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24/03/2022   OSLAVIA
  ''Abbiamo trovato un punto comune nell’alternative rock scrivendo brani in italiano...''

Benvenuti. Chi sono gli Oslavia? ''Ciao! Anzitutto gli Oslavia sono: Eugenio, Aika, Paolo, Gianluca e Paola. Nasciamo sei anni fa in quel di Milano dalle ceneri di progetti precedenti, tutte molto differenti tra loro. Abbiamo trovato un punto comune nell’alternative rock scrivendo brani in italiano''.

In "La Peste", il vostro nuovo singolo, reinterpretate un brano di Gaber. In primis: cosa vi lega a Gaber? E poi: perché proprio questo brano? ''Paolo (da buon milanese) è un grande fan di Gaber e già aveva proposto questo pezzo a Eugenio, registrando una bozza che abbiamo poi sviluppato e definito durante il primo lockdown. “La peste” può essere riletta ora come una metafora della pandemia anche se nasce con un forte significato politico (Gaber la scrisse in un contesto fortemente ideologizzato, quello degli anni ’70); questo è possibile grazie alla capacità di questo brano di risultare sempre attuale pur in periodi storici differenti''.

Oltre a Gaber, quali sono le vostre principali influenze musicali? ''Le più disparate dato che siamo cinque persone con gusti musicali diversissimi tra loro: Eugenio arriva da esperienze come cantautore e musica ska, Aika dal punk, Gianluca ama il progressive, Paolo è un appassionato di Jazz e Paola, invece, di hard rock (ma nelle sue playlist puoi trovare anche Vasco)''.

Siete una band da palco. Come sono stati per voi questi anni di stop forzato? ''In realtà non è mai stato uno stop nel vero senso della parola: certo, non potevamo fare concerti dal vivo, i locali erano chiusi e l’intero mondo dello spettacolo era in sofferenza ma tutto quello che era fattibile “a distanza” lo abbiamo portato avanti: videocall settimanali (che nessuno voleva mai fare ma che poi si sono rivelate utilissime a mantenere vivo il gruppo), rielaborazioni e registrazioni di alcuni brani in acustico, produzioni di video “a distanza”, scrittura di nuovi pezzi… insomma, non siamo mai stati fermi nel vero senso della parola''.

E ora che la ripartenza sembra vicina, avete già concerti in programma? ''Ne abbiamo già fatti e se ne stanno programmando altri, anche se ora come ora la priorità è la registrazione del nuovo album''.

Com'è un live degli Oslavia? Cosa vi contraddistingue dagli altri? ''Di sicuro c’è tanta energia; anche le cover con le quali abbiamo scelto di intervallare i nostri pezzi sono tutte ri-arrangiate secondo il nostro sound ed Eugenio, oltre che cantare, sa intrattenere e coinvolgere il pubblico''.

Consigli per gli ascolti: 5 gruppi underground come voi che vale la pena ascoltare e perché. ''Molto democraticamente abbiamo deciso di scriverne una a testa, dato che trovarne cinque su cui essere tutti concordi è abbastanza difficile :)
Eugenio consiglia: Lucio Corsi. “Cantautore coraggioso, talentuoso, che in un'epoca segnata dall'autotune e testi banali, propone poesie supportate da suoni orchestrali. Polistrumentista eccentrico, rappresenta oggi un piccolo Prince italiano”.
Gianluca consiglia: The Circus Birds. “Band del Kent (UK) con sonorità rock moderne, ritmi serrati, riff memorabili e un occhio al pop ma con l'evidente bagaglio culturale del brit rock. Colonna portante il batterista Ollie”.
Aika consiglia: Tre Allegri Ragazzi Morti. “Capitanati dal Davide Toffolo (fumettista, tra le altre cose), mi colpiscono perché pur avendo delle sonorità punk rock riescono a raccontare storie di ogni giorno senza cadere nei soliti cliché. Davide ha saputo dare colore ai testi come se fossero descrizioni di fumetti”.
Paolo consiglia: The Dream Syndicate. “Una delle band underground per antomasia, tra i fondatori del cosiddetto Paisley Underground negli anni '80 a Los Angeles. Sono sempre stati una delle mie band di riferimento, a partire dall'esordio di "The Days Of Wine And Roses" del 1982, fino alle produzioni più recenti (ebbene sì, dopo 40 anni sono ancora in attività... con alcuni stop e cambi di formazione). Autori tra l'altro di uno dei più grandi album live della storia del Rock, "Live At Raji's" del 1989. Mi affascinano soprattutto per la loro capacità di miscelare Alternative Rock ad altre influenze musicali, un pezzo su tutti ''John Coltrane Stereo Blues'', pura psichedelia Rock-Jazz, ascoltare per credere!”.
Paola consiglia: Gli Icmesa. “Milanesi come noi, propongono un alternative rock a tratti acido per niente banale”.