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01/04/2020   HELEN BURNS
  ''La nostra musica nasce per essere l'espressione di un sentimento, di qualcosa che abbiamo provato...''

Gli Helen Burns sono un collettivo catanese nato nel 2016 e formato da Edoardo Buccheri, Walter Leotta, Sebastiano Musco, Domenico Failla e Gabriele Messina. Hanno all’attivo un e.p. ed un nuovo singolo uscito da poco: “Mindglass”, avvolto in atmosfere sospensive. E’ l’occasione giusta per conoscerli meglio.

Benvenuti. Da quanto siete in attività e come nacque l’idea di formare la band? ''Ciao Max, la band esiste dal 2016 ma siamo attivi con la formazione attuale da circa un anno e mezzo. Tutto è partito da Edoardo e Walter che al liceo condividevano la passione per la musica, hanno deciso di formare una band e piano piano la formazione si è concretizzata in quella attuale''.

Il vostro nome richiama il titolo di un pezzo di Flea degli Hot Chili Peppers. Oltre a questi ultimi, chi sono gli altri nomi a cui vi ispirate? ''Helen Burns è il titolo che da nome all'album di Flea oltre che al pezzo contenuto in esso, ci faceva piacere fargli questo tributo. Sono tanti i nomi degli artisti a cui ci ispiriamo, potrei citarti i Radiohead, gli Arctic Monkeys, gli Strokes e tanti altri. Questi artisti sono il nostro pane quotidiano, li ascoltiamo ogni giorno e fanno parte di noi, in ogni caso teniamo sempre a mettere la nostra impronta in quello che facciamo. Quindi sì, c’è tanto di questi artisti nel nostro lavoro, ma c’è molto più Helen Burns''.

“Mindglass” è il nuovo singolo. Ci accennate la tematica del brano? Da un primo ascolto si coglie la volontà di voler instaurare empatia con l’ascoltatore... ''Sì, ci piace molto l’idea che l’ascoltatore possa empatizzare con quello che scriviamo, siamo tutti esseri umani e abbiamo provato tutti determinati sentimenti, seppur in circostanze diverse e per esperienze diverse. ''Mindglass'' nasce proprio per essere l’espressione di un sentimento, di qualcosa che abbiamo provato e di come l’abbiamo vissuta''.

La formula sonora è ricca di pennellate alt-rock, estraneazioni filo-dark e molto altro: un modo per non dare punti fissi di riferimento? ''Quando scriviamo non ci concentriamo su ragionamenti di questo tipo, il nostro processo di scrittura è molto naturale, pensiamo solo a come rendere al meglio quello che vogliamo trasmettere''.

La vostra scrittura nasce, spesso, da analisi interiori o vi ispirate anche a fattori sociali e di fantasia? ''C’è molta analisi interiore in quello che scriviamo, non di meno ci piace anche tanto lavorare di fantasia o riferirci a tematiche sociali. Ci sentiamo di poter dire che all’interno dei nostri lavori ci sono tutti e tre gli elementi''.

I tessuti esecutivi rivelano il doppio volto di cupezza e solarità: rispecchiano gli andirivieni dell’anima? Riuscite ad esorcizzarli solo con la musica? ''Amico mio, che paroloni... Non ero molto bravo in filosofia ma una cosa te la posso dire, ci piace fare musica e ci fa stare bene, ci basta questo''.

Lo scorso anno siete stati tra gli 8 finalisti di Sanremo rock col brano “Do you wanna go back to 90’s?”. Sensazioni di questa esperienza? E a chi è rivolta la domanda del titolo? ''Siamo arrivati tra i primi 8 nella categoria Rock, è stata sicuramente un’esperienza positiva, siamo stati a contatto con tante altre band provenienti da tutta l’italia ed è stato bello condividere il palco con persone che amano la musica tanto quanto noi. Abbiamo stretto tante amicizie e ci siamo trovati bene con gente con cui ci sentiamo tutt’ora. Mi sembra chiaro che la domanda del titolo è rivolta a te, che dici? Andiamo?''.

Con le migliori prospettive di carriera, ringraziamo gli Helen Burns per l’intervista con l’auspicio di sentirli, quanto prima, anche sulla lunga distanza. (Max Casali)