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10/10/2006   LUCA CARBONI
  Requiem per il sogno delle band

44 anni ad ottobre, Luca Carboni manda nei negozi 'Le band si sciolgono', nuovo album di inediti. Un disco che accoppia i circuiti elettronici con i ricami acustici fatti a mano, ed esce a ben cinque anni di distanza dal precedente (pubblicato quindi prima dei fatidici quarant'anni), in cui prevaleva invece la seconda componente. Un'alternanza che è tipica del cantautore bolognese, così come certi tratti di scrittura, tra privato e collettivo, che qui ritornano. Nove le canzoni, scritte (tranne 'Lampo di vita', la cui musica è di Gaetano Curreri e Saverio Grandi), arrangiate e per la prima volta prodotte da Carboni stesso. L'apripista nelle radio è 'Malinconia'. Il titolo dell'album, tratto dal brano 'Le band', fa pensare al tempo che passa ma anche a una sorta di bisogno o nostalgia di collettività. È così? "Un po' sì, nonostante questo sia uno degli album più individualisti che ho fatto. Ho passato mesi da solo, a tu per tu con il computer. Ma resta il sogno di far parte di band. Io ho iniziato con un gruppo e sognavo che questa cosa andasse avanti. Mi sono invece ritrovato un po' mio malgrado a fare il cantautore. Però, in senso meno personale, il titolo sottolinea anche l'importanza del gruppo. Sono poche le band che durano nel tempo e che, pur con individualità anche forti e con scambi e scontri, fanno cose importanti". La scelta, per la prima volta, di essere anche produttore da cosa nasce? "Nell'ultimo album, 'Lu.Ca', avevo realizzato un piccolo studio e quindi da lì avevo gli strumenti tecnici per procedere da solo. Qui ho iniziato a lavorare da solo a quella che viene chiamata pre-produzione e ho continuato. Sentivo l'esigenza di non avere mediazioni, questo perché sapevo bene quel che volevo". Poi probabilmente conta anche l'esperienza acquisita... "Infatti. Al nono album mi sembrava di avere le spalle larghe per cominciare a produrmi da solo. E comunque mi son detto: ci provo, poi se non riesco chiederò aiuto". Nell'album suoni anche molto, soprattutto le tastiere... "Sentivo il bisogno di fare anche il musicista, mettermi alla prova". Ma questo nasce anche come reazione al fatto che spesso i cantautori vengono apprezzati più per i testi? "Oh sì... Quando esce un mio album il primo rapporto con i giornalisti parte sempre dai testi, le musiche sono sempre meno considerate. Probabilmente alle band succede invece il contrario. È la frustrazione del cantautore!". Nel disco ci sono due collaborazioni, con Pino Daniele che suona la chitarra in un brano e con Tiziano Ferro che duetta in un altro. Gli artisti italiani sono stati accusati di collaborare poco fra di loro. Negli ultimi tempi pare che il clima sia cambiato, per esempio Zucchero e Fossati, ma anche altre cose... "Mi auguro che ci sia davvero un clima nuovo. Le collaborazioni di questo disco non nascono da amicizie o frequentazioni con persone che hanno storie legate alla mia, come Jovanotti o Lucio Dalla. Sono cose molto istintive tra persone che non si frequentano. Con Pino Daniele è successo che mentre lavoravo a 'La mia isola' ho pensato che poteva essere un brano adatto a lui. Non lo conoscevo ma mi son fatto coraggio e gli ho spedito un Mp3. Dopo due giorni era a Bologna a registrare ed è stato otto ore in sala per fare la cosa al meglio. Mi ha fatto molto piacere perché è un artista davvero importante, oltretutto con esigenze e impegni". E con Tiziano Ferro? "Ero in contatto con Michele Canova, il suo produttore. Una volta mi ha passato al telefono Tiziano che voleva salutarmi e lui per battuta mi ha detto 'Quando mi fai cantare in un tuo disco?'. Io avevo un pezzo con una ritmica molto serrata nel cantato, il che mi dava qualche preoccupazione. Era adatto a lui e così gliel'ho chiesto. Sono stati due incontri realizzati senza neanche passare dai discografici. Io devo dire che non ho mai avuto molte collaborazioni, ma mi dicono che tempo fa era molto più difficile, bisognava fare molti passaggi, con manager e così via. Spero davvero che ora sia nato un clima nuovo". Nel disco ci sono almeno due citazioni, in 'Sto pensando' da 'L'anno che verrà' di Dalla, e in 'È caduta una stella' da 'Buonanotte fiorellino' di De Gregori. Ce ne sono altre? "Sì, è vero. Sono due canzoni che per me sono state molto importanti, ma nell'album ci sono anche molte citazioni da vari poeti. Ad esempio in 'Sto pensando' dico "Sto pensando leggero e vagante": e 'Cose leggere e vaganti' è il titolo di una raccolta di poesie di Umberto Saba. Ma ci sono molte altre cose di poeti meno noti e quindi meno facili da individuare. Il disco gioca molto con le citazioni, mi sono venute spontaneamente scrivendo. La cosa l'ho tradotta anche in chiave musicale con citazioni dagli anni Settanta e Ottanta, per esempio i Cure. Ma sono più che altro rimandi a livello di suoni o di atmosfere". Nel brano d'apertura, 'Segni del tempo', c'è una riflessione sulla sua generazione. È un tema che torna spesso nelle cose che ha scritto... "Sì, c'è anche quello, ma credo non si possa scindere personale e sociale. I miei pensieri possono essere almeno in parte anche quelli dei miei coetanei. Conta anche il fatto che negli anni Ottanta sono stato uno dei pochi cantautori ad affermarsi. Ma non per merito mio, semmai per demerito della discografia. Si privilegiava il pop o il bel canto, penso ad esempio a Ramazzotti. La figura del cantautore che portava avanti quel discorso, pur rinnovandolo, è quasi sparita. Io ho avuto questa possibilità insieme a non molti altri, che a volte poi si sono un po' persi. Oggi siamo proprio in pochissimi, mentre invece tra i giovani vedo che questa cosa sta tornando. E mi fa piacere". (Enrico Deregibus - Kwmusica)