Anche cantare una cover di una canzone che non mi piace non lo faccio, anche se potrebbe essere la cover che piace a tutti, sono abbastanza ribelle, come tanti, suppongo. Quindi mi sono messo a fare le canzoni a mia misura, e all’inizio era più difficile riuscire ad arrivare al prodotto di quello che volevo; poi con la pratica si è creato il mio genere, il mio modo di fare, il mio metodo e adesso le mie canzoni vengono più velocemente. Comunque è una grande soddisfazione far tutto da soli, non che dico che debba essere il futuro, perché non vedo l’ora di collaborare con musicisti che sicuramente fanno un’armonia o un giro di chitarra più furbo di quello che mi inventerei io, che non sono chitarrista. Per ora è quello che volevo fare, un progetto ambizioso, sono soddisfatto. Mi chiedi dei testi, i testi erano profondi anche all’epoca dei Lunatiq Phase, a volte talmente profondi che non si capisce di cosa parlo :) Lo so solo io. Perché comunque negli anni ho imparato che bisogna anche arrivare, e non solo esprimersi. Anche perché ai tempi andavo a farmi il mese di vacanza estivo per imparare l’inglese, ma comunque ero un veneziano. Ricordo che finivo di scrivere i testi delle canzoni all’ultimo, guidando la macchina andando in studio di registrazione, arrivavo là e boom cantavo. Ora sono molto pensati, come la pronuncia approfondita. Avrei avuto bisogno di un qualche supporto, ma nessuno ci aiutava o ci svegliava, era veramente una scalata. Però anche all’epoca l’album l’avevo comunque fatto, l’album “LP” ci ha rappresentato pienamente, quindi ero soddisfatto allora relativamente alla mia età e alla mia esperienza, come sono soddisfatto adesso''.

Per canzoni nate come tracce dance, come ''Can't Really Love You'', ha scelto di inserire nell'album la versione più intima, pianoforte e violini. C'è un desiderio specifico di dare priorità all'emozione pura, spogliata di elementi accessori rispetto alla ritmicità? ''Non è tanto la questione del ritmo, perché ci sono anche canzoni di musica elettronica che sono puro groove, con questa melodia che si intreccia... nel nulla, che mi hanno sempre colpito. Però io non sono bravo a fare le groove, non sono un drummer, non sono un tecnico, quindi ho dei limiti nel crearle. Dovrei collaborare, insomma, come collaboravo con Dariush, come potrei collaborare con tante altre persone, non bisogna per forza saper fare tutto. Però trovandomi da solo, i miei punti forti di espressione erano altri, avendo cantato per anni in cori di musica classica, nel mio cervello c’era l’orchestra, c’erano i cori, ci sono tante voci sobvrapposte nelle mie canzoni, fateci caso :) ''.

Ha realizzato tutti i videoclip dell'album da solo, firmandoli e montandoli con il suo iPhone 11 Pro. Questa scelta artigianale è nata per necessità o è parte di una visione artistica di mantenere il controllo totale sulla componente visiva, che ritiene fondamentale al giorno d’oggi? ''In realtà, due o tre anni fa, ho avuto una persona specializzata che mi ha istruito spiegandomi un po’ cosa dovevo fare per essere un musicista indipendente. perché se sei sotto una label in teoria pensano a tutto loro, in teoria! Facendo da solo mi sono dovuto dedicare prestare a varie discipline. Mi ha detto di avere un video per forza, e quindi sono andato a fare un workshop di tre ore in un’associazione per musicisti indipendenti di Berlino. L’insegnante ci diceva di recuperare un’iPhone 11 Pro, la camera da quel modello in poi era buona a sufficienza. Quindi mi sono comprato il primo iPhone per fare il video in 4K, e mi ci sono cimentato. Prima avevo assunto un videomaker conosciuto in un club notturno, che è sparito con i miei soldi dopo una sessione di riprese ;) Poi mi sono affidato a un altro che ha fatto le riprese che volevo, però aveva poco tempo a disposizione perché lavorava e faceva le sue cose. Per fare in fretta mi sono ritrovato, dopo un solo giorno di spiegazioni, davanti al programma Premiere, ed essendo poco diverso da un programma per fare musica, ho cominciato a sbatterci la testa e a mettere su il video. Era il video “Seek the Thrill”, girato a Barcellona. E poi mancavano delle riprese, quindi uscivo all’alba per le strade perché dovevo riprendere la città senza persone... Fare il video era un po’ una necessità, ma vedendo il risultato uno si appassiona, anche perchè su YouTube rimarrai per sempre! Il video successivo è stato “The Way I Feel”, girato nel deserto. Un mio amico mi ha fatto un paio di riprese e dopo mezza’ ora è scappato perché stava bruciando. Io mi sono ritrovato da solo con la camera, ho contonuato a girare e quindi è stato un forte momento di introspezione. Tu, la natura e l’obiettivo. Quindi mi sono veramente appassionato al processo creativo. È nata come necessità, non per forza di dover gestire tutto in autonomia, perché se qualcuno mi avesse fatto un bel video con una bella telecamera, un bello studio o qualcosa, con truccatore e stylist, e stuntman, non è che mi avrebbe dato fastidio. In realtà ho fatto i video con i mezzi che avevo, in posti a cui tenevo, però avrei potuto fare anche di più con altri mezzi. Gli ultimi due video, ''All I Wanna Do'' e ''Way Out'', sono stati pensati, non avrei voluto di meglio. Quindi sono anche maturato come video maker e uso tuttora lo stesso iPhone 11 Pro. Ne ho due uguali, in caso me lo rubino viaggiando ;)''.

Lei ha espresso il desiderio di tornare a fare il cantante, suonare dal vivo con una band e collaborare, trascorrendo meno tempo al computer. Dopo aver completato un progetto così vasto, interamente in autonomia, cosa rappresenta per lei questo desiderio di ritornare alla dimensione della performance e dello scambio con altri musicisti? ''Giorni fa mi è venuta l’idea di provare a sentire come veniva una mia canzone con la chitarra, perché la chitarra nelle mia canzoni quasi non c’è. In realtà l’idea era imparare a suonare le mie canzoni con la chitarra, e invece l’ultima idea è stata: aspetta un attimo, che canto solamente e un chitarrista suona per me. È stato bellissimo: dopo tutti questi anni di tutto fare, mi sono sentito veramente un cantante, ho sentito la mia voce che usciva libera, e me la sono goduta. Ok, uno canta anche nello studio di registrazione, ma devi stare attento a come registri, canti mentre suoni il pianoforte, ma devi stare attento a come suoni perché se ti distrai un attimo o le note o le parole te le dimentichi. Fare solamente il cantante, concentrarmi su quello, è arrivato il momento. Ho preparato tutto, tutta la struttura, sarò ancora impegnato con l’organizzazione di questa promozione post release, e poi voglio cantare: sono un cantante, ho fatto di tutto nel mentre, ma sono un cantante. E poi, lo scambio con altri musicisti, che mettono un po’ della loro magia alle mie canzoni, e quindi l’intreccio tra i nostri talenti: sarà una cosa per me meravigliosa''.