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ELIO E LE STORIE TESE "Live Mattorosso Festival Montebelluna TV 13-07-24"
   (2024)


ENRICO RUGGERI "Live Arena Megaplex Tortona AL 28-06-24"
   (2024)

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recensioni concerti

IOSONOUNCANE   "Showcase La Santeria Milano 24-02-2015"
   (2015)

Venue decisamente insolita destinata ad ospitare un altrettanto insolito evento, La Santeria di Milano accoglie in un grigio pomeriggio di pioggia sottile uno sparuto manipolo di Magi di ventura venuti ad omaggiare il signor Jacopo Incani, in arte Iosonouncane. Tutto è fuori misura, a ben pensarci: dall’orario scelto (le 17:00 di un martedì qualsiasi) al locale (che è un luogo di incontro strutturato in vari ambienti, bar e cucina compresi), dalla modalità di presentazione condivisa con la Trovarobato (semplice ascolto dell’album senza alcuna esibizione/concessione dell’artista) all’esiguità degli astanti, quasi una setta di adepti. Nella silente devozione dei fedeli scorrono vischiosi come lava i 38 minuti dell’album, sei tracce nelle quali a prevalere sono la saturazione del suono ed una inattesa musicalità dell’insieme. Certo, l’apertura di “Tanca” è a dir poco stordente: un cupo, ossessivo rimbombo, un rintocco funebre a passo marziale che funge da preludio al testo, quasi un ospite inaspettato giunto quando la canzone sembra potersi esaurire nel suo gorgo malevolo. Occorre tutto il breve spazio della successiva “Stormi” per rifiatare, sulle ali di una melodia sorprendentemente pulita che disegna – per una volta – un brano fin troppo normale. Ma è solo un fuoco di paglia, spento di nuovo dall’andamento ambiguo di “Buio”, anch’essa sostanzialmente divisa fra lunga intro strumentale (quasi un pezzo a sé stante) e parte cantata, apripista per la dura “Carne”, ubriacante intarsio fra delirio e parossismo strumentale. Gli ultimi dieci minuti, affidati a “Paesaggio” e “Mandria”, riecheggiano fangosi nella loro densa compattezza, un continuum ondivago che minaccia di deflagrare ma finisce per trattenersi senza mai rilasciare del tutto la propria venefica, opprimente claustrofobia. Silenzio. Applausi timidi. “Grazie a tutti per essere venuti”, sembrano i titoli di coda, e lo sono. Ma a parlare non è Jacopo, che stava seduto in fondo alla sala, presenza occulta e sciamanica, discreta ma tangibile, occhio vigile sulle umane macerie di cui narra. Mi giro, Jacopo non c’è più: è sgattaiolato da un ingresso secondario, ed ora è già lontano anche se a pochi metri di distanza, lì fuori fra i tavolini sotto una tettoia, un bicchiere di plastica vuoto in mano, il cappuccio del giubbotto sugli occhi. Chiacchiera con un paio di persone. Non voglio disturbarlo, sono certo che un complimento lo lascerebbe del tutto indifferente. Mentre lascio il locale sotto un cielo un po’ più basso, ripenso confuso ad una minima parte di ciò che ho avuto il privilegio di ascoltare, di ciò che potrò forse comprendere meglio solo rimasticandolo con l’avidità che questo cibo merita. Con ammirata, ieratica devozione. (Manuel Maverna)