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07/01/2022   GLI INCUBI DI FREUD
  ''La musica è una delle migliori frontiere per accedere all'inclusività tra diversi generi...''

Gli Incubi di Freud sono una band alternative rock italiana originaria delle Marche: Joshua, il paziente zero, è di Ripe San Ginesio (MC), gli altri pazienti/musicisti si barcamenano tra maceratese e fermano, tra mare e monti (Matelica, Tolentino, Porto Sant'Elpidio). Nascono da un’idea del frontman Joshua McFarrow.

Ciao Joshua. Siete una band di recente formazione, benché già si notassero i primi vagiti nel 2013. Cos’è poi successo da otto anni a questa parte? ''Dal 2013 fino al 2021 la paura, il timore del giudizio altrui ha sovrastato ogni lecita velleità di voler venire allo scoperto. Non mi sono mai sentito all'altezza di avere un qualsiasi potenziale pubblico. E se facessi schifo? Poi il lockdown di marzo 2020, oltre ad avermi fatto sragionare ed ingrassare a dismisura, oltre alla somatizzazione di traumi irrisolti, mi ha posto davanti all'evidenza che avere rimpianti troppo grossi fa un bel po' schifo. Ero stanco da far schifo, tra turni massacranti in ambulanza, che nel periodo erano ovviamente molto provanti per la triste novità che tutti stavamo vivendo. Essere lì in prima linea è stato sfiancante. Era un grigissimo (pur se assolato) weekend di aprile 2020, non lavoravo, ero brillo ed oltre, mentre stavo facendo l'ennesimo rewatch di Dexter, serial killer che si capacita di potersi concedere una parvenza di vita emotiva normale. In quel momento di desolazione mi sono detto che, per non aver mai ammazzato una mosca, era giusto che anche io mi concedessi una reale possibilità di dar voce alla mia musica. Sono una brava drama queen insomma''.

Cos’è che vi ha fatto uscire allo scoperto dopo il lockdown? Facendo una battuta, possiamo dire che è stata una decisione di… peso? ''Come detto precedentemente, nel lockdown del 2020, con così tanto tempo a disposizione per confrontarmi costantemente col mio flusso di coscienza, è stato inevitabile fare la più severa autocritica. E' stato un bene sentirsi in colpa per aver accumulato otto anni di vorrei ma non posso, perché il senso di colpa ha scarcerato canzoni totalmente compiute, che senza alcun motivo valido erano rimaste intrappolate nell'hard disk. La somatizzazione adiposa è stato un quid in più di senso di colpa che mi sarei voluto evitare, ma purtroppo non conosco mezze misure''.

Dal sound del debut-single “Miglior attore non protagonista” si evince un sound granitico, in scia rock-grunge: è un genere comunemente masticato da tutti voi già in passato? ''Io, Joshua, oltre che sentirmi totalmente affine al genere, trovo questo filone il migliore per modellarci sopra il mio universo semantico, fatto di nostalgia, introspezione, rimpianto. E sprone per il movimento scoordinato, che non dico essere il pogo, ma nemmeno qualcosa che somiglia ad una danza con canoni e coreografie. Andrea K è il membro della band che probabilmente più posso affiliare a questa scelta, mentre invece gli altri (Alessandro, Edoardo, Mirko) provengono da scenari musicali molto diversi, quali hard-rock, metal-core, funk rock e synthwave. La musica è una delle migliori frontiere per accedere all'inclusività tra diversi generi, per cui ben venga che ognuno abbia il suo peculiare retroscena''.

Chi è il “Miglior attore non protagonista”? Tu? L’essere umano in generale che fatica le fatidiche sette camicie per poi raccogliere solo briciole? ''“Migliore attore non protagonista” è il calco iperrealistico di me stesso, è una biografia musicata che amo. Non potrò mai parlare di me in maniera più lucida, disillusa e schietta. E' un biglietto da visita che più autentico non avrei potuto. Per debuttare avrei potuto fare scelte discografiche più “ruffiane”, più vendibili, catchy... tuttavia ho sentito la spinta fortissima di mettere in chiaro sin da subito chi sono intimamente. E' stato prima di tutto una necessità indemandabile, un sentire irrinunciabile fare questa scelta. Voglio che l'ascoltatore abbia subito un'impronta forte di chi sta ascoltando, a partire dal suo vissuto, senza alcun filtro, allusione, sotterfugio. Sono il migliore attore non protagonista della mia stessa storia, e non ho più paura di partecipare''.

Mi piace molto il videoclip, girato tra mura antiche, sezione on the road e paesaggi collinari. Ce ne parli? Si vede Freud che balla: un omaggio al nome che portate? ''La maggior parte delle riprese sono state effettuate nel mio paese, Ripe San Ginesio (MC) proprio per sottolineare l'inferenza del mio passato sul presente. Grandi eventi, traumi indelebili che continuano a riflettersi nell'oggi; in questo il mio amato borgo medievale è stato cornice suggestiva e maledetta, come in un amore tormentato ma irrinunciabile. Le sezioni on the road tributano la mia innata passione per la guida, che non può mai prescindere dall'ascolto di buona musica: un binomio inscindibile che spero di aver impresso chiaramente. Il Sigmund Freud danzante è stato inserito all'ultimo per puro caso. Bisognava porre rimedio, per ragioni totalmente esterne alla sceneggiatura, ad alcuni secondi di girato che non avrei potuto cambiare o editare diversamente. Il provvidenziale faccione di Sigmund ha secondo me impresso una miglioria ed un tratto molto distintivo. Sì, è un omaggio al nome del progetto, anche se non sono propriamente lieto per il motivo che ha causato questo cambiamento in corsa...''.

Che la vita sia ostica ed ingenerosa lo denunciate senza mezzi termini, però all’orizzonte s’anela nel testo un lumicino di speranza: quella, forse, legata all’ambire alla propria realizzazione esistenziale? ''Sono stato infelice per la maggior parte della mia vita. Se non riesco a crearmi uno spiraglio di felicità nemmeno nella musica non mi darei più troppe speranze... qui posso far vincere il mio l'alter ego, e non per niente è nella musica che serbo i miei momenti più memorabili, felici, migliori. Vorrei iniziare a vedere la musica, da spettatore e da protagonista, non come evasione dalla realtà, ma come approdo in una dimensione di realizzazione per non scappare più da nulla''.

Cosa contempla il tuo universo semantico: voglia di riscatto, fare pace con te stesso, esorcizzare le difficoltà attuali e del passato, oppure? ''Il mio universo semantico è un grosso sconclusionato minestrone di emozioni forti e devastanti, difficile da digerire. Vuole essere un racconto autentico di me stesso per ora, che non so spiegarmi granché al di fuori del contesto musicale. Più in là vorrei sondare anche altri terreni, estroflessioni, guardarmi attorno. Nella musica voglio divertirmi, specchiarmi, riflettere, far riflettere, far scuotere la testa, battere i piedi, scalciare, far vorticare i pugni. Quello che mi attendo dalla mia musica è esattamente quello che mi aspetto quando io sono ascoltatore e pubblico. Non deve essere solo carina, appetibile, orecchiabile. Deve tramandarmi senso, significato, emozione, bellezza, pensiero''.

So che in cantiere è previsto il primo album. Ci piacerebbe sapere qualche anticipazione: numero dei brani, data di uscita, note tecniche ecc. ''In realtà più che un album è previsto un seguito di “Sistole”, e già questa mi pare un'anteprima più che succosa da dare in pasto, perché con un po' di deduzione semantica... e qui taccio, ho detto troppo! Poi vorrei davvero avere forza e ispirazione anche per un album, ma stiamo correndo troppo! Numero di brani? Circa x, oppure qualcosa tipo y. Qui non mi sbilancio, qui ancora sto annaspando con me stesso. Data di uscita? Quando i miei ragazzi se la sentono di abbracciare, digerire, assimilare gli ennesimi spartiti scapestrati. Ecco, giusto come prospetto non vorrei arrivare dopo l'estate, pur che come genere io sia decisamente poco estivo, poco tu-ppatuppà – tu-ppatuppà. Come nota tecnica vorrei ben prospettare delle sonorità ancora un pelino più dure e “ostiche”, forse in controtendenza con la richiesta attuale di mercato. Non tanto per spirito di contrarietà, è semplicemente che a me piace così. Vi ringrazio per le domande assai stimolanti e per lo spazio messo a disposizione, alla prossima!''.

Augurando ottime prospettive, salutiamo Gli Incubi di Freud con l’auspicio che il loro singolo possa destare riflessione esistenziale e tanta energia per la vita. (Max Casali)