Sono presenti 1306 interviste.

23/07/2024
RAMO
''Come mai una lumaca dovrebbe avere un guscio a forma di gelato?...''

23/07/2024
ROBERTO GROSSI
''Una bella canzone è tale se lo è anche ascoltata solo con chitarra e voce...''

tutte le interviste


interviste

15/05/2020   ROOMMATES
  ''La cosa più bella della musica è la condivisione del tempo, delle energie e dell’arte stessa...''

I Roommates sono un quartetto rock attivo dal 2012, e sono in procinto di pubblicare il secondo album “Roots” , dopo l’esperienza di “Fake” di tre anni fa. Questa intervista ci permetterà di conoscerli più da vicino.

La vostra origine risale al 2012. Di chi è stata l’idea di formare la band e con quali difficoltà (se ce ne sono state)? ''L’inizio, come in tutte le situazioni più belle, è stato fortuito: due di noi vivevano nella stessa casa ai tempi dell’università e il terzo era solito passare le serate nella stessa casa. Si è iniziato quindi per il piacere di suonare insieme, senza aspirazioni particolari, perché in fin dei conti la cosa più bella della musica è la condivisione del tempo, delle energie e dell’arte stessa''.

Dopo l’esordio di “Fake”, oggi è la volta di “Roots”, un concept-album ispirato alla Divina Commedia. Ce ne parlate? ''Il disco di esordio è stato come un tuffo in un mondo a noi sconosciuto, quello della musica originale, ci ha permesso di vederne aspetti che fino ad ora avevamo ignorato. Consolidando la nostra esperienza maturata con tale lavoro, e collaborando con Pietro Foresti, nostro producer, abbiamo sviluppato l’idea di un concept che riprendesse una sorta di cammino dantesco dalla dannazione quotidiana che affligge l’uomo contemporaneo, appesantito e rallentato dai suoi stessi vincoli, alla consapevolezza di quelli che vengono indicati come peccati, che possono essere superati solo tramite la loro conoscenza e accettazione. Il viaggio termina con la vista dalla sommità di una sorta di Purgatorio, una vetta raggiunta a fatica, con la mente libera ma il ricordo del cammino ancora vivido. Il disco termina con la title track ‘Roots’, una sorta di Inno alla Musica (o a qualsiasi altra entità che ci faccia sentire appagati nella nostra interezza e complessità) che è facente funzione dell’Inno alla Vergine con cui si conclude la Divina Commedia. Il tutto però resta per noi assolutamente non religioso: l’espiazione del peccato è vista tramite la sua consapevolezza e conoscenza, senza entità salvifiche ma solo consci del fatto che la morale non necessita di un Dio per poter accettare e convivere con le scelte che chiamiamo “peccati”''.

Il vostro stile abbraccia sia il southern che il grunge e tanto altro. L’indirizzo musicale da intraprendere vi ha messo subito d’accordo? ''Il nostro modo di fare musica deriva dal fatto che gli stili e i gusti singoli di ognuno di noi sono abbastanza differenti, spaziando dall’acustico al metal molto spinto, questo ha causato molte differenze nel nostro modo di intendere la composizione, ma è stato un vantaggio più che un vincolo, permettendo di allargare i punti di vista per cercare di arrivare a soluzioni musicali dove un singolo di noi non sarebbe arrivato''.

Le lodi per voi sono arrivate persino dai Lynyrd Skynyrd. Che effetto vi ha fatto e come è arrivata a loro la vostra musica? ''Come sia arrivata a loro la nostra musica, resta un mistero insondabile. Tutto è nato da una telefonata che ci avvisava della pubblicazione della nostra cover di ''Call Me The Breeze'' sulla loro pagina ufficiale. Dopo un primo pensiero sul fatto che potesse essere uno scherzo, e dopo abbondante verifica, questo ha costituito una delle soddisfazioni più carine di quel periodo: una delle band che ha rappresentato per anni un nostro punto fisso, sia come idea musicale, che di band stessa e come rapporto con i fan, ci stava dando un istante della loro attenzione. Credo di avere il sorriso stampato ancora ora :)''.

Gira su Youtube un vostro progetto chimato “Room 120”: in cosa consiste? ''Room120 è un progetto volto a proporre riarrangiamenti di brani a noi congeniali condensati in 2 minuti. La scelta è data dalla volontà di condividere nostre versioni di brani famosi andando incontro all’“attention span”, il limite di attenzione che al giorno d’oggi caratterizza il tipico utente della rete. Il progetto è diviso in due parti, due stagioni, nella seconda abbiamo avuto varie aziende italiane che ci hanno supportato col gear da utilizzare, quindi abbiamo affiancato i video dei brani con piccole recensioni degli strumenti, degli amplificatori e dei pedali utilizzati chiamando tali video “Live Tech Review”. In essi non mostriamo tutta la tavolozza di effetti ottenibili, ma spieghiamo quello che usiamo noi, e perché''.

Perché la scelta dei 7 vizi capitali? Un modo per sottolineare la fragilità umana? ''Noi siamo vizio, siamo imperfezione, sbagliamo (anche spesso). Questo nella nostra quotidianità può essere più o meno gestito, ma a lungo andare, se si ha una morale, si dovrà arrivare ad un confronto con la realtà stessa e con quello che col tempo si diventa. Questo disco vuole mostrare un cammino, da una lenta e lunga discesa, da un toccare il fondo, al risalire un passo alla volta, fino alla vetta della consapevolezza di noi stessi. Siamo fragili, ma questo non deve lasciarci su quel fondo cantato nel primo brano del disco''.

Quale chiave di svolta ha fornito il pregiato apporto del producer Piero Foresti per la progettualità di “Roots”? ''Il contributo di Pietro è stato estremamente d’aiuto, ha permesso di mettere ordine sul processo creativo senza porre particolari limitazioni ma incanalando tutti gli aspetti principali e secondari per poter raggiungere un obiettivo di livello in fase di composizione, prima, e di registrazione dopo. Lavorare con un producer del suo calibro ci ha permesso di crescere e di mettere a frutto le esperienze accumulate con ‘Fake’ per fare un salto di qualità''.

“Fake” raccontava di storie “false”: un fenomeno sempre più dilagante in Rete. Pensate che il Web sia più pericolo che utile? Che rapporto avete con esso? ''“Fake” partiva dalla falsità dei rapporti interpersonali, per estendersi alle bugie e alle apparenze superficiali della società attuale. La reta fa sicuramente parte della realtà attuale, anzi, in tempo di quarantena è una delle basi per avere contatto col mondo e le persone care. Certo, i pericoli sono parecchi, ma come per l’uso di qualsiasi strumento. Il pericolo vero sono le persone che fanno un uso sbagliato degli strumenti, per ignoranza o per scelte deliberate''.

Un sincero ringraziamento ai Roommates per averci raccontato del nuovo album, in uscita ai primi di maggio, e gli formuliamo le migliori prospettive artistiche.