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20/05/2020   SILEK
  ''La musica ha sempre avuto il compito di rimettermi in equilibrio, nonostante a volte il buio sia stato davvero fitto...''

Pochi mesi dopo il precedente “Undici”, il rapper padovano Silek è già pronto a un’altra avventura che questa volta si chiama “Carnival”, un disco potente e personale che parla di maschere e di ciò che c’è dietro.

“Carnival” è il tuo nuovo album. Che cosa ci racconta di nuovo a proposito di Silek? ''Racconta del backstage, di cosa c'è dentro e non fuori, di Simone che in qualche maniera si è sempre nascosto dietro Silek, della persona e non della maschera. Pochi temi sociali, tante cose emotivamente personali, "fatti miei" se vogliamo dirla facile. Ci sono cambi sostanziali per contenuti e per forma rispetto a prima, ma è solo un altro passaggio''.

I dischi rap che escono oggi sono spesso opera di crew abbastanza allargate. Tu mi sembri uno che lavora bene da solo, sbaglio? ''Una crew formale non esiste più, ma in realtà ho la fortuna di lavorare con tante persone con cui oggi giorno mi confronto, buona parte delle quali parte del mio lungo percorso con la musica e del mio gruppo di provenienza, Dozhens. Primo fra tutti Nevo, che assieme a Skinny cura parte delle produzioni recording e mix nel loro studio di Padova ( Underdogs), così come Radio, che praticamente c'è in ogni album come ospite, Boa, e Dj Paniz che da un po’ mi accompagna live. Nei miei limiti cerco di avere una visione a tutto tondo ma accompagnato e consigliato: solista sì, solo per fortuna no''.

Mi ha colpito molto “Cobalto”. Mi racconti qualcosa di più sul pezzo? ''Bella domanda. “Cobalto” parla in due strofe, di parte della mia vita personale e del rapporto con il dolore per situazioni non facili in famiglia, parla di mia madre che si è ammalata molto giovane, e di quanto la musica abbia sempre avuto il compito di rimettermi in equilibrio, nonostante delle volte il buio sia stato davvero fitto. Non voglio fare retorica ed essere nebbioso, quindi sarò chiaro, si parla di depressione, di una malattia che si chiama schizofrenia, e di un tentato suicidio finito comunque male, di cosa vuol dire questo percorso a livello di stato sociale e di quanto questa cosa renda davvero complessa la gestione della tua vita personale su molti fronti. Spesso nel rap si fanno i film, si parla per maschera di cose di cui non si sa nulla, io al contrario ho sempre evitato di parlare di queste cose, forse perché chi le vive dal di dentro della realtà ha bisogno di scapparne, ma probabilmente oggi ho fatto la pace con cose che mio malgrado ho vissuto e le ho lasciate lì, in un brano di cui ho soppesato ogni parola, perché fosse vera, reale e non edulcorata o esagerata per cercare la rima, è uno storytelling fedelissimo per immagini, dove saluto mia madre dicendole che in qualche modo, nonostante tutto, ce l'abbiamo fatta entrambi a trovare un po’ di pace''.

Nei tuoi dischi precedenti parlavi più di attualità e meno di te stesso. Come mai questo cambiamento? ''Forse era solo il momento, forse non avevo altro da scrivere. Con “Undici”, il disco precedente, avevo affrontato molti temi sociali e non avevo davvero più il bisogno di guardare di là. “Carnival” riparte da un momento di cambiamento personale importante, di emozioni e passaggi personali forti, di speranza e delusione, della ricerca della pace ma della difficoltà di trovarla. Quando ho sentito il bisogno di rimettermi a scrivere è nata “Cadeau”, più che mai intima, e da lì è fluito tutto nel giro di 3 mesi in cui i brani prendevano vita da soli. Mi sono tolto la maschera del rapper sociale, anche se in realtà la parte intima e la parte sociale, sono entrambe molto vive da sempre nella mia composizione, stavolta diciamo ho pensato a me. Forse era il tempo''.

Ti piace la scena hip hop italiana di oggi? E ascolti e stimi anche qualcuno che non fa rap? ''La scena di oggi è molto matura e super interessante, per suoni e tecnica. Mi trovo vicino ad alcuni artisti, forse per una questione anagrafica e di esperienze e al contrario molto distante da altri. Di musica ne ascolto tanta e differente, ma ammetto che al di fuori della scena rap ultimamente per la musica italiana ci ho guardato poco, forse perché ormai da due anni sono costantemente in produzione, e quindi studio anche cosa fanno i miei "colleghi" e le uscite sono davvero tantissime. Ora mi aggiorno, prometto''.