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25/07/2008   FRANCESCA SORTINO
  Musica a colori...

Impossibile rimanere indifferenti alla sua voce e alla sua musica. Difficile non esserne catturati. Un po’ come scoprire per la prima volta un quadro dall’aria tanto familiare e dai colori caldi. Francesca Sortino ha un talento vocale innato, straordinario quanto raffinato. Nel mondo del jazz l’interprete romana ha spesso dato voce alle musiche di artisti eccezionali; alcuni suoi brani sono stati prestati alla tv e al cinema. Fu sua anche l’interpretazione ironica nel brano di successo dei Gabin del 2003 “Doo-uap, doo-uap, doo-uap”. E’ uscito un nuovo disco dal titolo “The Music I Play”, che ci mostra la sua visione artistica da compositrice sperimentando atmosfere sofisticate del jazz sul terreno più accessibile del pop. Presentaci il tuo nuovo lavoro “The Music I Play”. “Il disco parte dalle composizioni, 2 o 3 anni fa ho messo le mani sul pianoforte e ho trovato le melodie. Poi con gli arrangiatori Dario Rosciglione ed Enrico Solazzo abbiamo lavorato sugli arrangiamenti. E quello che hai potuto sentire è il risultato: un disco vario, che segue l’onda, i colori e gli umori di questi anni di lavorazione. Non è un disco finalizzato al pubblico, nel senso che non ho pensato a delle canzoni ad hoc, ma è un flusso naturale di quello che avevo dentro. Ogni pezzo ha una sua anima e c’è stato un bel passaggio di stati d’animo emotivi. C’è il mio grande amore che è il jazz, ma in maniera meno evidente. C’è il pop degli anni 80, la musica sudamericana, il soul di matrice britannica, c’è l’elettronica, la black music. Diciamo che c’è amore per la musica”. Nel disco ci presenti due cover, come è caduta la scelta su quelle canzoni? “'Road Song' del grande chitarrista Wes Montgomery l’ho scelta perché è una canzone che canto ultimamente nei miei concerti: è molto solare, ha un bel groove e stimo molto il chitarrista. 'When I Fall in Love' invece sta a chiusura del disco, ad omaggiare lo standard americano di canzoni che da sempre interpreto. E la omaggio nel modo più classico per me: chitarra e voce”. Comunicare con la voce è un dono di natura o una conquista continua? “E’ tutte e due le cose. Sicuramente è un dono di natura, ma c’è sotto anche un lavoro non tanto cosciente, ma duro lavoro, dato anche dall’ascolto di molta musica. E l’ho scoperto soprattutto da quando prendo lezioni di canto per lavorare di più sulla voce. Il lavoro vero è stare sul palco con i musicisti e con il pubblico”. Mi regali tre colori, uno per ogni fase di lavorazione? “Che bello… Io sono anche pittrice, per cui questa domanda mi piace molto. Allora: per la fase di composizione scelgo il blu, perché è l’immersione nel profondo. Per quella live, il viola, perché è la connessione intima con te stessa, il pubblico e i musicisti. E’ una dimensione spirituale di grande connessione, e poi finalmente, per una volta, lo possiamo spogliare della leggenda legata al colore che porta male. Quella di registrazione, caspita è il colore più arduo da tirare fuori. Che colore gli posso dare? E’ difficile proprio per il momento sempre un po’ faticoso, perché canto meno di quanto io possa cantare, perché mi sento la voce che rimbomba nelle cuffie mentre invece dovrei lasciarmi andare. Diciamo il verde, con la speranza che venga fuori un buon lavoro!”. Quindi in te convivono diverse forme d’arte: musica e pittura. Come queste due espressioni trovano spazio e in cosa si differenziano? “Sono ovviamente due cose diverse però effettivamente quando dipingo metto su un sacco di musica, assorbendola bene. Anzi, è il momento in cui più ascolto la musica. Anche perché non riesco ad ascoltarla quando sono ferma, come per esempio in macchina. Quando pitturo sono io, la tela e la musica. Attraverso il quadro traccio una certa musicalità e con la musica costruisco delle linee, per cui sono cose che si assorbono una nell’altra. La musica rimane sempre l’arte più astratta ma con le radici più profonde e radicate nel terreno. La pittura è molto più intima, la musica molto più elevata”. Come nasce la passione per la pittura? “Dipingo dalla maternità, forse proprio perché ero ‘costretta’ a stare più a riposo. Vengo da una famiglia di pittori, prima ero molto più figurativa, ora invece seguo una corrente più astratta. Non ho esposto, ma lo farò”. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto la musica? “Non mi ha tolto nulla, semmai mi ha regalato tutto, continua a regalarmi libertà, è una strada aperta. E’ un continuo processo di evoluzione”. (Elena Ferraro-Newsic)