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SIMPLE MINDS "Live Forum Milano 20-04-24"
   (2024)


DEPECHE MODE "Live PalaAlpitour Torino 23-03-24"
   (2024)

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DEPECHE MODE   "Live PalaAlpitour Torino 23-03-24"
   (2024)

I miei ultimi Depeche Mode risalgono a qualche anno fa. Non molti, in effetti, ma un’eternità a ben vedere, se consideriamo tutto ciò che è successo da quel tour nei palazzetti del 2018. E non ci riferiamo alle note vicende socio politiche, ma più specificatamente al micro cosmo (così iniziamo a richiamare un po’ di parole dei più recenti DM) della storica band inglese. Notizia ultra (e ci ricasco con parole molto DM) nota quella della prematura dipartita di Andrew Fletcher, di un album in cui il tema della morte diventava un compagno fedele (a cominciare dal titolo) e il solito mega tour, prima negli stadi e ora nei palazzetti.

Quindi i DM sono rimasti un gruppo composto da Martin Gore e Dave Gahan, oltre a Christian Eigner e Peter Gordeno, turnisti indispensabili per la resa live del progetto.

Presso il più importante palazzetto dello sport di Torino, già sede dei Giochi Olimpici, i DM si preparano a suonare di fronte al solito gruppo eterogeneo di appassionati; non sorprende certo vedere persone di mezza età, qualcuno ancora più attempato, ma molti giovani tra essi, a testimoniare come la band sia stata capace, negli anni, di costruire un discorso musicale senza tempo, divenuto colonna sonora per ogni playlist in cui ci si dimena tra il tamarro e l’oscuro.

L’apertura è tutta per “Memento mori”, ultima fatica della ditta, e con quel brano che fu anche apripista dell’album i Depeche Mode entrano in scena da navigati professionisti. “My cosmos is mine” accende ma non infiamma ancora, un po’ come partire con il freno a mano tirato e poi con “Wagging tongue” si continua celebrando il lavoro del 2023 (non la loro vetta artistica, per chi scrive). I primi veri sussulti arrivano con il successivo poker in cui “Walking on my shoes”, “It’s no good”, “Policy of truth” e “In your room” iniziano a trasformare il palazzetto piemontese in una gigantesca sala da ballo.

Dave Gahan è il solito uomo palco, uomo spettacolo, frontman irriducibile … insomma scegliete voi. Un cantante che non si limita a fare il cantante, ma anche un uomo che ha elevato ad arte la capacità di trasformare in ego ogni sillaba che pronuncia e ogni gesto creato ad arte; lui lo sa e la cosa lo diverte pure un sacco, come è facile intuire dalle sue espressioni e dalle sue perpetue mosse, ovviamente accompagnate dalle ovazioni dell’intero palazzetto. Mi immagino fare soltanto una delle sue celebri piroette per cascare inesorabilmente al suolo, mentre lui con maestria gira e gira e gira, quasi fosse un trottola impazzita per il palco.

Arrivano anche i regali di compleanno; stasera tocca a Francesca che, inchiodata alle transenne, riceve un Happy Birthday direttamente dalla voce di Dave Gahan.

Poi i maxischermo del palazzetto olimpico proiettano il viso di Andrew Fletcher, mentre Gahan dice che “Behind the wheel” è per lui, per il compagno di squadra morto prematuramente.

I pezzi i cui Martin Gore diventa protagonista non sono affatto un riempitivo. “Strangelove”, soprattutto, è dolcezza allo stato puro capace di mandare in trance un pubblico, altrimenti troppo carico di adrenalina.

Che il main set si debba chiudere con qualcosa di travolgente, è praticamente scritto.

I due estratti da “Black Celebration”, ovvero uno degli imprescindibili album del gruppo sono cosa di rara bellezza e coinvolgimento, mentre “Enjoy the silence” è il brano più rappresentativo della ditta, una processione collettiva in cui tutti danno il massimo. C’è un divertito Gore che accompagna i cori, c’è un Gahan che trova il suo massimo momento di esaltazione e c’è, soprattutto, il pubblico; basta guardare il parterre per capire cosa voglia dire partecipazione collettiva durante un concerto.

Il rientro porta a uno dei momenti più alti del concerto quando i due DM cantano vicini “Waiting for the night” per poi abbracciarsi a conclusione del pezzo. C’è ancora lo spazio per “Just can’t get enough”, “Never let me down again”, e “Personal Jesus”, omaggio a un pubblico ormai tutto in piedi.

Ci sono concerti che rimangono leggermente al di sotto delle aspettative… Non con loro. (TESTO E FOTO: GIANMARIO MATTACHEO)