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22/08/2019   UMBERTO TI.
  ''C'è irrequietudine e tormento nei miei testi, ma è un modo per trovare anche nelle storie più difficili la bellezza...''

Lo spazio interviste di oggi lo riserviamo al cantautore padovano Umberto Tramonte (in arte: Umberto Ti.) che, in occasione dell’uscita del secondo lavoro “Alaska” ci racconta curiosità e segreti di questo progetto e tanto altro.

Ciao Umberto. Ti riaffacci sul mercato dopo l’ottima prova dell’e.p. “Cielo incerto” di due anni fa dando vita, ora, all’album “Alaska”. Cosa rappresenta per te questo debutto sulla lunga distanza? ''Ciao a tutta la redazione di Music Map. L'approccio che ho adottato con il mio nuovo Album, "Alaska", è stato lavorare per immagini, avevo in mente un'atmosfera "Americana", motel desolati, piscine abbandonate, laghi, t-shirt scolorite. Rispetto al mio primo Ep, "Alaska" è un album, quindi sono nove canzoni, ci abbiamo lavorato molto inserendo parti di pianoforte, Mauro Sansone ha suonato una batteria compressa, diretta. Alexya Salari ha fatto i cori su alcuni pezzi. Insomma ci sono molti più elementi rispetto al primo disco''.

Il tuo è un album che dà la sensazione, in qualche modo, di tendere ad allontanarsi, parzialmente, dal cantautorato tradizionale per percorrere nuovi sentieri o poco battuti. La tua ricerca si è direzionata in questo senso? ''Mi piace molto sperimentare sonorità nuove, questo permette di mettermi in continua discussione con l'ascoltatore. Le radici di quello che ho sempre ascoltato si possono sentire sempre dentro le mie canzoni, parto dal mio background musicale per poi trovare una strada tutta mia''.

Uno legge “Alaska” e pensa al luogo geografico ma non è così, vero? ''Sì, è vero, il titolo "Alaska" non ha molto a che vedere con il luogo geografico, forse l'unica cosa che c'è in comune è che su alcune canzoni racconto di relazioni che possono aver che fare con il freddo dell'anima. Sono partito da questo nome perché avevo visto un film italiano dal titolo "Alaska", un nome di un club, e che racconta una storia sentimentale molto forte e carnale.I temi che tratto sono relazioni personali passionali, sogni intimi, che ognuno di noi porta con sé. Alaska è metafora del ritrovarsi dentro a luoghi abbandonati. Se ci pensi bene i personaggi delle mie storie si amano dentro luoghi desolati come motel, roulotte, vecchie stanze, ma anche dentro sogni lontani''.

Addentrandoci nei contenuti dell’album, oggi la tua matrice stilistica è orlata di influenze cantautorali, folk ed indie. Chi sono i tuoi ispiratori? ''Attingo molto dal rock anni '70, ci sono molte contaminazioni, mi piace intrecciare il cantato quasi recitato con il rock, guardo più ad un sound americano che viene dagli anni '70, al folk. Sono legato alle origini del cantautorato italiano. I miei punti di riferimento sono i grandi cantautori italiani come Fabrizio De André, Francesco de Gregori e Francesco Guccini. Questi grandi maestri mi hanno completamente colpito con i loro diversi modi di comunicare, di descrivere la società. Da qui ho cominciato a conoscere Claudio Lolli, Piero Ciampi, Ivan Graziani, insomma dei veri e propi filosofi di pensiero. Per quanto riguarda la musica internazionale i miei riferimenti sono The Verve, Oasis, Radiohead, Nirvana, fino ad arrivare ai Counting Crows e al mio mito, Elliott Smith. Questi ultimi artisti citati mi hanno influenzato molto per quanto riguarda questo mio ultimo album. Nel panorama italiano mi hanno ispirato Afterhours, Marlene Kuntz, CSI''.

Ti piace più comporre canzoni a tematiche personali, fantasiose o sociali? Per esempio, quest’ultimo aspetto si nota in “Non importa” o “Isolati”, per mettere in evidenza la triste rassegnazione che serpeggia tra la gente di oggi. ''Mi fa molto piacere che hai capito che soprattutto brani come "Non Importa" e "Isolati" trattino in realtà un tema sociale. Le storie che racconto in questo album (ma che poi è il mio modo di approcciarmi alle canzoni) partono da relazioni sentimentali che poi diventono metafora di sogni, ricordi, immagini che nella vita riaffiorano in noi. "Alaska" è accompagnato da uno stato d'animo che oscilla tra il sognante e il carnale. C'è irrequietudine e tormento nei miei testi, ma è un modo per trovare anche nelle storie più difficili la bellezza''.

Tra le caratteristiche d’assemblaggio si nota, sovente, la tua volontà di non ricorrere a troppi orpelli e puntare su ritmiche regolari e rassicuranti: un modo più semplice e garbato per arrivare al cuore degli ascoltatori? ''In realtà si tratta del mio modo di scrittura, che penso sia sempre stato così semplice e diretto. Cerco sempre di arrivare al cuore degli ascoltatori ma spero anche di smuovere in loro vecchi ricordi ed emozioni''.

Si dice che tra le canzoni non si dovrebbe fare preferenza, però è anche vero che, in almeno una, ci sia un significato speciale, profondo, che racchiuda un po’ la summa concettuale dell’album. Tra i brani di “Alaska” a quale o quali sei legato di più e perchè? ''Diciamo che sono legato un po' a tutti i brani ma in particolare a "Bugie" che è il primo singolo estratto dall'album, è un brano un po' ermetico, una ballata acustica piena di sottofondi fatti di feedback, chitarre slide e shoegaze. Ho voluto dargli un taglio psichedelico vicino ai My Bloody Valentine. Mi sono ritrovato a scrivere questa canzone tutta d'un fiato. Mi erano da poco successi dei piccoli incidenti, che poi si sono trasformati in questa storia enigmatica...''.

Salutiamo Umberto Ti., con il sincero auspicio che possa proseguire la sua ricerca del buon gusto scritturale, per continuare a ritagliarsi una signorile fetta di un cantautorato lontano da schemi consueti e dozzinali.