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ELIO E LE STORIE TESE "Live Mattorosso Festival Montebelluna TV 13-07-24"
   (2024)


ENRICO RUGGERI "Live Arena Megaplex Tortona AL 28-06-24"
   (2024)

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recensioni concerti

THE CURE   "Live Avenches (Svizzera) 18-08-2005"
   (2005)

I Cure per il mini tour estivo del 2005 toccano terra svizzera. L’attesa è grande per la neo formazione a quattro, dopo il “rimpasto” ad opera di Mr Smith e il ritorno graditissimo di Porl Thompson. La cornice è quella più che suggestiva dell’anfiteatro romano di Avenches (Svizzera), all’interno del Festival Rock Oz’Arenes. Ad anticipare i nostri ci sono i Good Charlotte; band che trova moltissimi sostenitori soprattutto tra i giovanissimi (sono molti i padri con le figliolette sulle spalle), portatori di un rock furbetto e poco originale. Alle ore 00.00, dopo che i giovani fans dei Good Charlotte hanno lasciato il campo a quelli dei Cure, tutto è pronto per l’inizio dello show. I quattro ragazzi immaginari vestiti in nero (Robert ha due nastrine color azzurro tra i capelli) scelgono “Open” (dall’album “Wish”) che con la sua rabbia, e con l’energia delle chitarre di Porl e del leader, apre una lunga e felice serata. E l’album del 1992 sarà, inoltre, il più richiamato dai quattro cure: “From the edge of the deep green sea”, “Friday I’m in love”, “A letter to Elise” e “End” si riveleranno, infatti, gli altri ripescaggi del sopraccitato lavoro. Livelli altissimi con “Fascination street” e, soprattutto, con “Shake dog shake” che viene cantata dal leader con grande trasporto, tra la folla in delirio. La nuova formazione, priva delle tastiere, costringe la band ad una reinterpretazione dei pezzi (ottimamente realizzati). In alcuni casi i cambiamenti sono marcati, come per il singolo del 2004 “The end of the world” e per “Signal to noise”. In altri casi, la scelta di brani molto chitarristici (“Never enough” su tutti) ci fa immediatamente scordare che, in passato, c’era un altro strumento sul palco. Dall’ultimo album “The cure” vengono tratte anche “Alt.end” e “Us or them”. Particolarmente gradita risulterà, successivamente, “The blood” con Robert e Porl ad infiammare le rispettive chitarre acustiche; mentre la versione di “Lullaby” ricorda nell’incedere la cadenza che la band le diede nella versione acustica del 2001. Prima dei bis si segnalano “Push” ed “A night like this” (graditissime dai fedelissimi) che consentono ai fans di scatenarsi con le classiche rock songs di “The head on the door” e, infine, con l’immancabile splendido tormento di “One hundred years”. I primi bis sono esclusivamente dedicati al 1980: “At night” (molto aggressiva), “M”, “Play for today” e l’immancabile “A forest” con la scontata (ma sempre suggestiva) partecipazione corale. Con il secondo rientro, Robert Smith è libero di giocare un po’ e si regala “Why can’t I be you” e “Let’s go to bed”, l’ultima delle quali particolarmente apprezzata da chi sta scrivendo. Per gli ultimi due pezzi, come spesso accade, si ritorna molto a ritroso nel tempo e “Boys don’t cry” e “10.15 saturday night” mettono la parola fine alla serata. Ma il vero dato di questo show non sta tanto nella scelta dei pezzi o nella esecuzione degli stessi. La cosa che più balzava agli occhi era il buon umore che si respirava sul palco, con Robert a guardare Porl e sorridere; con Porl a guardare Simon; con Simon a guardare Porl; con Robert a guardarli e ridere; a guardarli e ridere. A guardarli e ridere. Sì. Stai bene Robert. Sorridi. E noi con te. (Gianmario Mattacheo)