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04/11/2021   ANDREA CHIMENTI
  ''Nel disequilibrio si è costretti a trovare nuove energie e formule per restare in piedi...''

Ospitiamo oggi un personaggio di spessore come Andrea Chimenti: ricercatore, sperimentatore, musicista, un glorioso passato con i Moda e con l’arte globale nel DNA. Approfittiamo della sua presenza per parlare del nuovo album “Il deserto la notte il mare”.

Ciao Andrea. La tua parabola musicale parte dagli anni ’80, periodo di gran fermento artistico con l’avvento della new-wave. Come riuscivi ad approcciarti con gli eventi di quell’epoca? ''Ciao Max, non c’era molta differenza da come un giovane oggi approccia alla musica. Diversa era l’atmosfera che si viveva, fatta di grandi novità e sconvolgimenti musicali. Gli anni ’80 voltavano pagina dal precedente decennio azzerando quasi tutto. Sicuramente gli stimoli erano molto forti e io mi sono trovato affascinato e poi coinvolto da quel clima che si respirava in ogni ambito artistico. Il fascino del pionierismo era forte perché molte cose erano da inventare e costruire quasi da zero: le prime etichette indipendenti, nuovi spazi spesso improvvisati dove esibirsi, l’avvento della tecnologia che permetteva nuove sonorità alla portata anche di chi non aveva alle spalle uno studio musicale accademico. Questo e altro faceva scaturire molta energia costruttiva''.

In quel periodo si avvertiva nelle bands la sfida, non solo di difendere il cantato in italiano, ma anche di osare tentativi diversi di fare musica. Presumo che tutto ciò fu per te un’illuminazione fulminante di ricerca e sperimentazione. ''Sì, la sfida dell’italiano è stata la più difficile. Ricordo che iniziai cantando in inglese perché era normale usare quella lingua che si confaceva perfettamente alla musica che le era nata intorno: il rock. Quella dell’italiano fu una scelta molto ragionata e inizialmente poco istintiva. Avrei voluto continuare con l’inglese, ma allo stesso tempo mi sentivo stupido a cantare in una lingua che non mi apparteneva, mi sembrava di scimmiottare cantanti stranieri e capii molto presto che se volevo essere autentico e avevo qualcosa da dire, dovevo cantare nella mia lingua. I primi tentativi prodotti insieme a Marco Bonechi (il nostro primo bassista e cofondatore dei Moda) furono zoppicanti, ma ben presto divenne naturale l’uso dell’italiano e soprattutto irrinunciabile''.

La tua permanenza con i Moda si conclude nel 1989: stesso anno in cui Gianni Maroccolo lasciò i Litfiba, con i quali avete condiviso la stessa sala prove. Cosa ti portò a dire basta a livello di band? ''Purtroppo all’interno della band erano nate esigenze differenti. Il nostro produttore Alberto Pirelli vedeva in noi delle potenzialità main stream. Nella sua etichetta IRA Records i Litfiba ricoprivano il ruolo di “cult band” e noi potevamo ricoprire un ruolo più popolare. Non tutti eravamo d’accordo e nel gruppo si formarono fazioni differenti che portarono allo scioglimento. Io forse appartenevo alla frangia più estremista e desideravo proseguire la strada di ''Canto Pagano'' (il nostro secondo disco), altri avrebbero preferito ammorbidire la proposta musicale. Il risultato fu il nostro terzo disco, “Senza Rumore”, che, tolti alcuni brani, mi lascia ancora oggi perplesso. Presi io la decisione di sciogliere il gruppo dopo un concerto a Bologna fine 1989 insieme ai Litfiba. Quella sera io lasciai i Moda, mentre Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi lasciarono i Litfiba. Una strana coincidenza visto che poco tempo dopo ci saremmo trovati a lavorare insieme al mio primo disco da solista “La Maschera del Corvo Nero”.

Sin dall'appena nominato primo disco solista ti sei sempre contraddistinto per l’impegno di non fare mai un album simile all’altro. Ritieni che anche il nuovo “Il deserto la notte il mare” prosegua questa tua progettualità? Ci sveli qualcosa sugli 11 brani previsti? ''È vero quello che dici, ho sempre cercato di fare dischi diversi l’uno dall’atro. Penso che sia dovuto anche a tutte le contaminazioni acquisite in altri ambiti: teatro, scrittura, cinema, installazioni… sono mondi che finisco per portarmi dietro e confluiscono nella mia sfera musicale. Ho sempre amato gli artisti eclettici, capaci ogni volta di mettersi in gioco. È un aspetto della ricerca che mi intriga molto e che apre spazi nuovi e inaspettati rendendo il mio lavoro sempre nuovo e pieno di sorprese. Importanti sono anche le collaborazioni che, ogni volta diverse, suggeriscono nuovi scenari. Sicuramente Cristiano Roversi, con il quale ho prodotto il disco, ha portato parte del suo mondo, rinnovando le sonorità già presenti nei miei provini. C’è una notevole venatura progressive ne ''Il Deserto La Notte Il Mare'' e forse questo aspetto era più in sordina nei miei dischi precedenti''.

Tra gli special-guests spiccano nomi di peso: da David Jackson dei Van der Graaf Generator a Ginevra di Marco, e poi Aiazzi (Litfiba), Galavotti (Moda) e Magnelli (Csi, Cccp). Ce ne parli? Come sei riuscito a coinvolgere Jackson? ''David Jackson è stato una vera rivelazione in questo album, credo che abbia aggiunto una “luccicanza” speciale. Il merito è stato di Roversi che, avendoci già lavorato, ha avuto modo di contattarlo. Jackson ha ascoltato i brani e gli sono piaciuti tantissimo, così dopo aver eseguito le tracce si è proposto di venire a suonare anche dal vivo. È stata una collaborazione molto bella, semplice e lineare come lo sono sempre quelle inglesi. Con Antonio Aiazzi la collaborazione è avvenuta in modo molto naturale, ci stavamo frequentando per il live di “Nulla è Andato Perso” di Gianni Maroccolo e abbiamo scritto in quel periodo alcuni brani insieme di cui due finiti nel disco. Amo molto le composizioni di Antonio Aiazzi e mi ispirano con grande facilità melodie e testi. Trovo che sia un autore estremamente evocativo con la sua musica. Tra i brani ne avevo uno che pensavo fosse adatto a Ginevra Di Marco e così gliel’ho proposto. È piaciuto sia a lei che a Francesco Magnelli e così è nata la collaborazione. Francesco Magnelli ha poi aggiunto una parte minimale di piano che incorona il brano “Bimbo” dall’inizio alla fine. Ci tenevo che in questo disco comparisse Fabio Galavotti, vecchio compagno di mille battaglie, prima come studenti e poi con i Moda. “Milioni” mi sembrava la canzone giusta e lui ha studiato una parte di basso davvero bella. Mi ha emozionato tornare a suonare insieme in questa occasione ed è stato come se il tempo non fosse passato, Fabio non aveva perso un briciolo di smalto nel suo modo di suonare e ci siamo capiti a volo''.

Sulle piattaforme digitali saranno fruibili solo i 3 singoli estratti: “Milioni”, “Beatissimo” e “In eterno”. Perché? Scelta concorde con la V-Rec che pubblicherà l’album il 5 novembre? ''Il disco sarà possibile ascoltarlo solo acquistando il CD o il Vinile. Nel vinile è presente un codice QR con il quale è possibile scaricare i file mp3. Credo che sia giusto sostenere la musica, lo streaming sta uccidendo i guadagni dei musicisti e in particolare per quelli appartenenti al panorama underground. Con i tre singoli è possibile avere un’idea del tipo di album, se si è interessati lo si acquista''.

Visto l’ampio raggio “sperimentativo” che hai applicato in musica, credi ancora oggi che la canzone sia in costante evoluzione? Se sì, quanto margine può esserci ancora per ristrutturare la canzone stessa per farla evadere dalle solite regole scritturali? ''Credo che la canzone abbia molte possibilità di evoluzione, direi infinite. Le strutture chiuse vengono solitamente messe dal mondo commerciale che ha bisogno di regole prevedibili per far fronte al mercato. Nei sotterranei della musica tutto è possibile, qui si creano fucine che nel tempo vanno ad influenzare anche il mondo mainstream. Non credo più nell’Indie, per me oggi inesistente, ma continuo a credere nell’underground capace di proporre novità, libero da regole ed esigenze di mercato. Io penso di appartenere a questo ambito e cerco di dare il mio piccolo contributo''.

In carriera, ti sei cimentato su vari fronti: dal cinema , al romanzo (e disco “Yuri”) al cantare poesie di Ungaretti, a dar voce a Verdone alla scena finale di “Sono pazzo di iris Blonde” e tanto altro. Come dire, un’indole irrefrenabile che non teme l’incalcolabile? Un po’ come gli sciatori che fanno dei fuoripista per cavalcare l’emozione di scoprire sentieri vergini? Ritornerai presto sul palco? ''Mi piace un sacco la tua immagine dello sciatore fuori pista! Anche se nella vita penso di essere una persona molto prudente, nel mio lavoro in effetti non lo sono. Bisogna sempre mettersi in una condizione instabile per generare situazioni e risposte inaspettate. Nel disequilibrio si è costretti a trovare nuove energie e formule per restare in piedi. Con dicembre inizieranno le date dedicate a ''Il Deserto La Notte Il Mare'' organizzate da Musiche Metropolitane. Partirò in trio con Cristiano Roversi e Erik Montanari''.

Ringraziando Andrea Chimenti, gli auguriamo di perseguire sempre sentieri inediti per regalarci ancora tanta bella arte. (Max Casali)