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WIRE   "Live Velvet Club Rimini 19-02-2011 "
   (2011)

Che band gli Wire! La presenza di uno dei gruppi più influenti del panorama punk e post punk a Rimini, ci spinge ad andare in terra romagnola. Non è semplice individuare, all’interno della discografia degli inglesi, il numero esatto delle pubblicazioni. Eh sì, perché tra album in studio ed EP, il gruppo di Colin Newman ha, nel corso degli anni, dato alle stampe innumerevole materiale. Nello specifico settore della “lunga distanza”, il 2011 ha visto tornare in scena la band con il nuovo “Red barked tree”, undici canzoni che confermano un gruppo ancora carico di ispirazione. In realtà (ed a giudizio di chi scrive) l’apprezzato “Red barked tree” non raggiunge l’altissimo livello del precedente “Object 47” (il titolo pare fosse dovuto alla quarantasettesima pubblicazione del gruppo!), un connubio tra le anime degli Wire: irruenza punk e melodia wave, ovvero una sorta di continuazione di quel “154”, opera inimitabile ed ormai risalente al 1979. Il locale scelto per questa data non poteva non essere il Velvet Club di Rimini, ovvero uno dei più celebri locali della zona, apprezzato per l’alta qualità degli spettacoli offerti. Ampio e fuori dal centro abitato, il Velvet ha un carattere underground, “originale” e non artefatto, un luogo in cui gli amanti della musica non stentano ad entrare immediatamente in sintonia con la struttura e con le sue ampie sale. Gli wire del 2011 sono la band che, ormai da qualche anno, è rimasta orfana dello storico chitarrista originale, quel Bruce Gilbert che proprio non ne volle più sapere di mettersi in tour come un ragazzino, lasciando il posto ad un comunque valido session man. Pertanto, è un terzetto (più uno) quello che sale sul palco del Velvet in questo sabato di febbraio. Ci sono Colin Newman (voce e chitarra) Graham Lewis (voce e basso) e Robert Grey (alla batteria). L’orario (è sabato e siamo in Romagna) non è certo stato concepito per chi si deve alzare presto l’indomani; quando sono quasi le 23.30, lo storico gruppo di ”Pink flag” fa finalmente l’ingresso on stage. Tutti vestiti di nero, si posizionano nel loro tradizionale schema: Colin Newman (occhialini da intellettuale e sguardo incazzoso) al centro, Graham Lewis (con un copricapo davvero particolare) alla sua destra e Robert Grey (fisico notevole!) dietro ai tamburi. Una prima nota la vogliamo dedicare proprio per lo storico batterista. Non esiste enciclopedia della musica o rivista specializzata che non elogi la bravura di Robert Grey. Il vederlo on stage oggi, rappresenta uno dei motivi di massimo interesse. Abbiamo letto di un musicista bravo e maniacale, un perfezionista che non vuole lasciare nulla al caso. Ebbene, sul palco del Velvet, Robert Grey (in precedenza si faceva chiamare Gotobed) sembra dare ragione a tutti i commenti positivi già scritti in suo onore: è una macchina settata per non perdere mai un colpo. Per quanto riguarda la scelta dei brani proposti oggi, non è una sorpresa notare come la parte del leone venga rivestita dall’ultimo “Red barked tree”(di fatto questo è il tour promozionale dell’album). Spiccano “Down to this”, “Please take” (Lewis alla voce ed una delle migliori dell’intero album), “Moreover”, “Smash”, “Bad worn thing” e “Adapt”. Senza dubbio, uno dei vertici di questa sera è proprio “Red barked tree”, ovvero la canzone che ha l’onere di dare il titolo all’album. La canzone, decisamente poco elettrica, si caratterizza per un’insolita pace e quiete; Newman rinuncia alle urla forsennate per sussurrare al microfono, mentre gli altri musicisti sono complici nel creare trame sonore appropriate. Un ripescaggio dal 1988 si ha quando gli Wire propongono “Kidney bingos” dall’omonimo EP: pezzo coinvolgente ed epidermico. Ci piace osservare il grande equilibrio tra i due musicisti. Colin Newman e Graham Lewis si muovono in perfetta sintonia; il chitarrista si prende più spazio durante i brani più “decisi” e figli dell’irruenza punk, e Lewis (al basso) per contro, con la sua voce decisamente più melodica, è fondamentale per dare un tocco di musicalità alle canzoni degli Wire. Quando arriva il momento di un assaggio di quel capolavoro chiamato “154” (il titolo fa riferimento al numero di concerti tenuti dal gruppo fino al quel momento), ascoltiamo con “Two people in a room” un pezzo intramontabile eseguito a memoria dal gruppo (reazione straordinaria anche da parte del pubblico). A livello emotivo ci piace sottolineare il muro sonoro creato da “Spent” (tratto da “Send” del 2003) che, ancor più ed ancor meglio dei riff chitarristici di “Pink flag”, ci fa capire oggi come il gruppo di Newman e Lewis abbia una grinta notevolissima ed un senso di autentico punk rock, caratteristiche non certo comuni (se consideriamo che i protagonisti hanno passato tutti la cinquantina). È questa la vera impressione della serata. Un gruppo di professionisti e perfezionisti che non ama lasciare nulla (ma proprio nulla) al caso. (Gianmario Mattacheo - foto Silvia Campese)