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14/03/2016   L'ORSO
  ''La musica è precariato da sempre...''

Ciao ragazzi! Prima di tutto quello che colpisce del nuovo album "Un luogo sicuro" è la virata verso una veste più elettronica. Quanto ha influito la collaborazione con Cosmo (Drink To Me)? ''La scelta di Cosmo come produttore è voluta proprio per trovare la migliore veste possibile alle canzoni a cui stavo lavorando. È stata splendido lavorare con una persona così talentuosa che ti arricchisce sia musicalmente che umanamente''. Parliamo anche dei testi. Come nei dischi precedenti è molto presente il tema della lontananza, del ritorno e quindi della ricerca, appunto, di "Un luogo sicuro". E' veramente così difficile in questi tempi trovare il proprio equilibrio, soprattutto se si sceglie la carriera musicale? ''Il concetto di precariato non è limitato alla sola situazione lavorativa, ma è un concetto che si è esteso a tutta la nostra generazione, nella quotidianità, anche se la musica è precariato da sempre. Questo disco parla più di esseri umani che di ''esseri musicisti''. E la ricerca di un equilibrio in un ritorno a sé è la chiave di lettura principale''. "Un luogo sicuro" ha un mood spiccatamente più pop e mendo "indie". E' stata una scelta ponderata o un percorso naturale? ''É una scelta che deriva da un percorso. Non abbiamo mai voluto essere 'indie'. Ci siamo trovati dentro per caratteristiche, ma l'ambizione è che la nostra musica sia per tutti. Nel termine più democratico e liberale possibile. Il pubblico è formato da un'infinità di individui unici, impossibili da catalogare''. Mattia non ha mai nascosto la sua passione per il rap. Pensi che l'esplosione del rap italiano abbia un po' oscurato gli altri generi musicali negli ultimi anni, a discapito magari anche della vostra musica? ''Il rap si merita questo ruolo nel panorama musicale. È un genere coeso, con una forte consapevolezza e un pubblico saldo; i nomi che son riusciti a spiccare son gli stessi che dominavano nell'underground. A 15 anni ascoltavo Club Dogo, Fabri Fibra e Marracash, ed erano considerati i migliori. Dieci anni dopo hanno guadagnato lo spazio meritato. Quello che manca nella cosiddetta musica 'indie' è la coesione del pubblico e dei musicisti. Il non essersi creata una vera scena, con una cultura ed una propria etica di base, ha reso impossibile un'esplosione ed un'accettazione da parte del pubblico come accaduto per il rap. L'indie non è un genere, ma un'attitudine. Il rap è disciplina di una cultura con le proprie regole e definizioni, ed è solo una parte dell'hip hop. Nel rap ci sono le faide e i dissing esplicitati, nell'indie ci sono un sacco di finte strette di mano. È sicuramente un ambiente meno onesto, dove la parola "aiutarsi" non fa parte del vocabolario. Supportarsi a vicenda renderebbe più credibile questo movimento''. Il 2 aprile suonerete in un club importante come l'Alcatraz di Milano. Come avete deciso di impostare questo nuovo live? Sarà più elettronico e meno rock? ''Sì, l'obiettivo sarà far ballare, far vivere una bella esperienza emotiva con tante possibili emozioni. Avremo un allestimento luci ad hoc disegnato da una light designer messicana ed una strumentazione differente dal nostro passato. Si va avanti cercando di migliorare e crescere come musicisti e performers. E sull'Alcatraz, che dire, sarà un onore poter calcare un palco così importante''.