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28/07/2006   MUSE
  Chiacchierata con il cantante e chitarrista Matthew Bellamy

A tre anni dal successo del loro terzo album "Absolution", tornano sulle scene i Muse con "'Black Holes And Revelations", un disco nato tra il Sud della Francia e New York, il cui processo produttivo - racconta il cantante e chitarrista Matthew Bellamy - "è stato molto lungo, ma molto simile a una vacanza. I primi mesi li abbiamo passati in riviera, al mare e devo ammettere che è stato molto facile lavorarci". Il batterista Dominic Howard scherza e ridendo aggiunge, "Abbiamo passato un sacco di tempo in barca, in giro per il Mediterraneo, fingendo di registrare un disco. E' una cosa che ci ha aiutati molto a concentrarci". Difficile o piacevole gestazione, il primo singolo "Supermassive Black Hole" spiazza pubblico e critica, ma colpisce nel segno in quanto a originalità. La scelta è stata calibrata proprio per "fare qualcosa che fosse davvero diverso da quanto fatto prima. Il singolo poi doveva mostrare il fatto che nel disco fossero contenute nuove idee e nuovi territori che volevamo esplorare. Volevamo dimostrare di essere una vera e propria band, non volevamo dare l'impressione di un gruppo che rigurgita semplicemente la solita vecchia roba". Nuovi territori da esplorare, quindi, si aggiungono ai capisaldi della produzione tipica dei Muse. Tra i nuovi elementi troviamo anche un 'dance vibe' che, come ci spiega Matt, suona come una rivalsa per il rock: "Le band rock negli ultimi anni si stanno sforzando per cercare di riportare la musica e il regno delle chitarre sulla pista da ballo, terreno dominato dall'R&B per anni e anni". Nonostante un mood ottimista nel sound, il trio inglese non si distacca dall'immaginario intimista e cupo. "Il testo di "Supermassive Black Hole" parla dell'attrazione per la distruzione in una relazione, da qui può partire un'analogia con la distruzione in generale, con il fatto che l'Universo inevitabilmente tenda verso l'autoannientamento, è parte della natura". (Mtv)