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02/07/2019   DHARMA108
  ''La semplificazione contiene una sorta di illusione: che la vita stia negli strumenti materiali...''

Nella sezione interviste di oggi, abbiamo il piacere di confrontarci con i Dharma 108, supercombo di Verona, composto da Andrea Ferigo, Carlo Cappiotti, Andrea Sbrogiò (in studio), Damiano Hinegk (dal vivo), Anna Guglielmini. Attivi da appena un biennio, hanno rilasciato in questi mesi, per la label veneta Vrec, l’album d’esordio “L’alba sul mio nome”: 10 tracce formulate con grunge, inserti di etno-folk e velature di alt-rock e noise.

Cominciamo col chiedervi del nome, che desta curiosità soprattutto nella cifra che segue il Dharma: 108 sono, forse, i fili di grano che compongono la mala, strumento che i buddisti usano per i mantra? O cos’altro? E Dharma? ''La parola Dharma viene dal sanscrito e significa “ciò che sostiene”. Nella filosofia hindu e buddhista è passato a significare “codice morale” inteso nel senso di un insieme di insegnamenti che aiutano gli esseri umani. Il numero 108 è un numero considerato sacro in quelle culture ma il fatto curioso è che la scienza occidentale moderna ci mostra come sia un numero che ricorre nella geometria macroscopica e degli atomi e nella forma di oggetti della Natura: curioso, no?''.

Qual è stata la circostanza che vi ha indotto di formare la band? Vi conoscevate già, o parte dell’incontro fra voi è stato casuale? Segnaliamo che nell’opera sono presenti anche ospiti come Sasha Torrisi (Timoria), Diego Besozzi (Karma), ed altri due elementi dei Last Drop Of Blood: Francesco Cappiotti e Claudia Or Die. ''Andrea (Sbrogiò) ed io (Andrea Ferigo) abbiamo fatto parte della stessa band, i RANJ di Verona per alcuni anni, e gli ho chiesto di suonare con me in questa nuova formazione. Ad un Festival in cui eravamo in scaletta nella stessa serata, qualche anno fa abbiamo conosciuto Carlo e Francesco Cappiotti che militavano nei Facciascura, e da allora abbiamo suonato qualche concerto insieme. Così in seguito io chiesi a Carlo di entrare nei Dharma108 e dopo qualche mese si è aggiunta Anna. Mentre facevamo la produzione e gli arrangiamenti dei brani che avrebbero fatto parte de “L’ALBA SUL MIO NOME” ci venne in mente di contattare alcuni dei protagonisti della scena rock grunge degli anni ‘90. Tra questi ci risposero Sasha Torrisi dei Timoria e Diego Besozzi dei Karma. Durante le fasi di registrazione dell’album si è aggiunta alle tastiere ed effetti Claudia Or Die e ne siamo stati molto contenti. Damiano invece si è aggiunto alla band come batterista in sostituzione di Andrea Sbrogiò a lavori ultimati''.

Avete tutti già una discreta esperienza nel panorama underground: chi derivante dai collettivi Faccia Scura, The Last Drop Of Blood e chi con progetti solisti. E’ stato difficile trovare l’accordo per delineare il vostro genere, visto la diversità di derivazione stilistica di ognuno di voi? Oppure, proprio questa diversità genera “ricchezza” ? ''Nelle nostre storie di rock underground i Ranj hanno una matrice di fusion con la musica orientale molto marcata, mentre i Facciascura avevano un sound più ruvido e un’impronta più hard rock-grunge sia nei brani in lingua italiana che in quelli in lingua inglese. L’esperienza di Andrea Sbrogiò è più vicina alla fusion e al jazz. Anna è una bassista di formazione hard rock. La cosa interessante è che non abbiamo fatto fatica, ci siamo trovati e abbiamo suonato. Senza averci pensato troppo i Dharma108 tengono conto e assorbono tutte queste esperienze che sono state inglobate e amalgamate in modo molto naturale. Dal vivo Damiano ha sviluppato quegli elementi prog accennati nel disco rendendoli più marcati e attaccando un suono di matrice più vicina al metal''.

Il forte anelito di tante bands è quello di perseguire un discorso esclusivo, che si distacchi dai soliti clichè di genere. A noi di MusicMap ci sembra che l’obiettivo è raggiunto: questa formula sarà confermata anche in futuro o pensate di ampliare l’organico, con nuovi elementi che apportino ulteriori sviluppi? ''Ti ringraziamo. Avere degli elementi stilistici peculiari e forti che ci contraddistinguano lo consideriamo un valore aggiunto. Al momento pensiamo di rafforzare la formazione a quattro e di affidare alle nostre intuizioni e alle nostre sensibilità la capacità di creare nuova musica e di proseguire sulla traccia aperta da “L’ALBA SUL MIO NOME”''.

Il fulcro tematico dell’album s’incentra in un immaginifico mondo parallelo che si cela sulla testa di un ricercatore della verità, disorientato dal crollo della socialità, sperperata nel vanto e nella ricerca spasmodica di continuo denaro, in un sottile equilibrio tra realtà ed immaginazione. Perché la scelta di questo concept? Pensate che il degrado mentale e materiale derivi prevalentemente da questi fattori? ''Gran parte dei brani e tutti i testi a parte TERZO MILLENNIO (brano dei Karma) sono nati da mie (Andrea Ferigo) riflessioni e sogni e visioni. Ho cercato di esprimere nei brani l’impressione di essere catapultati su questo pianeta da un altro mondo. La vissi sulla mia pelle dopo avere passato quasi dieci anni lontano dalla scena musicale e politica italiana nei miei viaggi in India per approfondire la mia ricerca sullo YOGA. Al mio rientro mi accorsi che i tempi erano cambiati. Le relazioni umane mi sembrava che avessero subito un processo di mercificazione e che fossero avvolte da una nebbia di superficialità. Tuttavia non sono convinto che ci sia solo degrado a questo Mondo né che la causa sia solo la ricerca dell’accumulo di denaro o fama. Le nuove tecnologie digitali e la rete estesa e i social per condividere i saperi hanno aperto strade e scenari incredibili e bellissimi per l’Umanità intera. La semplificazione della vita (per molti ma non per tutti) contiene in sé una sorta di illusione: che la vita stia negli strumenti materiali e che non vi sia una Conoscenza sottile da ottenere per capire chi siamo e quale sia il nostro destino''.

Il genere che trattate è un’interessante miscellanea di sonorità che strizzano l’occhio a Seattle ma anche alla tradizione indiana dell’Hindustan, complice il prezioso apporto dato da Andrea “Sitarvala” Ferigo. Quanto tempo avete impiegato per trovare la giusta quadra sonora? ''Tutti noi, nonostante le nostre età diverse, abbiamo nelle orecchie il sound degli anni ‘90 sia del rock statunitense che di quello italiano. Molti esperimenti in ambiente modale, utilizzando scale non solo blues ma anche di altre culture, oppure in ambiente prog per le strutture ritmiche, sono già nel DNA delle band che producevano musica allora (per esempio i TOOL o i KARMA o i SOUNDGARDEN). Come spiegavo prima le cose ci sono venute molto naturali, senza dover fare degli sforzi particolari''.

Ci spiegate l’interessante cover-art dell’album, a metà strada tra concreto e surreale? Che cosa volevate rappresentare? ''Fronte e retro della copertina hanno come simbolo l’Innocenza primordiale, rappresentate dal bimbo e dall’icona del dio Ganesha (un bambino con la testa di elefante). Il bimbo è in riva al mare, e sta scrivendo sulla sabbia con una piuma, il massimo simbolo del transeunte e della trasformazione. Il bimbo è come il mare e quella sabbia, sa che scriverci sopra non durerà, perché le onde lo cancelleranno, ma egli scriverà ancora ed ancora perché è sempre nel presente, cioè nel flusso divino di coscienza, e non se ne preoccupa''.

Dall’ascolto ci sembra di scorgere che la quasi totalità dei brani non includano mai una vera e propria polemica o una protesta ma semmai la marcatura di un disagio nei confronti di quest’epoca che si vive: è cosi? ''I testi dei brani nascono, come si diceva, da sogni o visioni o riflessioni che riguardano gli effetti interiori prodotti dalla nostra società neoliberista globalizzata. Da un lato l’importanza ipertrofica data all’immagine e all’apparenza ha fagocitato le funzioni degli altri organi di senso. Dall’altro lato sembra esserci una perdita di attribuzione di significato in tutte le cose che facciamo rispetto ad un unico scopo, quello commerciale, che sembra prevalere in ogni aspetto della nostra vita. Tuttavia, citando Bono Vox, queste non sono canzoni di ribellione. Forse si tratta più di una presa di coscienza che potrebbe precedere la protesta o la ribellione''.

Riteniamo che un paio di brani (“Terzo Millennio” ed “Ego”) siano molto emblematici: il primo, perché racchiude il filo-conduttore concettuale dell’opera e l’altro per l’alternanza modulativa di riff grintosi e tratte placide a cromature variegate e centrate. Tendenzialmente, le scelte assemblative sono finalizzate più a trasmettere vibrati evocativi? Emotivi? Riflessivi? Oppure cercate semplicemente l’amalgama per preservare la vostra spontaneità espressiva? ''Ci sono due spinte che dominano le nostre composizioni ed arrangiamenti: una cerca di “compattare” in accordi e di creare una dinamica forte, “power”, come è tipico dell’hard rock; l’altra è lirica e cerca di assegnare ad ogni strumento una sua linea vocale in stile contrappuntistico classico. Nei brani si alternano e a volte una delle due prevale sull’altra. Le parti solistiche non sono mai dei veri e propri “assoli” ma quasi sempre delle linee modali con dei bordoni similmente a quanto accadeva e accade nella musica antica europea e classica indiana. ''Terzo Millennio'' è un piccolo gioiello incastonato negli anni’ 90 ed ha il valore incommensurabile di essere profetico''.

State già portando in tour “L’alba sul mio nome”? Oltre ad una buona scarica di adrenalina cosa c’è da aspettarsi nei vostri live? Effetti di luce, grafici, diapo o altro? In generale, nello scenario scaligero c’è spazio per la musica dal vivo? ''Noi siamo una band “vecchio stile”. Siamo più attenti a trasmettere noi stessi attraverso il suono piuttosto che fare ricorso all’utilizzo di elementi estetici esteriori. La scena di Verona è sempre stata ritenuta interessante dagli addetti ai lavori. Ci sono e ci sono sempre stati un sacco di artisti che hanno prodotto musica originale. Accanto a questo permangono le storiche difficoltà tipiche di tutta la scena italiana: avere locali attrezzati dove il ruolo del musicista venga apprezzato e riconosciuto (accoglienza, catering, cachet, borderò, ecc)''.