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18/11/2025
18/11/2025 PAUL MC CARTNEY
Sta per pubblicare una ''canzone'' muta contro gli abusi dell’intelligenza artificiale
Il suono di uno studio di registrazione vuoto. Niente testo, niente strofe o ritornello, niente musica. Due minuti e 45 secondi di silenzio, o quasi. È una nuova traccia di Paul McCartney. Non una canzone, ma un atto di protesta e un invito a legiferare affinché l’uso dell’intelligenza artificiale non penalizzi autori e musicisti.
La “canzone” di McCartney sarà inclusa come bonus track nella riedizione in vinile di ''Is This What We Want?'' che uscirà in edizione limitata l’8 dicembre. Un giornalista del Guardian che l’ha ascoltata la descrive così: inizia col fruscio di un nastro che dura un minuto, continua con una quindicina di secondi di rumori vari, seguono sibili e un fade out. I musicisti? Spariti. Perché è la fine che rischiano di fare se il governo britannico lascerà che grandi aziende tech come OpenAI, Google, xAI e Anthropic addestrino le loro intelligenze artificiali usando le canzoni esistenti, senza pagare alcun diritto d’autore.
Il pezzo del Beatle è insomma nello stile di ''Is This What We Want?'' che è uscito in digitale a febbraio quando 1000 artisti, da Damon Albarn a Kate Bush, si sono uniti per pubblicare un disco fatto di silenzio o quasi, come atto di protesta contro la proposta di legge che consentirà alle aziende tech di usare liberamente materiale coperto da copyright.
«Il governo» dice Ed Newton-Rex, ideatore del progetto «deve impegnarsi a non regalare il lavoro di una vita dei musicisti del Paese alle società di intelligenza artificiale. Farlo non solo danneggerebbe enormemente le nostre industrie creative che sono leader a livello mondiale, ma sarebbe inutile, avvantaggiando solo le aziende tecnologiche straniere. Il governo dovrebbe ascoltare Paul McCartney e gli altri 1000 musicisti che hanno partecipato a questo album e resistere alle richieste di legalizzare il furto di musica da parte della grande lobby tecnologica».
Non ci si aspetta che la legge venga discussa prima del 2026. Da una parte ci sono le pressioni dei colossi americani spalleggiati dalla presidente Trump, aziende che promettono investimenti da 30 miliardi di sterline nel Regno Unito, dall’altra ci sono le industrie creative britanniche che nel loro complesso valgono 125 miliardi di sterline l’anno.
A gennaio, parlando con la BBC, McCartney ha detto che «ci sono ragazzi e ragazze che potrebbero scrivere una canzone meravigliosa, ma senza esserne riconosciuti come proprietari. Chiunque potrebbe semplicemente appropriarsene. La verità è che quei guadagni andranno comunque a qualcuno: quando le canzoni create dall’intelligenza artificiale arriveranno sulle piattaforme di streaming, qualcun altro incasserà i profitti. E quella persona dovrebbe essere il creatore originale del brano, non una big tech. Qualcuno verrà pagato: perché non il giovane che ha composto ''Yesterday''?».
McCartney si è rivolto direttamente ai legislatori: «Noi siamo il popolo, voi siete il governo. Il vostro compito è proteggerci. Quindi, se state introducendo una legge, assicuratevi di salvaguardare i creativi e gli artisti, altrimenti rischiate di perderli. Se esiste un governo, è sua responsabilità – ne sono convinto – proteggere i giovani e migliorare il sistema in modo che funzioni per loro. Solo così potranno avere una carriera e rendere il mondo migliore con la loro arte».
Le 12 tracce di ''Is This What We Want?'' hanno titoli che combinati formano la frase “The British Government Must Not Legalise Music Theft To Benefit AI Companies” (il governo britannico non deve legalizzare il furto di musica per favorire le società di IA). Ora con l’aggiunta del pezzo di McCartney, il cui titolo sembra essere ''(Bonus Track)'' scritto così tra parentesi, le tracce sono diventate 13. Il silenzio (o quasi) come forma di protesta: se non verranno prese iniziative, i musicisti verranno messi a tacere.
È una prospettiva lontana? La velocità con la quale evolve l’AI applicata alla musica è strabiliante. Se pochissimi anni fa le canzoni prodotte interamente dall’intelligenza artificiale erano bozze inascoltabili, già oggi secondo una ricerca commissionata da Deezer a Ipsos e condotta in otto Paesi su 9000 soggetti, di cui 6700 utenti di servizi di streaming, il 97% delle persone non è in grado di distinguere una canzone “vera” da una creata con l’AI.
I casi dei Velvet Sundown e di Breaking Rust, un gruppo e un cantante creati dall’AI che hanno accumulato milioni di ascolti in streaming, dimostrano che la gente è disposta ad ascoltare musica “artificiale” in parte per curiosità, in parte perché integrata a playlist che fanno leva sull’ascolto passivo e in cui i brani raccomandati sono scelti in base alle caratteristiche del sound, in parte perché non è in grado di sentire la differenza, in parte perché l’omologazione verso il basso ha reso già meno interessanti le canzoni “autentiche”.
Per ora, ha detto a luglio a Rolling Stone US un veterano del settore A&R che ha chiesto di rimanere anonimo, certi artisti hanno successo poiché generati dall’AI, non per la musica di per sé. «Ma è chiaramente solo una questione di tempo prima che l’AI crei una vera hit. Non sono ancora convinto che possa creare un artista con un successo duraturo. Secondo me, però, prima o poi apparirà una canzone di successo che il pubblico adorerà. Qualcuno rivelerà che è stata creata dall’AI, ma a quel punto non importerà più a nessuno». (Rollingstone.it)