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08/03/2020   MESSYA
  ''Sono una persona leggera e ironica, spesso anche scomoda perchè amo rovesciare i tavoli...''

Ciao Andrea, racconta a chi dei nostri lettori non ti conosce ancora, chi sei e da dove comincia il tuo percorso nel mondo della musica. ''Il mio percorso musicale è iniziato quando mi sono trasferito a Londra nel 2015. Ho imparato tanto in quella città, vedendo concerti ogni giorno, suonando nei locali, confrontandomi con tanti musicisti in un ambiente ancora più competitivo di quello italiano. Ho collaborato con tanti cantautori, uno su tutti James Walsh, il leader degli Starsailor. Aprivo i suoi concerti nel Regno Unito. Ma l'esperienza più folgorante è stato suonare con la mia band al leggendario Festival dell'Isola di Wight. Un'emozione indescrivibile''.

Perché hai scelto Messya come nome d’arte? ''Nella mia musica punto molto sui contenuti, sui messaggi. Credo nella musica pop. Nella sua immediatezza. La sfida che mi sono posto è esplorare argomenti più complessi, trattandoli con leggerezza. Sono una persona leggera e ironica. Spesso anche scomoda perchè amo rovesciare i tavoli. Mi interessa di più quello che non si vede. Ecco, così è come voglio essere anche come artista. Argomentare, anche a costo di risultare impopolare, per me è un dovere morale e civico. Tutti possiamo e dovremmo, essere Messya''.

Quali sono le tue “fonti” musicali o gli artisti che ti hanno più influenzato e portato a intraprendere questo cammino? ''Mi identifico tanto nella musica pop. Ma, in generale, mi entusiasma tutto ciò che riesca ad uscire dalle cuffie e schiaffeggiarmi. Chi sale in macchina con me si potrebbe imbattere nell'arco di 10 minuti in Marilyn Manson, Puccini, Spice Girls, Gino Paoli e Loredana Bertè. La mia musica è frutto di tutte le verità che riesco a cogliere da ognuno di loro''.

Come sei arrivato a vincere Area Sanremo? ''Il mio percorso ad Area Sanremo è stato sfortunato. In tutte le audizioni ero quasi totalmente afono. Quindi perchè partire per Sanremo senza voce? Perchè per me era irrilevante. Credevo tanto in quello che dicevo che niente e nessuno avrebbe mai potuto fermarmi. Loro hanno capito me e il brano, al di là della mia faringite. Gliene sarò per sempre grato''.

Di cosa parla “T.S.O.”? E di chi è l’idea per il bel video? ''T.S.O. è la brutta abitudine di demolire o appiattire l'identità delle persone. Lo facciamo quando non ascoltiamo le voci fuori dal coro, quando lasciamo che i nostri figli crescano in laidi ambienti prepotenti e ipocriti ma pur sempre sacri, quando ci autosabotiamo perchè nessuno ci ha insegnato a credere in noi stessi e al potenziale che abbiamo. Questa società ci fa un trattamento sanitario obbligatorio continuo. Io non ci sto. Ho pensato ai bambini, a quanto sono fragili. Non tutti loro sanno cavarsela. Tra loro ci sono gli adulti di domani. Lo decidiamo noi se saranno frustrati, appagati, insicuri, coraggiosi o forti. E quindi ritenni giusto che il protagonista del mio videoclip fosse un bambino. Mia madre vide un bambino recitare in uno spettacolo, ne era folgorata. Mi chiese di contattarlo. Mi fidai. Mia mamma aveva ragione. Giacomo ha fatto un lavoro straordinario''.

Tu vieni da una città di provincia del sud Italia. Da quanto tempo sei andato via? Hai notato delle discriminazioni o comunque dei comportamenti ingiusti nei confronti di un artista proveniente dal meridione? Torni spesso nella tua città? ''Sono andato via 14 anni fa. Per fortuna, nessuno mi ha mai giudicato per la mia provenienza geografica, ma solo per il mio lavoro. A Reggio ci torno quando posso. Sempre troppo poco!''.

Quali sono ora i tuoi prossimi impegni e i tuoi progetti per il futuro? ''Io e Riccardo Brizi stiamo lavorando a diversi brani da far uscire quest'anno. Non vedo l'ora di presentarli al pubblico. Spero tanto di riuscire a suonare in Calabria, sarebbe per me un onore!''. (intervista di Francesco Arcudi, foto di Raffaella Sottile)