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04/02/2021   MARCO GRAZIOSI
  ''La carenza di passione in ciò che si fa ci porta a diventare aridi o troppo individualisti...''

Marco Graziosi è un cantautore reatino, classe ’73, fondatore della Rino Gaetano Band insieme ad Anna Gaetano, sorella dell'indimenticato artista. E’ l’occasione per introdurre, oltremodo, il discorso sul nuovo album solista, in uscita a marzo, anticipato dai singoli citati in seguito.

Benvenuto Marco su Music Map. Per tanti anni hai portato con successo in giro, in Italia e nel mondo, la tribute-band di Rino Gaetano. In che fase è il progetto: in stand-by o ancora itinerante? E quanto ti ha arricchito in termini autorali e compositivi? ''Non faccio più parte della Rino Gaetano Band ormai da molti anni, ho continuato un mio tributo a Rino Gaetano fino all’estate scorsa quando, con un live a Pescara, ho deciso di terminare questa esperienza durata più di venti anni. Sicuramente mi ha dato modo di conoscere approfonditamente Rino e, certamente, ha permesso di migliorare anche il mio lato artistico''.

Come avvenne l’incontro con Anna, la sorella di Rino per fondare la band? Fu sùbito d’accordo con l’idea del progetto oppure nutrì qualche riserva? ''Anna aveva un’altra band in quel periodo, la invitai ad un mio tributo e, dopo poco tempo, mi chiese di costituire la band ufficiale''.

Il fatto che dal debut-Lp: “Bar Collando” al nuovo album omonimo sia passato quasi un ventennio, si deduce, forse, di aver avuto poco tempo per dedicarti al tuo percorso solista, oppure sei riuscito, comunque, a non perderlo di vista? ''Ho sempre continuato a scrivere, nonostante i numerosissimi live, ogni tanto riuscivo a ritagliarmi un po’ di tempo per presentare il mio progetto''.

I due singoli estratti “L’amore a tempo determinato” e “Dove hai messo Cappuccetto Rosso” sono appelli alla precarietà e allo stupore perduto. Il mondo adulto ha proprio obliato l’impegno duraturo e il fanciullino Pascoliano? ''Ovviamente non è così per tutti ma credo si avverta l’esigenza di tornare a guardare le cose con maggiore purezza, con la meraviglia dei bambini in ogni sfaccettatura del nostro vissuto, la carenza di passione in ciò che si fa o si osserva spesso ci porta a diventare aridi o, per contrapposizione, troppo individualisti''.

Sapendo che, in generale, le canzoni abbracciano un ampio ventaglio argomentativo, tu cosa ti prefiggi, principalmente, di trasmettere? Riflessione, esortazione, evasione, spunti sociali o cos’altro? ''Credo che la canzone principalmente debba essere un momento di evasione. Mi piace scrivere testi “aperti” dove l’ascoltatore, se ne ha voglia, può inserirci parte del proprio vissuto. ''Dove hai messo Cappuccetto Rosso'' credo ne sia l’esempio. Tutto l’album prende, come scusa, temi che potrebbero far pensare a canzoni d’amore o quasi ma, se sviscerati, si possono trovare contenuti diversi''.

Il tuo è un tradizionale cantautorato che non disdegna, però, incursioni nel moderno. A proposito di questo, cosa ne pensi della definizione “I nuovi cantautori” che danno oggi dei T-Rappers? ''Ascolto con curiosità questo nuovo mondo musicale, credo che ogni generazione abbia cercato di portare un cambiamento nella musica e nel linguaggio, ed è giusto così. Trovo sia peggiore l’appiattimento del mercato discografico o lo svilimento che subisce la musica attraverso i talent''.

Hai condiviso vari eventi con Angela Baraldi, Francesco Baccini, e con Paolo Rossi al Festival di Sanremo nel 2007. Che idea ti sei fatto di questa kermesse e cosa ti ha insegnato la frequentazione dei Big? ''Nell’esperienza di Sanremo come corista a Paolo Rossi, ho praticamente fatto il “ladro” cercando di rubare ogni minima sfumatura della genialità e della professionalità di Rossi e, ad essere sincero, non mi sono curato molto della kermesse. Angela Baraldi la ritengo uno straordinario talento e adoro la sua voce. Con Baccini, abbiamo fatto un tributo a Rino ed è stato un momento straordinario''.

Il lockdown ha influito sulla creatività per contemplare il nuovo album? Stai progettando il ritorno sui palchi, una volta ristabilità la normalità? ''Il periodo del lockdown mi ha permesso di avere maggior tempo per riascoltare il lavoro fatto in studio. A livello creativo non è stato molto produttivo perché la creatività, per me, ha bisogno di vita vissuta. Non vedo l’ora di poter presentare il mio nuovo album guardando le persone, credo che la musica, come qualsiasi altra forma d’arte, necessiti di uno scambio diretto di emozioni e, nel mio caso, si può trovare solo nei live''.

Augurando ottime prospettive professionali, salutiamo Marco Graziosi ringraziandolo per l’opportunità di conoscerlo più da vicino. (Max Casali)