Sono presenti 1447 interviste.

23/12/2025
ADRIACO
''Certe volte il subconscio può orientarci nel mare caotico e contraddittorio della vita''.

23/12/2025
DON JIO
''Arrivare a trovare dentro di te la forza per affrontare la tua debolezza...''

tutte le interviste


interviste

23/12/2025   ADRIACO
  ''Certe volte il subconscio può orientarci nel mare caotico e contraddittorio della vita''.

Eccolo “Collezione di arretrati”, opera prima per Adriano Meliffi in arte AdriaCo. Eccolo con un disco dalla lunghissima gestazione che sforna soluzioni pop di vero artigianato - quello attualissimo che chiede man forte all’elettronica suonata e sagomata non quella intelligente e automatica. Sono canzoni di vita che dalla loro sfoggiano due ingredienti importanti e imprescindibili: l’urgenza, l’ispirazione e quella forza di essere proprie, vissute e per niente schiave della melodia che vince. Dunque a questo disco ci si deve avvicinare con uno sforzo di incontro e di condivisione…

Te lo chiedo schietto e sincero: quanto stai parlando a te stesso e quanto stai regalando la tua visione delle cose? ''Domanda difficile, ma direi più la prima, come intenzione. Quando scrivo cerco di non domandarmi mai chi sia l'interlocutore. Qualche discografico o pubblicitario direbbe che è un grosso errore, ma non è questo il mio lavoro. La sparo anche più grossa, scrivere musica, fare la mia musica, per me non è un lavoro ma un'esigenza. Per cui lo faccio, soprattutto per me, per metabolizzare cose, per capire il mondo, per dare un senso anche a me stesso. Sarebbe bello se gli artisti tornassero a fare questo e a mettere da parte le strategie di marketing, forse avremmo un'industria musicale più sincera. Chiaramente poi c'è una fase 2 in cui il prodotto viene piazzato sul mercato. Nel mio caso forse sì, il target potrebbero essere persone che stanno cercando una visione del mondo condivisa. Quindi in un certo senso c'è un regalo che faccio, una parte di me che dono a chi vuole ascoltare''.

Parlami del suono: ho l’impressione che la parte strumentale sia ben mantecata ma molto dietro la voce. Dettami di grande pop italiano? ''Questo mi colpisce perché di solito mi dicono il contrario, che tendo a far missare lo strumentale troppo alto e che la voce si perde o non si capisce bene. In ogni caso no, non penso di seguire i dettami del pop italiano, settore al quale non ambisco nemmeno di appartenere. Penso più al cantautorato come Daniele Silvestri e Niccolò Fabi. In questo disco rispetto a lavori precedenti ho cercato di mettere le voci un po' più avanti proprio per venire incontro a chi mi diceva di non capire le parole, ma anche così mi suonano comunque piuttosto dentro rispetto alla musica pop contemporanea. Poi chissà, non ci capisco più niente, chi ama il rock mi dice che non sono abbastanza potente, chi ama il pop che non sono abbastanza accessibile, chi ama il cantautorato che non ho il sound del cantautorato. Torno al punto primo, faccio quello che mi piace e smetto di chiedermi cosa piaccia agli altri''.

Belle le soluzioni elettroniche di arrangiamento e penso soprattutto a “Sogno: addio Re Roberto”… come li avete pensati? ''C'è stato poco pensiero in verità e molto sperimentare. Sono andato da Alessandro Passi, tastierista e sound designer nel disco, con delle demo fatte da me in casa con i virtual instrument e le librerie che ho. ''Sogno'' è una canzone con una storia lunga, lavorata prima in acustico, chitarra e piano tanti anni fa, poi portata in band. Infine nella revisione per questo disco ho cercato dei suoni di tastiera che mi piacessero e dessero l'idea di frenetico (ci sono una serie di ripetizioni tipo delay che si incastrano con funzione ritmica) e delle chitarre che si sposassero bene con quel mondo di suoni (alcune chitarre suonano come tastiere). Poi Alessandro ha reso più moderno e interessante il tutto a livello timbrico, usando sintesi additiva e modificando suoni per non avere nulla di troppo "preconfezionato"''.

A proposito di sogni: quanto ti affidi ancora al subconscio per capire chi sei? ''Il subconscio ci dice tante cose, quindi sì, mi affido. Sono in terapia da quando ero adolescente ed è una fonte di ispirazione costante per scrivere. Poi chi siamo dipende non solo da quello che sogni, incubi, la "pancia" in generale, ma anche da cosa decidiamo noi di farci con queste cose. Credo che chi siamo dipende anche da quello che ci succede, da fattori esterni che ci portano a mete inaspettate. Ovvio che non basta il subconscio, ma certe volte ci fa capire meglio quello che ci succede dentro, può orientarci nel mare caotico e contraddittorio della vita''.

Fai anche una breve critica al mercato attuale che per me significa anche un’allegoria alla società tutta. Cosa vedi? Che soluzioni proponi? ''Ad avere una risposta... Su alcune cose ho già risposto prima. Vedo troppi artisti che fanno cose per vendere e non per esprimersi e questo non mi piace. Ad essere sincero vedo anche tante belle cose. Recentemente per esempio mi sono chiuso ad ascoltare Angelina Mango, il suo nuovo disco, che sicuramente è molto più pop e moderno del mio, inquadrabile commercialmente, lo vedo però come un'opera onesta e autentica e mi ha emozionato, mi ha fatto sentire vicino a lei come persona. Mi sto trovando spesso a usare la parola autenticità. Forse è quello che cerco, quello che in molti cerchiamo. In un'epoca in cui possiamo fare musica con le IA generative, creare voci e progetti da zero, quello che fa la differenza è la capacità di chi scrive di raccontare il proprio vissuto. È quello che ci differenzia dalle macchine. Stavo anche leggendo che si sta riscontrando un'inversione di tendenza nell'uso dei social e dei mass media. Non so se è vero, non ho verificato, ma mi piace pensare che la gente tornerà ad ascoltare con più attenzione, ad acquistare la musica che ama e non solo ascoltarla distrattamente sulle piattaforme streaming senza dargli valore''.

Dal vivo che storia stai scrivendo? ''Per ora niente. La storia è quella comune a tanti cantautori indipendenti. Ho speso tanto per fare il disco e ora non ho budget per fare concerti. Incredibile ma i concerti per noi sono una spesa più che un guadagno. Potrei accettare di andare a suonare gratis, ma per andare in band ci sono prove da fare (pagando la sala), musicisti giustamente da retruibuire. E considerando che non si vendono nemmeno più i dischi ai concerti... È dura. L'idea è di far crescere il seguito per poter riempire un club con il biglietto d'ingresso. Che spesso qui a Roma la gente si scoraggia ad attraversare la città, col traffico e i parcheggi che non ci sono, magari infrasettimanale, figuriamoci poi se c'è da pagare 10-15 euro di biglietto per venire a sentire quel cantautore sconosciuto. Per cui ora sto immaginando dei set semplici, acustici o elettronici, per far conoscere la mia musica ogni volta che posso. Vedremo cosa ci riserverà il 2026''.