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15/12/2020   RICCARDO ROMANO
  ''La musica ci fa capire che, in fondo, siamo tutti molto più simili di quanto pensiamo...''

Ciao Riccardo e benvenuto! Come nasce il tuo nuovo EP “Circuiti”? ''Ciao a tutti! “Circuiti” è il mio primo lavoro da solista dopo anni passati come frontman di una band, e nasce a seguito di un evento che mi è successo tra il 2018 e il 2019, che mi ha portato a riflettere su me stesso e a cominciare una ricerca introspettiva. Quell’evento è stato un intervento al cuore dovuto a frequenti attacchi di tachicardia, che consisteva nel bruciare un “circuito” andato in tilt che provocava appunto questi attacchi (tranquilli, ora sto bene, è tutto risolto e sono carico come una molla!). Dopo l’intervento ho cominciato a scrivere “Corto Circuito”, brano presente all’interno dell’EP, che parla proprio di questo avvenimento. Possiamo dire che questo brano ha portato alla creazione di tutti gli altri, perché mentre lo scrivevo nella mia testa si susseguivano domande su me stesso e sui miei atteggiamenti, che mi spingevano a trovare una risposta, poi espressa all’interno degli altri brani, ma soprattutto del titolo di questo EP dove ogni canzone è appunto un mio “circuito”''.

"Circuiti" è un lavoro autobiografico. Quali aspetti della tua vita racconti nelle canzoni? ''Nei brani che troverete dentro “Circuiti” sono presenti varie sfaccettature di me. Ho scritto di una mia grande “dote”, ossia la pigrizia, e della mia perenne lotta contro di essa per evitare di passare tutta la vita sul divano. Racconto della mia quotidianità e degli imprevisti di tutti i giorni, che puntualmente mettono i bastoni tra le ruote, e tutto quello che hai organizzato viene buttato fuori dalla finestra. Come dicevo prima parlo del mio cuore o, meglio, del rapporto che ho con lui e di come io mi conosca in modo così superficiale, ma parlo anche del rapporto con mio padre e del fatto che più cresco e più mi accorgo di assomigliargli pur avendo ancora punti di vista differenti su vari argomenti. Racconto del mio essere chiuso e introverso, della difficoltà che ho nel parlare con gli altri dei miei problemi, motivo per cui tendo ad isolarmi, e infine parlo di quanto sia bello stare bene riuscendo anche a perdersi in 20 metri quadrati con la propria metà''.

I primi due singoli estratti sono "Cicche al mentolo" e "Socialvitamanager". Come mai hai scelto proprio questi brani per presentare l'EP completo? ''Ho scelto questi due brani prima di tutto perché sono, a mio parere, quelli più catchy, grazie a due riff di chitarra che li rendono riconoscibili e ti portano subito in un mood più leggero e spensierato. In secondo luogo, li ho scelti perché volevo introdurre l’ascoltatore nel mio mondo in modo graduale, facendomi scoprire poco a poco, partendo dalla mia parte più allegra per poi rivelare le mie parti più profonde''.

Elettronica, chitarre rock, ballad. Il tuo sound è molto variegato. Da cosa dipende questa scelta? ''Il sound è quello su cui abbiamo lavorato di più. Parlo al plurale perché su questo non ho lavorato da solo ma sono stato aiutato da Lorenzo Avanzi, che oltre all’arrangiamento ha curato mix e master dell’EP. Quando siamo partiti con i brani abbiamo deciso in modo unanime di non porci limiti sui suoni, volevamo sperimentare. Ci sono brani dove l’elettronica la fa da padrone con sonorità Synth Wave oppure Low-Fi, mentre altri hanno una forte presenza di riff di chitarra elettrica e altre sono ballad al pianoforte accompagnate però da batterie elettroniche. Abbiamo sperimentato e amalgamato insieme tanti sound per fare in modo che ogni canzone fosse unica''.

Che musica ti piace ascoltare? Cosa troviamo nella tua playlist Spotify? ''Ascolto quasi tutta la musica, indifferentemente dal genere, sia internazionale che italiana. Nel mio Spotify troverete musica italiana, come quella dei Pinguini Tattici Nucleari, Samuele Bersani, Mango, Cesare Cremonini e Marco Mengoni. Invece come musica estera potete trovare i Panic! at the Disco, Green Day, Blink-182 e Sum 41, Florence & The Machine, Muse e Depeche Mode. Ce n’è per tutti i gusti''.

Cosa vorresti che la tua musica trasmettesse a chi la ascolta? ''Quello che mi piacerebbe trasmettere con la mia musica è un po’ di me e riuscire a far immedesimare l’ascoltatore in quello che scrivo, far in modo che senta quelle parole come se fossero sue. Sapere che qualcuno ha vissuto qualcosa di simile a quello che ho scritto, o solo il fatto che si sia ritrovato in quelle parole per me sarebbe un successo. Perché la musica, oltre ad essere un mezzo di trasmissione potentissimo, è la cosa che forse ci unisce più di tutte e ci fa capire che, in fondo, siamo tutti molto più simili di quanto pensiamo''.