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28/08/2007   BEN HARPER
  'Dovevo consolare i francesi per la sconfitta ai Mondiali...'

E’ da pochi giorni uscito nei negozi il nuovo album di Ben Harper & The Innocent Criminals, “Lifeline”. La conferenza stampa, avvenuta presso la EMI di Milano, l’ha visto arrivare di fronte ai giornalisti brillante, sciolto, spontaneamente gioviale e spiritoso e scusandosi gentilmente per non sapere parlare italiano, ma pronto a collaborare in prima persona alla promozione del suo ultimo lavoro musicale. Ben Harper, è un fantastico artista californiano, classe 1969, divenuto celebre nel corso degli anni per i brani romantici e talora di sagace impegno sociale e politico ma sempre sussurrati e cantati dolcemente, quasi a sottolineare un senso di intimità che la musica può creare anche narrando argomenti a volte difficili. A un solo anno dall’uscita dell’ultimo lavoro, “Both sides of the gun”, e dopo 9 mesi ininterrotti di tournée, Ben presenta un album completo, “Lifeline”, armonioso e vitale, registrato e mixato in soli 7 giorni in un piccolo studio parigino, “Studio Gang”. Come mai la decisione di creare ed incidere un intero album appena conclusasi la lunga tournée, a differenza della maggior parte degli artisti che si fermano stanchi dalle fatiche delle continue esibizioni live? "Io e la mia band abbiamo stabilito un ritmo personale, che ci ha permesso di trascorre l’intera tournée in tranquillità, e di essere, alla conclusione di questa, al top della nostra condizione artistica, con tutta la strumentazione migliore, sensibilità e capacità musicali mai tanto acute e perfezionate". Come mai la decisione di incidere il disco con un registratore analogico? E’ un velato rifiuto della modernità e della musica in digitale? "No, non lo è assolutamente. Ho registrato in passato sia in analogico che in digitale, e per la mia esperienza, il primo metodo si adatta meglio ad un 'ascolto prolungato' come è effettivamente quello di un intero album". E’ passato solo un anno e mezzo dall’ultimo album, in questo ci sono pezzi nuovi o qualche cosa è stata ripresa o rispolverata? "I pezzi sono nuovi, io scrivo e compongo di continuo. In passato tutti gli artisti producevano un album all’anno circa, adesso i tempi sono cambiati, le case discografiche hanno bisogno di un maggior tempo per la promozione di ogni singolo lavoro. Bisogna però cercare di non riempire gli ascoltatori di brani e materiale". L’intero disco è rilassato e soul, riflette musicalmente e testualmente il tuo stato d’animo del post-tournée? "Esatto! E’ un disco acoustic-soul, appunto, e sia nelle melodie che nei testi ricalca il mood del periodo dopo la tournée, quando di norma sei più stanco, anche se in senso positivo, dopo mesi di 'isolamento forzato', e la musica inizia a fluire fuori dalla tua mente senza troppe razionalizzazioni". Ci sono brani dal sapore sociale o politico come nei precedenti dischi? "Si, per esempio il primo della tracklist, “Fight outta you”, ha chiari messaggi politici. Ho deciso di strutturare questo pezzo 'alla Ben Harper'. Quando si affrontano temi d’attualità si può decidere se fare una melodia aggressiva oppure più soft, io preferisco quest’ultima, come se fosse una chiacchierata confidenziale tra conoscenti". Perché la scelta di Parigi per incidere il disco? "Per consolare i Francesi dalla sconfitta che l’Italia gli ha inflitto nella scorsa Coppa del Mondo di Calcio…" (ride) Negli anni passati c’è stata una bellissima tua collaborazione con i celebri Blind Boys of Alabama. Ci saranno anche in futuro partnership così importanti? "Me lo auguro! Io attendo una chiamata ogni istante.. E’ stato un notevole contributo per riportare alla memoria artisti che hanno fatto la storia della musica mondiale. Sono stati loro a chiamarmi, di certo non avrei potuto farlo io, da fan quale sono, a tentare di scalare verso di loro. E’ successo lo stesso anche con John Paul Jones dei Led Zeppelin, quando mi è squillato il cellulare io per ben due volte non ho risposto, perché stavo seguendo la partita di calcio di mio figlio, e quando ho risposto, alla terza sua chiamata, sono rimasto di sasso. Devi sempre essere pronto...". La tua musica è distante dall’hip hop che attualmente spopola e contraddistingue la black music moderna. Che ne pensi? "Credo che la musica sia estremamente varia. Ci sono band totalmente diverse tra quelle che fanno rock, come hip hop, come jazz. Io seguo tutto, ma l’hip hop non è il mio genere personale". Anticipazioni sul prossimo tour? "Ci sarà, innanzitutto. E cercherò di suonare in luoghi più piccoli come i teatri, non più solo palazzotti dello sport". La canzone “Having Wings” ha una chiara dedica a Nicole... "E’ una persona che non c’è più e che amava molto la vita, l’ho dedicata a lei". Dai tuoi pezzi evince un senso di “misticismo”, inteso come attenzione per la profondità dell’uomo... "Sì, e sono onorato che ciò venga notato e sottolineato. Significa che il mio obiettivo è stato raggiunto". Hai mai avuto proposte nel campo cinematografico? "Come attore assolutamente no. Non è la mia vena. Mi affascinerebbe moltissimo scrivere una colonna sonora di un film, ma non mi è ancora stato chiesto". E dovendo paragonare scherzosamente la tua musica a un piatto o a un’opera d’arte...? (ride) "...Beh, questa è una domanda difficile! Un piatto sicuramente uno succulento, come quelli della cucina italiana... Cannoli, ecco. Paragonare la musica ad un’opera d’arte non è semplice e non vorrei risultare troppo pretenzioso avvicinandomi ai grandi artisti che hanno fatto la storia dell’arte mondiale. Però, volendo sbilanciarmi, per scherzare direi 'L’Ultima Cena'... (ride)... c’è anche il tema del cibo, vedi...". (Ilaria Rebecchi)