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18/05/2018   SEM E LE VISIONI DISTORTE
  ''Il rock non è un genere musicale, è lo stile con cui si affronta quello che si suona...''

Il rock in Italia è morto? L’indie e la trap, il rap ed i talent, sono tutto ciò che il pubblico italiota è ancora in grado di consumare ed apprezzare in ambito musicale? Probabilmente è così. Eppure c’è un’ultima resistenza a questa deriva di contenuti e forma. C’è un manipolo di irriducibili che dalle periferie delle grandi città cerca un’alternativa alla massificazione delle coscienze, che si sottrae alla lobotomizzazione del buon gusto attraverso un codice forse datato ma che, nella sua essenza più intima, non può rinunciare a combattere, ad alzare la voce, a schierarsi contro. È il rock, nelle sue declinazioni più iconoclaste, punk, stradaiole e sguaiate. SeM e le Visioni Distorte è un progetto, un gruppo, che incarna quell’equilibrio squilibrato tra protesta ed emarginazione, tra la genialità ed il grottesco. Il nuovo disco, uscito per Native Division Records, è un calderone di umori diversi, di sottile ironia miscelata e disagio feroce. Abbiamo incontrato Sem Cilindro, la mente e la voce di questo progetto, per scoprirne di più e sapere se c’è ancora speranza.

Prima di tutto, complimenti per il nuovo disco. Ma facciamo subito un passo indietro. Quando e come nasce Sem Cilindro e le sue Visioni Distorte? ''SeM e le Visioni Distorte nascono nel 2014, dalla voglia di fare qualcosa di potente in italiano. Siamo partiti come power trio in stile Motörhead, canzoni semplici e voglia di fare festa e casino al grido di #cROCKantezza, Whiskey & Rock’n’Roll. Ho fondato il progetto per dare sfogo alla mia follia, da qui “le Visioni Distorte”, che rappresentano sia i miei deliri cosmici che i favolosi musicisti che rendono questa pazzia reale''.

Musicalmente parlando, da quali nature diverse siete partiti per forgiare il sound della band? ''Due sono i riferimenti primari: Motörhead e Rats. I primi per la potenza del sound, diretto e devastante, carico di potenza e sincero. Lemmy è un’icona, un messia del rock’n’roll, la sua persona ha ispirato e continua a farlo. I secondi per l’attitudine e l’umanità espressa nel loro modo di fare rock: i Rats sono un concentrato di energia emozionale unica, nelle loro canzoni è facile trovare qualcosa che ti appartiene, tutto raccontato con un linguaggio immediatamente riconoscibile che facilmente fai tuo. SeM e le Visioni Distorte hanno la presunzione di mixare questi due linguaggi''.

Che cosa rappresenta questo disco nel vostro percorso personale di crescita come artisti? ''Sicuramente una svolta a livello compositivo e organico: il disco racconta una storia, un viaggio nel quale ogni ascoltatore si può immedesimare, le canzoni sono più coerenti fra loro sia come sound che come “trama” testuale. Cosa che ovviamente è specchio dell’intimo: il disco è pregno di esperienze reali, vissuto, attimi che hanno determinato la persona che sono oggi, pregi, difetti e cilindri annessi. Dal semplice “fare rock’n’roll” per il gusto di farlo si cerca di trasmettere una dimensione consapevole dell’impatto che il rock può avere, come strumento aggregatore e di sfogo, di confronto e crescita che ti cambia la vita ogni volta che parte un riff cazzuto. Si cresce ma non troppo, diciamo''.

I messaggi di ''Viaggio Attraverso Lo Specchio'' sembrano oscillare tra la dimensione intima e privata, e l’universo delle relazioni e della società. Come si realizza questo connubio di opposti? ''Fare musica rappresenta l’autentica estensione della mia identità: quando suono una canzone posso essere sincero al 100%, e mi piace creare dialogo con chi ascolta. Una dimensione per la quale si è connessi per davvero. Quindi, come accade quando parli col tuo amico di sempre dopo qualche whiskey, i pensieri corrono liberi svelando le paure più profonde, i pensieri proibiti, ma anche i deliri sui massimi sistemi della vita. Da qui il connubio tra tematiche tanto personali e ragionamenti universali, mediato da un metodo di scrittura che sì, riporta esperienze che sono mie, ma mai descritte nel dettaglio, in modo tale che possano stimolare le emozioni di chiunque ascolti, e creare così il sopracitato dialogo tra artista e ascoltatore''.

La musica rock, secondo voi, è rimasta uno strumento di pura protesta o c’è ancora un barlume di speranza per la cultura in Italia? ''Per quanto mi riguarda la musica rock non è solo protesta, è un ritmo vitale: fa parte della tua quotidianità, del modo in cui ti affacci sul mondo, è quella primordiale energia che ti porta a non fermarti mai, a combattere comunque, a cercare di andare oltre i necessari compromessi, a non abbassare la testa di fronte a ciò che non funziona, a rischiare il tuo nome e la tua faccia per ciò che è giusto. Per quanto a livello massivo i tempi attuali possano sembrare deprimenti e piatti, credo che questa sia una stagione interessante per la musica: le band ci sono, gli eventi ci sono, quindi chi ha fame di sonorità differenti può saziarsi del nuovo. Basta solo aprire gli occhi e le orecchie, tutto il resto è determinato dalla nostra pigrizia e dalla perseveranza di chi si propone. Spesso capita che siamo i primi a precluderci le occasioni (e a lamentarci poi senza motivo). Dall’altra parte chi propone i contenuti, preso magari dalla frustrazione o da inutili litigi smette di crederci, e questo va poi inevitabilmente a minare un terreno che potrebbe però permettere di erigere qualcosa di immenso''.
Interviene Jewel, chitarra ritmica della band: ''Per me la musica (a prescindere dal genere) è un mezzo di protesta e di comunicazione. Se ora non trasmette un messaggio importante è per colpa di chi non comprende la grandezza della musica; a partire da chi non compra più gli album e non va ai concerti, fino ai gestori dei locali che non pagano i gruppi perché fare il musicista nel 2018 è ancora visto come un hobby e non un lavoro. E queste sono realtà piccole... La gente comune ha tolto il vero valore della musica, la gente comune ha il potere di ridarglielo''.
Interviene poi Giorgio, chitarra solista della band: ''Io credo che il rock non sia morto. È solo difficile farlo in un contesto in cui la maggior parte dei locali preferisce le cover band pop o i dj set perché la gente vuole ascoltare i brani che vanno in radio. La gente dovrebbe andare nei locali con la curiosità di sentire cosa viene prodoto dai ragazzi della propria città. Qualunque genere esso sia. Anche il jazz per quanto mi riguarda può essere rock. Il rock non è un genere musicale, è lo stile con cui si affronta quello che si suona''.
Interviene infine Simone, batterista della band: ''Il rock non è morto, la musica mainstream ha preso un'altra piega. Se fai musica di qualità a prescindere dal genere e se suoni bene, i risultati arrivano sicuramente. La situazione sicuramente non è delle migliori ma non è così critica come la si dipinge secondo me, ad esempio 30 anni fa o eri al top o non eri nessuno, oggi ci sono molte più sfaccettature. Ci sono i Bruno Mars che fanno tour mondiali su tour mondiali e ci sono gli Arcane Roots che fanno loro eventi uk. Questa cosa è un bene per me''.