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THE CURE   "Live Piazza San Giovanni Roma 11-10-2008"
   (2008)

Sono passati poco più di sei mesi da quando i Cure di Robert Smith suonarono per l’ultima volta nella capitale. Ora, la città di Roma è pronta per riaprire le porte ad un nuovo show della storica band inglese. In quell’occasione eravamo nel pieno del 4tour 2008 che impegnò i nostri in lungo ed in largo per Europa e “resto del mondo”; adesso siamo nell’imponente Piazza San Giovanni, all’interno del Coca Cola Live @MTV. Il presente concerto, invero, non è uno show qualunque o ordinario (aggettivi che, comunque, mai si addicono ad un live dei Cure). Infatti, la band ha accettato l’invito di suonare a Roma per proporre, live ed in anteprima, tutte le canzoni del futuro “4:13dream”, di imminente pubblicazione (la cui uscita inizialmente prevista per il 13 ottobre, ora è stata fissata il successivo 27 dello stesso mese). La manifestazione si apre nel pomeriggio, quando si alternano sul palco romano Marracash, Zero Assoluto, Giuliano Palma & the Bluebeaters ed infine John Legend. Alle 23.00 scatta ancora una volta l’ora dei Cure. Per i fans è un momento davvero importante: le canzoni che costituiranno il corpo di “4:13dream” stanno per nascere, tutte insieme, sul palco. Tredici canzoni nell’arco di un’ora di concerto e poi spazio ad alcuni hit, nella festa generale. Al consueto, i Cure si presentano in formazione a quattro. Jason Cooper è ai tamburi e, là davanti, ci sono i soliti noti: Porl Thompson con un elegante cappotto; Simon Gallup con un look rockabilly e giubbotto di pelle e, ovviamente, Robert Smith in completo nero, posizionato al centro del palco. La scaletta è stata già resa nota nel corso delle ultime settimane; tuttavia cresce l’aspettativa per lo show e, soprattutto, per il modo in cui la band interpreterà i neonati brani. “Underneath the stars” è il pezzo d’apertura. Attraverso youtube abbiamo già imparato a memoria quella che possiamo inquadrare come una delle migliori canzoni scritte da Robert Smith. Un’autentica poesia di cui è fin troppo facile vedere l’antenato: “Plainsong” (anch’essa canzone di apertura - “Disintegration” 1989). Siamo alla prima canzone, ma lo show ha già raggiunto un livello emotivo e qualitativo sorprendente. “The only one”, primo singolo estratto, è accolta con entusiasmo. È una pop song gradevole che la band suona, ormai, con la disinvoltura di un classico. L’ottima “The reasons why” anticipa “Freakshow” che si conferma uno dei migliori brani di “4:13dream”. È decisamente un pezzo da 90; se “Underneath the stars” l’abbiamo definita come la nuova “Plainsong”, “Freakshow” è sicuramente una moderna “Let’s go to bed” o, se si vuole, una riedizione di “Why can’t I be you”. La canzone (secondo singolo estratto) è ormai conosciuta benissimo dai fans che rispondono in maniera certamente più calorosa rispetto ai concerti del 4tour, quando il brano venne proposto in anteprima assoluta. Il brano successivo ci colpisce per l’ottima linea melodica, che ricorda la “Jupiter crash” di “Wild mood swings”, ma soprattutto “Sirensong” si segnala per un Porl Thompson che si cimenta nell’uso della chitarra hawaiana, utilizzata per duettare ottimamente con l’acustica del leader. “The real snow white” (come in “Freakshow” Robert non suona la chitarra) è carica senza tralasciare il lato melodico; “The hungry ghost”, “Switch” (imponente l’assolo di Thompson in apertura) e “This. Here and now. With you” mantengono alto il livello dello spettacolo. Tra una canzone e l’altra Robert Smith ne anticipa il titolo e, scherzando, ci ricorda che anche il brano successivo sarà un inedito. Poi si interrompe e confessa che tutti i brani proposti oggi rappresenteranno delle nuove canzoni dei Cure: il pubblico sorride. “The perfect boy” è l’ultimo singolo estratto e il calore con cui il pubblico saluta le prime note, ci fa capire che siamo di fronte ad una pop song destinata a durare nel tempo. Quando arriva “Sleep when I’m dead”, ascoltiamo quello che, a giudizio di chi scrive, è stato il migliore singolo estratto da “4:13dream”. Il basso di Simon Gallup crea atmosfere ipnotiche ed è abile a far crescere la tensione, mentre le chitarre di Smith e Thompson (acidissima quest’ultima) si inseriscono come piacevoli elementi disturbatori. Un sussurro di Mr Smith apre le danze a “The scream” che, al primo ascolto, ci entra subito nel cuore. Durante la sua esecuzione osserviamo la band suonare ancor più affiatata e convincente: è il preludio ad un grande epilogo. L’ultimo brano della scaletta di “4.13 dream” è per “It’s over”. Non vediamo l’ora di poter riascoltare (prossimamente sullo stereo di casa) il pezzo che inizialmente avrebbe dovuto titolarsi “Baby rag dog book”. Infatti, dopo averne goduto la performance live di Robert & co, siamo sempre più convinti che “It’s over” sia una canzone trascinante e, senza dubbio, una delle migliori di tutto il nuovo album. Dopo “It’s over”, Robert Smith si avvicina al microfono e ci conferma che “4:13 dream” si è concluso. È ancora troppo presto per parlare dell’album e se questo sia migliore o peggiore rispetto alle prove passate; ciò che più conta oggi è stato il privilegio di apprezzarlo on stage, in un’anteprima d’eccezione. Ma, come aveva anticipato Robert Smith, i Cure tornano sul palco per eseguire alcuni vecchi successi ed accontentare il pubblico di MTV che segue l’evento da casa. “Lullaby”, “Fascination street” (la migliore esecuzione della seconda parte dello show) e “Lovesong” sono i tre ripescaggi di “Disintegration”, mentre “The end of the world” è il brano che i Cure suonarono nella città eterna nel 2004, in occasione degli MTV Awards. “The walk” ha il merito di fare ballare tutta Piazza San Giovanni, ma è con “Friday I’m in love” che si scatena un pogo talmente violento da indurre i ragazzi della security ad intervenire per placare gli animi. Anche sul palco sale la temperatura. Simon Gallup abbandona il giubbotto di pelle per una più comoda maglietta nera e Porl Thompson rimane con una canottiera su cui sono disegnati tre simpatici teschietti (probabilmente opera dello stesso chitarrista). “Inbetween days” non poteva mancare in questo contesto, mentre con “Boys don’t cry” le transenne sotto il palco sembra che vogliano cedere per liberare la folla in delirio. Ed è proprio con le note di “Boys don’t cry” che si chiude il concerto. Un ultimo saluto di Robert ed una promessa: “ …See you again soon”, cui fa seguito la risposta calorosa del pubblico. Grazie per questo regalo. Grazie per questa anteprima eccezionale. (Gianmario Mattacheo)