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   (2024)


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   (2024)

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recensioni concerti

DEAD CAN DANCE    "Live Teatro degli Arcimboldi Milano 19-10-2012 "
   (2012)

Unica data italiana per i Dead Can Dance, impegnati nel world tour che pubblicizzerà nei teatri di tutto il mondo “Anastasis”, ultima fatica discografica del grande duo. “Anastasis” è il lavoro del ritorno discografico per Brendan Perry e Lisa Gerrard, essendo il precedente “Spiritchaser” ormai vecchio di 16 anni. In questo lungo lasso di tempo i Dead Can Dance hanno prevalentemente lavorato a progetti solisti, mantenendo una qualità davvero eccellente (si pensi al recente “Ark” di Perry) e rispolverando di tanto in tanto la vecchia sigla per alcuni concerti. Nel 2005, infatti, i Dead Can Dance decisero di rimettere mano all’antico repertorio per dare vita ad un reunion tour (anche in quella occasione fu Milano la città italiana scelta per lo spettacolo) che confermò l’indiscussa qualità del duo. In questa occasione, invero, cambiano i presupposti, in quanto l’album fresco di stampa deve essere promosso secondo gli schemi ordinari: ovvero poco spazio ai superclassici e parte del leone riservata ad “Anastasis”. Il Teatro degli Arcimboldi (sold out da mesi la data odierna!) è una recente arena nata e pensata per gli spettacoli di musica classica; questo aspetto ci conforta sul fatto che, molto probabilmente, l’acustica sarà impeccabile (elemento non certo da trascurare se a suonare è una band come i Dead Can Dance). Alle 21.45 i due australiani salutano l’ordinata platea del teatro milanese. Lisa Gerrard è elegante e quasi nobile nel suo vestito con mantellina viola, mentre Brendan Perry è molto più “sbragato” con camicia e pantaloni che sembrano molto un pigiama dismesso. Per questo tour, i Dead Can Dance sono accompagnati da due tastieristi e due percussionisti; una band pronta a riproporre il suono etnico, e dark allo stesso tempo, che ne ha fatto un’icona fin dagli anni ’80. L’inizio è per “Children of the sun”, già apripista del lavoro in studio. Le sonorità riportano ad uno dei dischi migliori della ditta, quel “Into the labyrinth” che rappresenta uno degli album più azzeccati targati DCD. Seguendo quasi fedelmente la scaletta di “Anastasis” la band continua con “Anabasis”, regalando per la prima volta stasera il cantato di Lisa Gerrard che ci conduce in un sogno dalle tinte orientaleggianti. I Dead Can Dance sono attentissimi a rispettare i propri equilibri interni. Ad una canzone cantata da Perry, ne segue (quasi una formula matematica) una cantata dalla ancora molto bella cantante di Melbourne. Il suono dei Dead Can Dance è ricco, suggestivo e potente, mentre le doppie tastiere sono l’elemento in più del sound di stasera: un tappeto persistente di suoni (abili comunque a non prevaricare gli altri strumenti) che conferiscono la vera atmosfera del concerto. Nei brani in cui il cantato compete a Brendan Perry, Lisa Gerrard si cimenta con il suo tradizionale Yang Chin (strumento particolare che la cantante suona con delle bacchette ricurve), mentre Perry si divide tra chitarra, mandolino e percussioni varie. Tra le esecuzioni più toccanti del versante Perry ci piace segnalare “Amnesia”, dolce ed ipnotica, mentre “Opium” (in particolare evidenza le tastiere e le percussioni) si avvicina molto di più alla forma canzone tradizionale. Scontato (ma doveroso) il richiamo alla straordinaria voce del duo. Sono dei virtuosi che cantano con una grazia ed una classe impressionante; ciò che colpisce, tuttavia, è che questa voce (per loro un vero e proprio strumento musicale) non è mai tecnicismo fine a se stesso, sapendo le loro corde vocali coniugare sempre perfezionismo a sentimentalismo. Oggi, invero, le emozioni più alte arrivano maggiormente dal versante femminile del duo. La Gerrard riesce nell’impresa di fare viaggiare ogni singolo spettatore degli Arcimboldi. Molti chiudono gli occhi e quasi ci si estranea, ci si dimentica di essere ad un concerto musicale; lo spettacolo diventa un momento di ricerca personale del proprio intimo, grazie a quella voce così intensa. Un’ovazione particolare si ha con “Now we are free”, brano che fa parte del repertorio da solista della Gerrard e che diventò celebre per essere stata la colonna sonora del film “Il gladiatore”, e con “The host of seraphim” il pubblico si può godere una delle più apprezzate ripescate degli anni ’80 (“The serpent’s egg”). Un concerto impeccabile che, tuttavia, non può lasciare completamente soddisfatti. L’assenza di brani storici quali “Black sun”, “The carnival is over” o “Severance”, non può essere giustificata dal fatto che questo è un tour promozionale del nuovo album: insomma la storia deve essere ricordata e giustamente celebrata. Rimane un ottimo concerto, si intende. Forse troppo perfetto nel suo essere esente da sbavature: troppo ordinato, troppo pulito. La ricerca della perfezione non deve fare dimenticare che, a volte, l’emozione scaturisce dal basso e che il concerto è bello ed è sempre più emotivo del disco perché sa essere vivo e talvolta sporco, come la vita. Forse è questo che manca ai Dead Can Dance. (Gianmario Mattacheo)